Omnibus - anno II - n.24 - 11 giugno 1938

MEMORIEINEDITE DI GIACOMOSAVARESE EJIBLE)(l lU880lU0I DELLA FINE DEL SETTE0ENT0 rcOln'Dmil. D.U: !fO'IURl PJLBCm>JtXTJ] 'u.>!{j) A IO non annc.ierò il lettore ~ con il racconto delle emozio- .. .,. ni provate durante il mio viaggio. Non avevo che dieci anni, cli cui cinque trascorsi in collegio, e neUa mia vita non avevo mai visto né una prateria né un bosco, né un ruscello, ma. per compenso conoscevo Tasso e Virgilio a memoria. li Volturno con le sue acque torbi- ~e, le ~ive ridenti del Garigliano, gli tmmenst pascoli e le numerose mandrie delle paJudi pontine esaltarono la mia fantasia. fino aJ delirio e commossero il mio cuore fino alle lagrime. A Torre Treponti, preso dalle mie fantasie, cercai di scappare e fecero ben fatica a rincorrermi attraverso i campi. Alla fine arrivammo ad Albano, ove trovammo Zurlo che ci era venuto incontro. Come era cambiato! ~ sua pen:ona era ,come rattrappita, 11 volto pallido e rugoso, i lineamenti alterati dalla magrezza. I capelli, benché ancora_,arricciati e incipriati, non avevano p1u la stessa pettinatura. I pantaloni, che sostituivano ora le brache corte, e l'insieme negletto del suo abbigliamento, facevano di lui un uomo assai differente da quello di un tempo. Forse non l'avrei riconosciuto se non avessi rivisto lo sguardo nobile e dolce che lo rivclav:.. : cd io non riconobbi l'uomo, ma l'animo dell'uomo che si manifestava nel lampo dei suoi occhi. A Roma la nostra educazione fu subito iniziata. Durante questo soggiorno, con l'aiuto della conversazione quotidiana e dell'esempio di Zurlo, il ~ost~o modo di sen!ire e di giudicare s1 sviluppò per grad11 modellandosi sul tipo che noi avevamo continuamente dinanzi ai nostri occhi. La nostra vita era molto metodica: s.1ltavamo giù dal letto alle sette e, dopo aver studiato fino a mezzogiorno, uscivamo a diporto con Zurlo per un paio di ore e mezzo. Durante la passeggiata, la conversazione si svolgeva intomo alla storia romana, e più particolarmente sugli aneddoti che ci erano sugJ:?:eritidai differenti luoghi della città che visitavamo. Zurlo aveva quella eloquenza facile e familiare in cui sta il fascino della conversazione. Gli argomenti più seri suscitavano l'interesse degli ascoltatori, quelli più gravi erano, mercé la sua esposizione, alla portata di tutti, senza tuttavia perdere la loro gravità e la loro importanza. La grande facoltà di generalizzare, la solidità del suo giudizio e la nobile maniera di sentire, davano al suo discorso una concatenazione logica così evidente, e una espressione così appassionata, che avvincevano. Era questa specie particolare di eloquenza che gli aveva creato l'ascendente sui suoi runici e il prestigio nei consigli di Stato. Il cavalier Luigi de' Medici, dapprima suo emulo e poi suo rivale, aveva ben ragione quando diceva che per combattere Zurlo bisognava impedirgli di parla.re! Dopo aver mangiato, noi andavamo spesso a trascorrere un'ora o due nel giardino dei Colonna, ove Zurlo ci fa. ceva Ja lettura dei cla~ici francesi, Racine, CC1rncille 1 Molière, Boilcau. Rincasavamo avanti il tramonto per ri. prendere lo studio, e dopo una cena leggera andavamo a letto. Prima che ci addormentassimo Zurlo ci narra\·a la vita degli imperatori romani, e quantunque noi fossimo dei ragazzi, e la camera fosse nella più completa oscurità, non accadeva mai che noi prcndtssimo sonno durante il raccon• to. Anche adesso, senza tema di sba• gliarmi troppo, potrei riscrivere parola P.(!rparola la storia degli imperato• ri r'omani così come Zurlo cc la raccontava. Mentre la sera noi studiavamo, Zur• lo riceveva i suoi amici, pochi ma scelti. Degli stranieri, dei letterati e scienziati, qualche emigrato, venivano a passare la sera da noi. Oltre i napole• tani che venivano a trascorrere qualche settimana a Roma, i nostri convitati ordinari erano l'a.nronomo abate Scarpellini, il professore di medicina de Matteis 1 monsignor Nicola:i, ·mon• signor Zurlo, monsignore Martorelli, l'avvocato dc Vera, il generale Begani, esiliato per la glorio~a difesa di Gaeta, l'altro esiliato colonnello Palma, il principe Sciarra-Colonna e il principe Gagarin della lcgaz.