Ombre Bianche - anno II - n. 4 - aprile 1980

Quattro storie 19 cutivo del C.d.F. perchè nauseato. Anzi, sono uscito a testa alta, senza niente da rimproverarmi, e non è stato neanche un gesto liberaLorio, poteva esserlo un po' di mesi fa, ma oggi il sapere se sei carne o pesce (cioè ritrovarti è un punto a tuo favore. Sapere chi sei, darti una dimensione è il primo passo verso la "purifica- ziope" a cui ogni uomo è teso. E in questa direzione che intendo camminare. Certo, la strada è lunga e fatico- sa, certi fardelli non puoi lasciarli subito. Ha ragione Enrica nel dire di non aver fretta, di non bruciare le tappe, il rischio è molto grosso. Questo è il mio male: non riesco mai a fare le cose con calma, voglio sempre bruciare le tappe, le cose vanno fatte con ponderazione; certi legami col passato che ti hanno pesato e pe- sano tutt'ora, non sono facili da tagliare: le grandi ideologie, le lotte che hai fat- to, anche se oggi sembrano inutili. Sono state queste cose che mi hanno formato, che hanno dato un senso allo stare in fabbrica, ed oggi sembra che tutto sia vanificalo, andato tutto a culo, che il patrimonio che il movimento ha sviluppato in tutti questi anni non sia servito a niente, che la forza culturale espressa, che travolgeva tutto e tutti, si sia arenata. Un dato è certo, oggi il sindacato ha perso molta credibilità, non riesce più a co- municare con la gente, non riesce più a rispondere ai bisogni più immediati. Questo è certamente un dato negativo, questo atteggiamento fa sì che la gente ri- torni nel proprio mondo, fa sì che i bisogni li risolvano da soli, col rischio di ghet- tizzarsi, prostituirsi, pur di risolvere il proprio bisogno, isolarsi dal resto della collettività rendendo ancora più profondo il solco della incomunicabilità, con la logica conseguenza di diventare apatici, menefreghisti, che più niente li prende. Lo vediamo tutti i giorni. Anche fra i compagni, più niente che li prend~, o che si facciano prendere. Ci sono molti modi per reagire a questa situazione di svacca- ment9: uno può essere lo spinello, l'altro è attaccarsi alla bottiglia del vino, quel- lo di mandare a culo tutto e pensare solo a se stessi, andando a pescare o a fun- ghi, e così via, o farsi prendere ancora una volta da questo sistema che ti infinoc- chia con i suoi falsi bisogni, che ti travolge nella spirale dell'apatia, che ti fa mo- rire dentro. Certo non ne voglio fare una colpa a nessuno, ognuno è libero di decidere della propria vita come meglio crede, ma non è con dei palliativi che si possono cam- biare le cose, dare di nuovo delle parole d'ordine vuote, senza contenuti, costrui- re nuove ideologie dove la gente non si riconosce, illudersi che con queste cose si possa cambiare, rinnovarsi. 11primo passo che intendo fare è quello di avere mezza giornata libera, da de- dicare alle cose che sento dentro, voglio decidere i miei tempi e gestirli al di fuori di ogni schema logico. Lavoro in fabbrica a giornata, ed il tempo libero è molto limitato, ho pochissimo tempo da dedicare a mia figlia, a mia moglie ed a me. Questa non vuole essere la soluzione piacevole, comporta una alterazione delle abitudini; ma almeno incomincio a concretizzare alcune delle ipotesi che ho in mente. Potrò dedicarmi oltre che alla famiglia, al pezLo di terra che ho, e questo non mi fa sentire un doppio-lavoratore, ma è un mo1nento iniziale per arrivare verso una 8 autos f.ficienza da questo modo di vita. Biblioteca 1no 1anco

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