Ombre Bianche - anno II - n. 4 - aprile 1980
Le rivolte dei veneti 63 "La fatalità per Albaredo in questo anno si è l'avere lo Stabile Becacivetta del Nob. Conte Pisani di campi 1.200 circa risativi e arativi si può dire abbandonato per mancanza di mezzi nel Proprietario che solo dal S. Martino decorso per con- duzione dell'affittanza fu costretto a condurlo da sè per economia, ed ove in esso durante l'inverno si occupavano più di una cinquantina di villici." (3) Lo sconvolgimento politico aveva ingenerato incertezze che paralizzavano l'at- tività agricola. Ma accanto a questa interpretazione ovvia si può scorgere, a no- stro avviso, anche un'altra causa nel mutato atteggiamento della proprietà fon- diaria nei confronti dei suoi obblighi sociali. Sotto l'Austria essa era correspon- sabilizzata politicamente ad una gestione dell'ordine pubblico e moralmente ob- bligata ad intervenire per mitigare le cause, come la disoccupazione invernale, che potevano portare i contadini alla disperazione e alla rivolta. Nel nuovo regi- me invece cresce la coscienza che la proprietà fondiaria ha diritto di fare radical- mente il proprio interesse con una saggia e spietata gestione capitalistica dell'agricoltura: mentre è lo stato che si deve preoccupare degli esiti sociali del progresso del nuovo modo di produzione nelle campagne. Se mutato è l'atteggiamento dei padroni, stranamente mutato è anche il com- portamento dei villici. Il sindaco lo rileva stupito e turbato. "È vero - osserva - che fra gli arrestati ve ne sono di veramente miserabili e bisognosi di lavoro o di essere sussidiati dalla carità privata, ma potevano questi pochi condursi nei modi usati negli altri anni decorsi senza lasciarsi trascinare ai fatti incriminati'' (4). I villièi in sostanza quest'inverno avevano preteso dai padroni con forche e ba- dili ciò che sotto l'Austria imploravano dalla carità pubblica e privata col cappel- lo in mano. Ecco come si sono svolti i fatti. Lunedì 28 gennaio alle 9 di mattina ''una turba di circa 70 giovinastri di bassa condizione armati di Badili" si radunavano in piazza. ln massa si recano alla ca- sa dell'agente del conte Pisani, il più grosso proprietario del comune, di cui ab- biamo parlato più sopra. Un gruppo entra in cucina e vi trova la moglie. Chiedo- no del marito "soggiungendo che da esso volevano lavoro e grano". La povera donna terrorizzata, dopo qualche resistenza, chiama il consorte, che sentendosi porre quella inusitata richiesta, risponde ''esser egli solo un agente e non aver fa- coltà di praticare lavori straordinari in Campagna, e tutto al più poteva accordar loro del proprio, un sacco di grano turco, proposta che sulle prime riusciva ridi- cola, in quanto chè quella gente ne pretendeva maggior quantità", ma che alla fi- ne viene accettata. I villici prendono il sacco, lo caricano su un carretto e poi di porta in porta pas- sano per tutte le case dei proprietari del paese. Quando qualcuno tenta di resiste- re alle loro richieste lo caricano di insulti. ~emmeno la canonica viene risparmia- ta. Anzi, giunti alla casa dell'Arciprete don Giuseppe Gallio, vi trovano solo la cognata e la nipote alle quali rivolgono la loro richiesta. Le'due donne ''intimori- tesi condussero quattro di costoro sul granajo accordando loro tanto grano per valore di L. 25 circa" (5). BibliotecaGino Bianco
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