ìone russa a Roma. l nostri pranzi erano molto modesti ma ass.1.iallegri, e Zurlo era così ospitale e faceva gli onori di cas..1. con tanta cordialità, che ci accadeva spesso di avere dei convitati sui quali non avevamo contato. Così noi vivemmo a Roma dal novembre 1818 fino al maggio 1819, epoca in cui andammo a passare l'estate a Castel Gandolfo, in un'amena villetta alle porte del villaggio. Tra.scorrevamo la maggior parte della matti• na nelle pinacoteche, nella villa Barbcrini e nel bosco dei Cappuccini. La sera, nelle ore di ricreazione, ci mettevamo ad un balcone dal quale si abbracciava l'immensa pianura orlata dal mare, che i riflessi argentei della luna rendevano ancor più visibile. Zurlo ci indicava le diverse costellazioni, e spesso fra i suoi ascoltatori vi erano un pittore francese e sua moglie: costoro si chiamavano Chauvin, abitavano lo stesso villaggio e venivano spesso la sera da noi. Venivano a trovarci pure, durante la mattinata, e qualche volta restavano a pranzo con noi, il duca di Sassonia-Gotha e il principe Gagarin, i cui figli erano amici di mio fratello e miei, e l'avvocato Dc Vera, che villeggiava anch'egli ad Albano. Un giorno, verso la metà di ottobre, apprendemmo, svegliandoci, che Zurlo era St:'\to colpito dalla steMa malattia che lo aveva tormentato per tanto tempo a Venezia, e aveva dovuto recarsi a Roma durante la notte per chiedere il pronto intervento di un chirurgo. Fummo angosciati da questa notizia oltre ogni dire, e la nostra ansietà fu raddoppiata quando si diffuse la voce che, dalla parte di Marino, uno straniero era stato rapinato e assas5inato sulla strada di Roma. Uscimmo subito per attingere qualche informilzione e ci recammo in giro presso gli amici per chiedere aiuto, ma nessuno era in casa. Decidemmo di reca.rei a Roma, ma fortunatamente avemmo l'idea di passare alla posta per Chiedere una carrozza e dei cavalli: il maestro <li posta, che ci conosceva, chiamò lo stesso postiglione che aveva accompagn.lto Zurlo sino a Torre Mezz..1via,e costui, col racconto del \'iaggio, dissipò completamente le nostre ansie. Ritornammo più calmi a cas~, ma ri4 fiutammo di cibarci, e passammo la notte al balcone, spiando dalla parte di Roma con la speranza di vedere arrivare Zurlo o qualcuno che ci recasse sue notizie. Finalmente, l'indomani, alle otto, arrivò il colonnello Palma, ci esortò :'\ non avere preoccupazioni e ci con- . dussc a Roma all'Hòtel de Damon, in via Frattina, ove Zurlo era arrivato la sera precedente. Nello uesso albergo vi era_ il generale austriaco Koller, padre d1 due ragazzi coi quali facemmo conoscenza; vi abitava anche Luiii Blanc, ex-capitano napoletano e brillante scrittore, che era stato inviato in esilio con la restaurazione borbonica. Poiché la malattia gli impediva di uscire, Zurlo incaricò il colonnello Pal• ma di proporgli una persona di sua fiducia che ci accompagnasse a passeggio. Il colonnello si offrì di accom• pagnard lui stesso, e nello stes.so tem• po ci presentò, per sostituirlo eventualmente, un vecchio ufficiale dell'esercito italiano, di nome Pietrini. li colonnello Palma era nato a Napoli, ma sua madre e suo padre erano rer mani. All'età dì dodici anni, poiché suo padre lo voleva musicista, era entrato al Conservatorio di musica per imparare a 5uonare il corno, ma, nel '794, quando aveva compiuto appc• na i sedici anni, fu arrestato e messo in prigione insieme a un suo compagno, un certo L.1brano, che suonava il violoncello, e che più tardi fu anche lui colonnello. Furono arrestati con due