2 ~c4>-a53-oU Da HOLLT"100ll J A POLE:v!1CA sulla crisi del cila nema americano si è allargata e complicata. Lo abbiamo già detto la settimana scorsa : le sale che proiettano solo pellicole di prima visione sono a corto di film, così lenta, cauta e sfiduciata è la produzione negli studi di Hollywood in questo momento. E sono stati i proprietari di sale cincm.1tografichc, a mezzo della loro imponente associazione, a lanciare l'allarme. Hanno fatto pubblicare sui giornali una lista nera di grandi stelle che, a loro parere, o mcglio a parere dei loro libri di commercio, non rendono più o per lo meno non rendono quanto Hollywood le paga, e hanno concluso: e Hollywood, svegliati! >. Era stato Frank Nugent, critico del New r ork T,mes e uno dei due o tre diuatori del gusto cinematografico in America, a dire per il primo, chiaro e tondo, che le cose andavano male e che quelle dell'Europa andavano invece sempre meglio. Ma la lista nera non gli è piaciuta. La colpa non è della Garbo ~ della Dictrich o della Crawford, egli dice in sostanza, la colpa è del sistema di mettere delle stelle di gran richiamo in pellicole detestabili, basandosi sull'errato principio che il nome della stella basti a compensare il pubblico della bruttezza della pellicola. e falso. Bisogna che Hollywood si metta in testa una volta per sempre che una stella vale quanto il suo film. « Certo, quando il pubblico si accorge che non può fidarsi più nemmeno di \<Villiam Powell e Myrna Loy, di Gary Cooper e Carole Lombard, allora esso grida che non c'è più religione e se la piglia con gli attori. Ma sono. gli attori respomabili dei brutti film? La colpa non è piuttosto dei produttori?>. E allora sentiamo i produttori. Sentiamo che ne pensano tre fra i più potenti di essi: Goldwin, Korda e Wanger, e cominciamo da Samuele Goldwyn, il cui spirito, il cui ottimismo, la cui geniale malafede in favore di Hollywood sono quasi leggendari; ma anche tu.i appare sfiduciato: < lo lo so dov'è la radice del male. t nella codardia dei produttori americani. Essi sono stati troppo cauti, essi hanno mancato d'iniziativa e d'immaginazione, e"i si wno attaccati pietosamente e per troppo tempo a delle fonnule che il pubblico è stanco di veder ripetere all'infinito. Un altro male, e non dei minori, è che la nostra industria mette in cantiere troppe pellicole, troppc- ~r lo meno per il numero di produttori che conoscono realmente e a fondo il loro mestiere, che sono innamorar: del loro mestiere, che sono convinti che il nostro è un mestiere creativo. E ridicolo pensare che Hollywood possa fare un mezzo migliaio di film ogni anno (intendo un mezzo migliaio di film buoni) col limitato talento creativo che Hollywood possiede. Gli uomini più pagati di Hollywood sono i produttori e più sono pagati e meno conoscono il loro mestiere. Essi dov11·bbcro stare dovunque meno che a HoUywood >. Goldwyn è stato sempre un avvocato ddla qualità più che della quantità e questa sua requisitoria contro la produzione in r-crie non deve meravigliare. Egli se la prende naturalmente anche con la moda dei due film in un solo programma: e Se gli esercenti americani si decides'-ero a sopprimere il doppio programma, se essi si decidessero a rieducare il pubblico ai ~ani programmi tradizionali : un buon film e un paio di eccellenti cortometraggi, non sarebbe più necessario per la nostra industria sfornare tanti film. ~a quando un produttore deve far macinare dal suo mulino cinquanta sacchi invece di venticinque, come pretendere che la farina sia di prima qualità? E il pubblico, è naturale, comincia ad accorgersene. e Certo la faccenda è seria : i costi aumentano, gli incas<;i diminuiscono e la sfiducia guadagna pian piano i più audaci. Se dove,;si dire come la pcn1j() ebbene anch'io dovrei ammettere c 1 he in questo momento non ci sono più di due ditte che continuano, in qualche maniera, a far soldi. Ma io sono sempre !ltato convinto, anche negli anni d<!llapiù nera depressione, che