Ombre Bianche - anno II - n. 4 - aprile 1980
Qua/lro storie 21 11lavoro in campagna, come operaio agricolo con tanto di padrone vero, mi serve per mangiare e per mantenere me e le figlie (come un sacco di altra gente senza gloria e senza tanti problemi di missione) e così la mia anima, il mio corpo ed il mio spirito possono continuare a rigenerarsi, a trasformarsi. Cosa sarò tra 4 anni sarà un problema di allora. Ma anche il "sindacato" non aveva più bisogno di un tipo come me: oggi nel sindacato ci vuole gente di un certo tipo e non di altri, si semplifica troppo quan- do si dice che il sindacalista deve essere un ''politico'' e si usa un termine ormai stomachevole. Secondo me a tempo pieno nel sindacato oggi ci sono tre tipi di persone (prima sbagliavo a dire ci vogliono): i "prigionieri", di solito i più anzia- ni quanto a militanza oppure quelli che stanno nel sindacato con spirito di mis- sione inconfessato o meno; li chiamo "prigionieri" perchè li vedo come vincolati ad un ruolo, ad un personaggjo, ad una catena di obblighi, ad un senso del dove- re che solo in parte hanno un fondamento nel bisogno dei lavoratori di essere di- fesi, tutelati o guidati. Si tratta di una prigione che ha altre torri ma anche pro- fonde segrete: le alte torri delle regole dell'organizzazione, della inerzia organiz- zativa, della riprovazione e del disprezzo nei propri confronti ad ogni accenno di critica o di ribellione, a volte anche da parte di quelli che si considerano amici, della propria insostituibilità (inconfessata, per carità); sono alte torri che pesano molto e reggono però grazie a solide, profonde e segrete fondamenta, ben radica- te dentro il prigioniero. Sono convinto che ogni condizionamento esterno, a me- no che non sia brutamente materiale, ha reale valore solo se incontra nel cuore o nella mente di una persona una predisposizione morale favorevole: l'ho visto funzionare spesso ed ho anche una spiegazione logica fin troppo lineare: accetto un condizionamento che approvo, rifiuto e se posso mi ribello a quello che non approvo (e i sì o i no vengono dal mio cuore o dalla mia mente, non da altrove), se non approvo e non posso rifiutare esplicita1nente allora sto male. Molti sinda- calisti e molti attivisti di fabbrica pre '69 sono in questa condizione. Mi sono di- lungato un po' perchè per diversi anni sono stato così, prendendone coscienza progressivamente. Un secondo tipo io lo chiamerei "l'abitante della prigione": di esso fanno par- te sia i prigionieri che hanno deciso che il loro mondo è definitivamente circo- scritto alle mura del castello, sia i loro carcerieri, i secondini. C'è una sorta di in- terscambiabilità tra le figure: sono i sindacalisti di regime, piatti, grigi, senza fan- tasia e con scarso senso dell'umorismo; sono i giovani che studiano da segretari provinciale, regionale o nazionale, quelli che sanno fare i comizi senza battere ci- glio o che ripetono senza alcun problema quello che hanno sentito dire dal segre- tario di grado superiore o dal dirigente di partito, quelli che hanno sempre un ''si, ma'' da dire ai lavoratori ma non ne hanno quando vanno al direttivo pro- vinciale o a quello nazionale, quelJi dell'intervista facile, eccetera. Del terzo tipo fanno parte in genere i più giovani, più realisti degli altri, meno idealisti dei "prigionieri" e meno cinici degli "abitanti": sono anche quelli che spesso decidono di andarsene con la stessa serenità con cui hanno accettato di la- vorare a tempo pieno nel sindacato, tutto sommato i più adatti a questo momen- Bibl\8lecaGino Bianco
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