profe55ori, Carlo Laubcrg e Annibale Giordano, e con parecchi giovani di buona famiglia, tra cui Vitalìani e Galiani. Incitati dai loro profes50ri ~;:~~ill~ ~~~~~;~n1uis~iv::f,~~z~i~ spirato, come si cospirava allora, sognando la repubblica di Platone. Il cavalier de' Medici, allora reggente della Vicaria, e incaricato della direzione di polizia, aveva abilmente 5piato i p::m,i di Giordano, che era suo intimo amico e suo assiduo invitato. Un bel giorno il professor Giordano era a pranzo da lui, quando si accorse che si avvicinava l'ora della sua lezione alla scuola politecnica : dovette levarsi da tavola prima della fine del pranzo per andarsene. li cavalier dc' Medici lo invitò a restare ancora, ma egli chiese scusa e se ne andò. Appena l'ospite fu uscito dalla stanza1 il Medici, volgendosi a uno dei convitati che era al suo fianco: « Peccato che non abbia continuato>, disse, « era l'ultimo pez• zo di carne che egli avrebbe potuto mangiare nella sua vita! >. Il Giorda• no, infatti, davanti alla porta della casa da cui usciva1 fu arre5tato da agenti di polizia appostati per ordine del dc' Medici. Mandato a Castel dell'Ovo egli denunciò però lo stesso dc' Medici, cd evitò il patibolo 1 poi, fuggendo dalla fortezza con l'aiuto di U• na corda. Lauberg e i suoi giovani complici restarono invece in prigione, finché il governo napoletano, per un sentimento di prudenza verso la repub• blica francese, acconscntl alla loro liberazione. Essi furono messi in libertà cd esiliati, ma il governo si mise segretamente d'accordo con quello di Roma per farli mettere di. nuovo in carcere al loro passaggio. Il padre cii Palma, fatto consapevole del progc1to1 noleggiò una barca che trasportò il figlio nel Genovesato: colà costui si arruolò come wldato nell'armata francese e po· fare la campagna d'Italia e guadagnarsi le spalline di luogotenente. Quando i fra1tccsi entrarono a Napoli, nel 1799, Palma approfittò dell'occasione per domandare un congedo e correre a vedere i suoi. Ma appena giunto in Abruzzi seppe che il Borbone era stato ristabilito a Napoli. Pensò di tornare indietro, ma di- ~graziatamentc cade in mezzo alle han• dc di Rodio che battevano gli Abruz• ti. La prima idea dei briganti fu di fucilarlo immediatamente, ma poi de. cisero di attendere Rodio che doveva arrivare l'indomani. Quando il capo giunse, ordinò che il prigioniero, alla prima occasione, fosse inviato a Na• poli e nel frattempo fosse rinchiuso in un convento e guardato a vista da alcuni contadini armati. La situazione era tragica. Dalla cella ove era imprigionato, Palma udiva i discor,:i dei suoi carcerieri che si proponevano di ucciderlo appena Rodio fosse partito. Deciso a difendersi, prese tutte le precauzioni possibili per barricare la porta della sua cameretta e quando fu abbastanza rassicurato da questo lato, aprì la finestra per vedere K' vi fosse la possibilità di evadere. La finestra guardava sul giardino del con• vento e la prima cosa che colpi la sua vista fu, dietro la sjepc, un frate bocconi che aveva tutta l'aria di rorvcgliarc la sua prigione. Invece costui era lì non per fare la guardia, ma per salvarlo. In quel tempo le idee libe• rali avevano trovato dei proseliti in tutte le sfere della società: si credeva sinceramente alla rigenerazione della razza umana, e que.sta fede ispirava l'abnegazione. e il sacrificio. Non esisteva ancora una professione del liberale, come quella del medico e dell'avvocato. Non si sfruttavano ancora le passioni popolari per arrivismo, come oggi si sfrutta una fattoria. Si credeva, allora, ali' età dcli' oro, e si era fieri di dare la vita per ottenere di fronte ai posteri la palma del martirio! li frate repubblicano aveva giurato di salvare la vita del giovane; sottra• endosi ai suoi compagni, si era messo all'agguato, cd appena vide Palma alla finestra gli fece un segno per invitarlo