Ombre Bianche - anno I - n. 0 - novembre 1979

92 M. Carbognin e A. Castegnaro che scarsissimi rapporti, rischia di non riflettere su una parte decisiva di se stessa e quindi di trasformarsi, di crescere o diminuire, in modo non consapevole. Non è questa la sede per analizzare in modo approfondito come il volontari- smo caratterizzi in generale l'ideologia organizzativa del sindacato italiano, se- condo la quale gli aspetti organizzativi non sono altro che una variabile dipen- dente della linea politica e ad essa si adeguano, con ritardi più o meno marcati dovuti alle debolezze soggettive (teoriche e pratiche) dell'organizzazione: laddove viene totalmente sottaciuta l'autonomia relativa dei processi organizzativi. L'ipotesi che noi al contrario facciamo è che sia non determinante il ruolo del progetto volontario ed esplicito del sindacato, sulle proprie strutture e sul pr(?- prio funzionamento interno, sulle proprie caratteristiche effettive e sui processi di mutamento organizzativo. Le pratiche organizzative effettivamente messe in atto sono il frutto di una particolare combinazione tra interessi rappresentati, vincoli esterni ed interni (situazione economico-strutturale, interessi organizzati- vi, ecc.), risorse esterne ed interne (facilitazioni istituzionali, mobilitazione della base, militanti, ecc.), all'interno della quale la "linea politica" e la sua traduzio- ne in termini organizzativi entra come una delle tante variabili, e probabilmente non di maggior rilievo. Proporre un ragionamento di questo tipo, sull'organizzazione sindacale, potrà forse sembrare blasfemo o disfatti sta. Ma noi riteniamo che esso sia in realtà estremamente fecondo per sottoporre a verifica sia il senso comune prevalente oggi nel sindacato a proposito di reclutamento e di rapporto con i lavoratori, sia alcuni nodi di politica organizzativa che stanno velocemente venendo al pettine. Reclutamento e politiche organizzative Possiamo ritenere comune nel sindacato, almeno a livello di quadro dirigente, l'opinione che i quadri e i militanti usciti dalle lotte dal '68 in poi sanno "fare po- litica'', ma non hanno la predisposizione a verificare il consenso e a trasformarlo in adesioni al sindacato. La mancanza di tale predisposizione costituirebbe la ra- gione fondamentale del rallentamento nella crescita delle adesioni negli anni più recenti, rispetto al boom del 1970/74. Il volontarismo insito in una siffatta im- magine del proselitismo si accompagna ad una concezione della politica di espan- sione del reclutamento secondo la quale la sindacalizzazione è conseguenza della giusta linea del sindacato, il veicolo del proselitismo è la propaganda, l'ostacolo maggiore la spersonalizzazione del rapporto lavoratore/ organizzazione, da supe- rare attraverso un più costante ed efficace rapporto degli attivisti con i lavoratori . ''molto simile a quello che in altri tempi era consentito dalla raccolta diretta della contribuzione e delle adesioni'', in modo tale da privilegiare una dimensione umana nel rapporto associativo. L'andamento delle adesioni, d'altra parte, di- penderebbe principalmente dall'impegno al proselitismo da parte dell'organizza- zione, che nel passato era più elevato anche a causa dell'incentivo rappresentato dalla concorrenza sindacale, attenuatasi con gli sviluppi del processo unitario.

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