la crisi non deve essere una scuola a far peggio, ma a far meglio. Se gli incassi diminuic:cono, non diminuite le spese di produzione, perché all~ra ~,li incassi diminuiranno ancora d1 p:u. Aumentatele, invece, fate dei film più belli, più attraenti, e gli incassi saliranno. Kon è vero che le stelle son pagate troppo. Son pagate quanto potrebbero rendere e "e non rendono la colpa non è loro. Mettetele in pellicole più intelligenti, pil, vivaci. più ricche, più nuove ed es~e torneranno a rendere come prima. < La crisi c'è, e come negarla? :Ma è ormai chiaro lhe i produttori americani lo hanno capito e cominciano a fare un oo' di pulizia nella loro casa. E:. una cosa che dobbiamo risolvere fra noi, in famiglia, senza regolamenti, interv.cnti e controlli dello Stato; chiunque, nell'industria, possiede una oncia di vitalità>, ha gridato col sangue .igli occhi l'individualista megalomane Gold\'i.'yn all'intervistatore, e deve combattere queste ingerenze coi denti e con le unghie. La crisi c'è e non sarò io a negarla. Ma io ho fiducia nel cinematografo quasi quanta ne ho nell'America >. Alessandro Korda, un altro megalomane di talento. è il produttore numero I del cinema inglese. Egli ha cominciato col citare un passaggio di Alice nel Paese delle meraviglie, quello cioè in cui Alice stanca di correre inutilmente su una specie di tapis roulant, chiede alla Regina Rossa perché mai non le riesca di andare avanti. Al che la Regina Rossa risponde: «Qui, come vedi, tutta la tua corsa serve soltanto a farti rimanere nello stesso posto. Se vuoi andare avanti, devi correre almeno due volte più in ' ..t.ta di come corri adesso > ; e Korda conclude: e Hollywood, come Alice, tiene una buona andatura, ma l'usura del cinema è tremenda, e quell'andatura è sufficiente tutt'al più a non fargli fare dei passi indietro, non a fargli fare dei passi avanti >. Korda non lo dice, ma è implicito nel suo discorso che a fare i passi avanti sono, caso mai, gli europei. < La superiorità tecnica dei film americani su quelli europei è incontestabile, ma la tecnica di una produzione non compensl:t. della mancanza di originalità nella presentazione e nella elaborazione di una storia. La lucentezza della produzione, della fotografia, del trucco, è quanto basta per fare un buon film? lo non credo. Sia a Hollywood che in Europa è l'originalità del tema che conta. Le storie di Charlot non sono mai state perfette dal punto di vista della fotografia e delle scene. e I temi dei film di Hollywood sono troppo angusti. Troppa importanza vi è data ai cosiddetti "clementi di sicurezza. " del successo. Certo la formula ha la sua importanza, ma, almeno per ciò che riguarda i soggetti, essa è stata esagerata al punto che oggi non solo danneggia il valore artistico di un film, ma anche il suo valore commerciale. Non sono i film-formub che segnano le nuove vie, ma piuttosto quei rivoluzionari film-sorpresa che, malgrado la tirannia della formula, Hollywood mette fuori ogni anno, per chi sa quale curioso accidente. e Oggi nuovi campi sta esplorando il cinema europeo e Hollywood non ha diritto di guardare con sufficienza agli sforzi di gente che cerca di iniettare nuove idee nel cinema. Noi siamo oggi all'avanguardia, con tutti i rischi che questa posizione comporta. Sarà forse la ste,~a povertà finanziaria e di organizzazione del cinema europeo che ci spinge a sopperire col talento e a tentare ~mpre nuove vie e più redditizie, ma c'è una ragione più immediata r concreta : i nostri ,;oggetti non sono scritti su misura per certe stelle, come avviene per molti film americani i cui soggetti <;onoscritti solo dopo la ,;celta degli .1ttori e per ..ino del titolo >. Korda crede in definitiva che questo sistema è la principale ragione della mancanza di originalità nei film americani. « f: curiO'lOche i produttori abbiano tutto subordinato alle !ltelle, in una produzione che di vere stelle ne po<;c.iedesl poche. Si possono scrivere dei