ad avere pazienza fino alla notte. La notte arrivò, i1 frate ricomparve accompagnato da un altro religioso, e cominciò ad ammucchiare della paglia sotto la finestra del prigioniero. Dopo tre ore il lavoro era terminato e Palma potè saltare dalla finestra senza farsi la minima scalfittura. Gli ven• ne dato un abito da contadino, alcune piastre ed una lettera per un certo ab.lte Ca5tracani che viveva in campagna nei pressi di Bologna. Il giovane partì, attraversò glj Stati romani a piedi, cd ebbe la fortuna di arrivare da Castracani senza. incidenti. L'abate Castracani era l'ultimo discendente di una illustre famiglia lucchese. Condivideva le idee del secolo, ma la sua età avanzata non gli aveva permesso di prendere parte attiva agli avvenimenti, cd egli perciò si limitava solo ad affretta.re il trionfo della rivoluzione, aiutando finanziariamente tut• ù i patriotti Che gli chiedevano aiuto. Palma fu ricevuto da lui come una persona di casa. Tutte le precauzioni furono prese perché nei dintorni non corresse la voce dell'arrivo di un sospetto. Restò otto giorni colà per riposaNi, poi, largamente provvisto di biancheria e di denaro, partì per One~ glia, dove erano i francesi. Dopo qualche giorno di viaggio, Palma incontrò un ufficiale ungherese che aveva disertato per arruolarsi nell'esercito francese e che raggiungeva anche egli il suo reggimento: fecero la strad~ insic~c, e dopo due giorni di marcia raggiunsero la cresta delle montagne di Sarzana. La fine del viaggio era prossima e, rassicurati dalla vicinanza. dell'accampamento francese, i due giovani si arrestarono per trascorrere la notte in un albergo che si tro• vava sulla loro strada. Là essi incon• trarono un altro giovane che andava anch'egli a raggiungere l'esercito francese; seppero da lui che a due miglia da quel punto si trovava I1avanguardia e lo presero come guid:- All'alba i tre viaggiatori partirono per un piccolo sentiero attraverso la montagna, e dopo qualche chilometro scorsero di lontano le truppe al bivacco. La scn• tinella posta in vedetta 5Cgnalò l'arri• vo delle tre persone che si avvicinavano e subito una pattuglia andò loro incontro. Quale sorpresa per i nostri poveri viaggiatori quando si accorsero che si trovavano di fronte ad austriaci ! li sentiero che cs.1i percorre• vano era tracciato sul bordo di un prc• cipizio eh,- finiva a mare: essi vi si precipitarono scnz..1 esitare, la pattuglia fece fuoco su di es5j e il giovane che faceva loro da guida, gravemente ferito, rotolò fino al fondo dell'abisso. Palma e il giovane ufficiale unghe• rese, quantunque non colpiti, arrivarono anch'cS!i molto malconci ai piedi della montagna, con le vesti e il corpo dilaniati dalle punte delle rocce che avevano incontrate ruzzol:mdo per la c'hina. Ma ormai erano al riparo da ogni inseguimento a causa della inaccessibilità del luogo che li separava dagli avamposti austriaci. Il primo pensiero fu quello di correre al soccor• so del loro compagno. La spiaggia e• ra completamente deserta e il solo mezzo per salvarsi era quello di tra• versare il mare su una barca da pesca che si trovava colà tirata in secco sulla riva. Era impossibile portarvi il morente, ma essi non ebbero il coraggio di ~bbandonarlo. 4-(coritù111a} GIACOMO SAVARESE . Rob 101 d~ ~li Radetevi modernamente e cioè senz • acqua, senza pennello, senza la noiosa insaponatura, is1 VENO[ OVUNQUE TUBOCAMPIONE N. 0.2 fARMACI,\ H, 108UTS & Co. .. .. """_"""_'I■ FIRENZE Al PAEZZO01 I: ., CONTRO RIMESSADI L 1 IN FRANCOBOLLI la Società Anonima Mobili Vacchelli CARRARA rantica Cua di fiducia, che forn1,ce i mobili per le cue (clici, annuncia la pubblicazione del Catalogo di saggio 1938 Prenotatevi! Condizioni JauortfJOlUJùtu. CHIEDERE Il. PROGRAMMA N. 32 155 A VACCHELLI CoJella poJtale: 1380 Milano, 3/o Roma, 106 Carnira

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