Ombre Bianche - anno I - n. 0 - novembre 1979

86 Alessandro Castegnaro "esterno", l'operatore, la contrattazione proprio su questi spazi. O l'operatore trova modo di trasferire nuove capacità gestionali ai consigli di fabbrica su questi terreni, e su questo forse anche ridefinisce parte della propria professionalità, o non si vede come se ne esce. Se questa ipotesi ha un senso, allora il problema di creare maggiori spazi formativi per gli operatori, e di studio, riconosciuti e non solamente "rubati" al privato, appare oggi non più rinviabile. 6. Ci sono, da ultimo, alcuni aspetti del modo di funzionare dell'organizzazione su cui il corso ha riflettuto. In primo luogo la mancanza di momenti specifici per l'elaborazione. Nel sin- dacato ci si riunisce sempre per decidere e se alla fine non si è deciso qualcosa (magari un'altra riunione, come è di uso oggi) ci si sente frustrati. Con il risultato che l'elaborazione spesso manca o è troppo appro~simativa per essere utile. Defi- nire momenti specifici per l'elaborazione è probabilmente necessario, soprattutto per noi che oltre al problema del "che fare" abbiamo anche il problema dell' "identità" (e non solo "collettiva"). Quando si parla di elaborazione occorre però fare attenzione a un fatto che è centrale: essa, negli individui, viene spesso bloccata quando è condotta in situa- zioni organizzative e di gruppo, caratterizzate da dislivelli _dipotere. La cosa è tanto ovvia quanto disattesa nelle sue implicazioni pratiche. Pensiamo ai nume- rosi silenzi, nelle nostre riunioni, di compagni peraltro capaci (e ciarlieri). Non basta essere "tutti in segreteria" per essere "tutti uguali". È forse il caso allora di non escludere, ma anzi' di prevedere momenti di incontro per gli operatori, sen- za "i segretari" o "il segretario" almeno laddove una distinzione ha un senso e non costituisce una forzatura. Oltretutto ci sono problemi, che in situazioni squi- librate dal punto di vista del potere, si ostinano a non emergere e che invece è be- ne che emergano per essere affrontati e risolti. Non si tratta di fare dell' "autoco- scienza" (solo), ma di riappropriarsi di una capacità di elaborazione di cui anche l'organizzazione (e non solo i singoli) è espropriata. È noto che nel modo di operare del sindacato prevalgono i meccanismi inf or- mali su schemi di lavoro precisi e stabiliti pubblicamente (decisi collettivamente). Ciò ha avuto nel passato recente una sua giustificazione: c'era una organizzazio- ne in movimento, da cambiare, una realt$, che spingeva dal basso. Le formalizza- zioni organizzative erano di impaccio. Oggi probabilmente non è più così o alme- no non è più sempre così. Oggi questo stato di cose può anche significare lasciare a pochi fra di noi la possibilità non solo di determinare i contenuti delle decisioni, ma di volta in volta anche le ''regola'', i modi in cui le decisioni vengono prese, i circuiti di informazione (e di esclusione/inclusione), i meccanismi di controllo (che rischiano di essere solo dall'alto verso il basso), ecc. Definire allora precise modalità di lavoro e di decisione, riconosciute pubblicamente, diventa oggi, con- dizione di democrazia e partecipazione.

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