Ombre Bianche - anno II - n. 4 - aprile 1980

52 C. Bittasi Valussi, N. Filippini, C. Giglio/i Sabei/i Come abbiamo visto nei lavori dei campi, la donna non viene ammessa all'ap- prendimento di quelle tecniche che non sono necessaria1nente nè le più faticose nè le più difficili nè quelle che richiedono maggior forza fisica, ma bambina, ragaz- za, sposa, vecchia, nel campo il suo sarà sempre un ruolo di generica tuttofare. Una discriminazione culturale non le permette di raggiungere un ruolo di respon- sabilità nel momento in cui la pretende più che mai presente e efficiente. A lei sarà riservato l'accesso a quelle conoscenze e a quei riti che le competono in quanto strettamente legati al suo sesso e alla sua funzione materna: allevamen- to (dai bambini ai bachi da seta nati "in sen"), nutrizione, cura e assistenza delle persone, manutenzione della casa. Un'esperienza fuori dalla norma è quella vissuta da alcune ragazze che, duran- te la guerra, si sono trovate ad affrontare una situazione di emergenza: la chia- mata degli uomini giovani al fronte le responsabilizza in modo nuovo: "Quando c'era la guerra del '15-' 18, allora io lavoravo come gli uomini nei campi, prima facevo quel che si poteva fare( ... ) dopo, quando è arrivata la guer- ra, che avevo tre fratelli e i due più grandi erano in guerra e il più piccolo era a ca- sa, allora facevo come un uomo ... potavo ... " (25) "lo ho fatto tutti i mestieri dei campi, anche potare le vigne in tempo di guer- ra! Sì mio papà mi insegnava perchè i miei fratelli erano tutti in guerra, mi diceva 'vieni qua che ti insegno ... bisogna che tieni pochi · ·cai", perchè se son troppi viene tutta foglia e niente uva', mi insegnava a potare( ... ). In tempi di guerra uo- mini non ce n'erano! Avevo due fratelli, erano tutti due via, ce n'era un altro più piccolo di me, era piccolo. Allora mio papà metteva sotto me: 'prova, sei capace!' mi ha insegnato a mungere le vacche. ( ... ) Durante la guerra ci siamo trasferiti da Ronco in una campagna di Isola Rizza perchè era finita la scrittura. ( ... ) Là c'era tutto prato e c'erano tutte piante da cavare, allora io, mio papà e mio fratellino abbiamo cavato tante piante, sa ... io e mio fratellino zapponava- mo intorno fin che la pianta cominciava a ribaltarsi; e dopo uno per parte a se- garle; c'erano tanti morari allora ... dopo a 'desfodar· tutta la terra. E dopo ab- biamo seminato tutte patate ... sa quante ne abbiamo fatte? Roba da prender paura! C'erano i solchi pieni che parevano tutti 'buteleti rebaltè' ! ma così lun- ghe, ma bele, ma lustre!. .. Era una terra che non era mai stata lavorata ... buona, grassa, son venute fuori tante di quelle patate che c'era un locale grande, un por- tico, era là dentro che parevano tutti 'buteleti rebaltè' ... erano lunghe, grosse, lu- stre ... " (26) Ascoltando il racconto di queste donne, osservandole e percependone I' emo- zione, il compiacimento, la sicurezza dentro e al di là delle parole, abbiamo colto un messaggio che le differenzia dalle altre: le nuove conoscenze acquisite e la re- sponsabilizzazione nei confronti di un lavoro vissuto anche come personale grati- ficazione, hanno delineato in loro un'identità meno rigidamente determinata dal ruolo familiare, un'individualizzazione di sè sconosciuta alle loro coetanee. BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==