Ombre Bianche - anno II - n. 4 - aprile 1980
Ipotesi per un "sindacato popolare" 11 Un sindacato popolare è quello che organizza la propria legittimazione di mas- sa, assumendo la socialità primaria dei lavoratori, l'insieme di rapporti interper- sonali della vita quotidiana come punto di riferimento per costruire l'organizza- zione, e l'aderenza al tessuto sociale e culturale effettivamente esistente come cri- terio guida nell'elaborazione della linea politica. Punto di riferimento, ad esem- pio, di tutta la politica contrattuale (salario, occupazione, ecc.) sono sempre stati i lavoratori come individui, trascurando il fatto che la stragrande maggioranza dei lavoratori è inserita in nuclei familiari e da questi dipende la definizione dei bisogni (quante persone ci sono in famiglia? quante lavorano?), delle aspettative, in definitiva la realtà effettiva delle diseguaglianze sociali. Questa aderenza al tessuto sociale e culturale non significa santificazione dell'esistente, con il conseguente blocco di qualsiasi ipotesi di trasformazione; è semmai la condizione, il punto di partenza ineliminabile per qualsiasi progetto che non voglia sovrapporsi alla realtà dall'esterno. Per chi, come noi, non ha am- bizioni di partito-interprete e non ha progetti di didattica di massa da realizzare, non vi sono alternative. Abbiamo introdotto il discorso sulla cultura e sui valori. Sorge, in proposito, un problema molto grosso e delicato, che riguarda la natura della rappresentan- za. La rappresentanza è espressione di interessi o di persone? o, in altre parole, dell'operaio il sindacato rappresenta solo la tuta o anche l'uomo che c'è dentro? L'interrogativo si pone anche avendo chiara coscienza della parzialità dell'espe- rienza sindacale e quindi nessuna indulgenza verso forme di integralismo sinda- cale. C'è chi propone di definire come compito, e conseguentemente ambito di rappresentanza, di un sindacato popolare la tutela del lavoro subordinato in tutte le sue forme. La novità, rispetto all'oggi, sarebbe molto significativa; si tratte- rebbe di tener conto non più solo degli operai maschi adulti, ma di inventare for- me di tutela delle donne, dei giovani, degli occupati nelle unità produttive di pic- colissime dimensioni, dei precari, degli stagionali, del lavoro nero, ecc.: un terre- no di organizzazione e di lotta su cui già oggi il sindacato ha condotto esperienze (ad esempio tra i braccianti, gli stagionali del turismo e dell'industria alimentare, gli edili, ecc.), non tutte soddisfacenti, dal momento che l'azione di tutela si è spesso limitata a fornire prestazioni di tipo assistenziale o un aiuto per vertenze di lavoro individuali. Organizzare una tutela individuale e collettiva di questi lavo- ratori costituirebbe una vera rivoluzione, rispetto al sindacato di oggi; nessun dubbio che la strada sia da percorrere, occorre riflettere se questo sia sufficiente. Cerchiamo di spiegarci. Già la proposta di rappresentare le forme di lavoro "eterodosse" (il giovane stagionale per scelta, ad esempio, o la donna che vuole il part-time) implica un di- scorso culturale che supera il tema del lavoro, per toccare la visione generale del mondo e della vita, e quindi aspetti dell'esistenza delle singole persone che vanno ben al di là dell'esperienza lavorativa in senso stretto: tutelando la lavoratrice che chiede il part-time, il sindacato non rappresenterebbe anche una certa cultura del lavoro e della famiglia? D'altra parte da tempo il sindacato dice di non voler rap- presentare solo la tuta dentro i cancelli della fabbrica, ma anche l'operaio tutto B . b. tetro e nche e i o eraio non è. I I o e a Ino Ia CO
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