drammi su misura per Eleonora Ouc:e o per Sarah Bcrnhardt; ma com'è polllc;ibile scriverli per la maggior parte delle pseudo Dusc e Bcrnhardt di Hollywood? >. E qual è la con~lu~ione di Korda? < La partita fra noi e Hollywood è aperta per quanto combattuta ad armi impari. Se Hollywood non ci togliesse tutti i nostri talenti, non appena essi sorgono, la loua -tarebbc pili equilibrata e leale. Ma anche così, noi abbiamo ancora c1ualco~ada dire ». \Valter Wanger è, con Oavid Sclznich, il pili brillante dei giovani generali della grande annata di Hollywood. Egli può considerarsi un produttore indìµcndentc non e,;;~ndo legato particolarmente a nessuna ditta, ma pre• stando ora a quello, ora a questo il suo indiscutibile talento. A \,\'anger l'attacco di Nugcnt per i film americani e il suo elogio di alcuni film europei non è piaciuto. e Noi combattiamo ad anni impari con Hollywood>, cliceva Korda. e Noi combattiamo ad anni impari con l'Europa>, dice \Vanger. Egli sta girando un'edizione edulcorata e romantica del Bandito ddla Ca1bah e mette le mani avanti : e Io sto rifacendo quel film non a cau"a della rrgìa o dell'inttrp1eta7ionc, a mio parere splendidC', ma perché gli attori AL130)( DI FUUGLU1 IU.RISA K0880 (Fot, Omalb111) sono sconosciuti in America e non attirerebbero nemmeno un caporale. Io so che quel film è costato al produttore francese circa 68 mila dollari. Io sono molto ottimista quando dico che il mio rifacimento costerà almeno quindici volte tanto. Perché dunque spendere tanto? Nella sua fonna originale li bandito della Casbah fu fatto, come quasi tutti i film francesi, per uomini c. donne francesi che avrebbero capito e gustlto pienamente ogni parola, ogni gesto, ogni tic di personaggi. Kel mio film io debbo essere certo che ogni ge!itOe ogni parola dei personaggi po,;,;ano essere capiti non $OIOdal pubblico americano di cinquanta milioni di persone, ma dai pubblici del Canadà, dell'Inghilterra, dell'Irlanda, dell'fndia, del Sud Africa, dell'Australia e, coi titoli sovrimpressi, da quelli di trentatrè paesi di lingua spagnola, e dai pubblici di Giava, I lai ti, Islanda, Siberia, Egitto, Manciukuo, Madagascar. Aggiungete a questa universalità della mia pellicola, Jc restrizioni della " Legione del pudore" e i diversi regolamenti e codici di censura di 48 Stati americani. E aggiungete soprattutto le esigenze dello spettatore americano. Shakespeare disse una volta: " L'importante è la commedia ", o quako"ia di simile, ma i no"itri spettatori non la pcn,;ano così. 11si"itcrna americano rirhiedc stelle di grido, una, due o tre o una mcz7:\ donina nrllo <;tCs'-0film; famose, popolari, attraenti. 11 pubblico non vuol sapere come il produttore se le procurerà; il proprietario del cinematografo deve avere i nomi, da mettere sulla facciata del cinema. Che il produttore se le procuri. Gli europei non hanno di questi problemi o non li hanno in tali proporzioni. Il divifimo è il segreto della grande fortuna del cinema americano, ma è anche la '\ua piaga, perché costa terribilmente>. Concludendo, Nugrnt attri•>uiva la colpa della cric.i al sistema comme1 - cialc di Hollywood, Gold\,'yn l'attribui\Cc alla codardia e incompetenza dc-i produttori, \Vangcr alle esigcn1e del pubblico. Ma nc~suno dei tre nega la cri,i e ncfisuno dei tre pcnf;a che la co~a sia d.1 prrmkrc alla leggera. A. O. (NVOl'I FILH) wl/àOOwl 'lt 'ALTRA SERA, al cinema Ac- &, quario, prima ancora che lo spettacolo finisse un signore indignato s'alzò improvvisamente dalla sua poltrona, e scivolando tra i ginocchi dei vicini, s'avviò nel buio verso il fondo della sala, e uscì dalla porta d'ingresso, nonostante che le maschere • cercassero d'indurlo a uscire dalla port:l prescritta, sfogandosi ad accendere e spegnere le lampadine tascabili. Quel signore indignato ero io; e la ragione d'una fuga così precipito~ nasceva dal disgusto per aver visto di- ~onorare con tanta insolenza un'opera che avrebbe dovuto destare rispetto e devozione. Madame Bouary è un film c-he i foglietti di pubblicità dicono « tratto » dal romanzo di Flaubert. Il verbo «trarre>, qui, è usato certamente come traslato, a indicare un'operazione che assomiglia piuttosto alla rapina, o per dir meglio1 alla scar• nificazione di un corpo vivo. Del romanzo, i11fatti, nel film appare soltanto lo scheletro arido e bianco. Quale maggiore offc,;a si poteva arrecare a Flaubert, che ·~rvirsi dell'opera sua come pretesto a una storia qualunque d'adulterio? Se a Madame Bouary si toglie quel sapore di cenere, quell'am~ro fantasticare, quelJ'aria di fredda estasi che si leva dalle pagine fitte, che cosa rimane se non una storia comune di una donna infedele? E vicende di donne infe<lcli si potevano trovare con miglior fortuna. in tante commedie e romanzi am('ni 1 senza costringerci a dover d'ora innanzi identificare l'immaginario volto di Emma nel \ olto grasso e disfatto di Pola Negri. Eppure il romanzo ,i prestava come pochi a una riduzione per lo schermo. Ogni particolare v'è segnato con tale precisione visiva che soltanto a seguirne le tracce si sarebbe potuto fare opera non indegna. Fin la figura dei personaggi, i loro abiti, i gesti, le infles- <ioni della voce, tutto è descritto come nella sceneggiatura più minuziosa e felice. E invece il film sembra uno di quegli scialbi sunti che gli scolari fanno d'un canto dell'Orlando furioso o dell,.1. Gerusalemme liberata: e ha le stesse confusioni, le puerilità e la fretta d'arrivare presto in fondo alle due pagine protocollo. Senza contare poi che, a rendere più spicciativo il racconto, s'è arbitrariamente « condensato> situazioni e personaggi, sicché, per e,;crnpio, il misterioso « Visconte >, che Emnut incontra al ballo, diventa Rodolfo Boulangcr, e Leone Dup\Jis, che nel romanzo è il secondo amante di Madame Bovary, s'accontenta nel film di C<'r('ard'abbracciarla, innaturale fatica che dovrebh'tsS('rc compiuta dal vecchio notaio Guillaumin. Si dirà che questi sono gua~ti neCC'i'-ariin ogni lavoro di riduzione. Ma qui non s'è trattato di toglier soltanto episodi e abbreviare l'azione: ~•è consapevolmente mutato il carattere dei personaggi, a cominciare dalla protagonista che, nell'interpretazione di Pola Negri e nella volontà degli :\Utori, non è più la pallida e<altata eroina, coi suoi sogni borghec.i. le <;uc languide rinunce, le sue malinconiche passioni, ma una ipocrita e gonfia matrona che cerca di spegner(' gli ardori dc-Ila menopausa in equivoche avventure. E anche Bovary, il marito fiducio,;o, perde ogni candore, e ~tto le ~-poglic di \V<'rner Scharf as<;ume il volto di Camilla Benso di Cavour e la figura del maresci;illo Hindcnburg: con un'intransigenza militare litiga fin da principio col farm:i('if;ta l·lomai-. e <i mostra con la moglie petulante e cattc.:dratico, quanto nel romanzo era tenero e remissivo. E lo ~tts<;oIlomais, il difensore degli immortali principi ddl' '89. il seguace di Voltaire, di Béranger, questo grande e dc-testabile personaggio, diventa nel film un pettegolo intrigante, vòlto soltanto a far del male al medico rivale. Che- cos'è rima-..to allora del roman7.0, fuorché il titolo? 11 film è stato cf. fettu.1to in Germania. da un 1egista tr:dcsco e da attori in gran parte tedc,;,chi. Non ,i chiederà certo a costoro fantasia, gu,;;to, fervore, perché queste sono ciualità che, come il cor:iggio, uno non i.e le può dare. ~'la almeno avc.-..-.crocon~rvato del grande modello i motivi più q-mplici e avC'-\<.'ro impiegato quella caparbia e meticolo,;a fcdc-hà clw fa apprcuare k- opcrc di crudiz:ionc tcdl·,chc. A rt'ndn di Madame BouarJ' l'auno,;frra e il ot.ignificato ,archbc occo~o un regi,;ta come SttohC'im, m::i. a d:-arnc•una rid111ionc di~nitma poteva b;\stare anche un arti• gin.no intclligrntt', il quale si fosse limitato a c.cc-glin oon cura gli ::-pisodi e a ,;;crvir,i di attori meno antichi e incapa('i. MARIO i'ANNUNZIO
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