Ombre Bianche - anno I - n. 0 - novembre 1979
Lavorare meglio lavorare tutti 85 porto con l'evoluzione della linea generale del sindacato, l'operatore di zona ha visto progressivamente allargarsi il suo campo di intervento (non più solo la fab- brica, ma anche il territorio, le istituzioni, ecc.). Dall'altro l'esigenza sempre più avvertita di esercitare non solo un'opera di generica promozione, ma anche di contrattazione e controllo, quando non addirittura di gestione, implicherebbe un restringimento del campo di intervento e un suo approfondimento. L'operatore avverte questa contraddizione in maniera acuta, nella forma di incapacità a dare risposte precise, nel trasformarsi del suo stesso linguaggio lungo codici sempre più generici, nella difficoltà ad esprimere giudizi fondati e a definire strategie ef- ficaci. (Nella paura di sbagliare clamorosamente anche). Il rischio è che, in pro- spettiva, tutto si trasformi nell'esercizio di un'azione inconcludente di promozio- ne da un lato e nella gestione di attività di servizio dall'altro. Questo problema ha in astratto due vie di uscita. Si potrebbe restringere il campo di intervento dell'operatore. Non è escluso che ciò, in modo informale è politicamente infondato, avvenga già, attraverso il ta- glio degli impegni in agenda. Certo è, lo si è detto più volte, che "l'operatore non può fare tutto". È importante che l'organizzazione si interroghi su questo, che verifichi cioè le proprie strategie anche sulle possibilità concrete delle proprie strutture e dei propri uomini. Oppure si potrebbe realizzare una qualche forma di divisione del lavoro fra gli operatori. La costituzione delle nuove zone potrebbe costituire una possibilità in questo senso. Se ad esempio ci sono 4 operatori in una zona il lavoro può essere diviso certo su basi territoriali (ognuno si gestisce in sostanza una sotto zona), ma può anche essere diviso su basi funzionali. (Meno produttiva sarebbe forse l'ipo- tesi grandi fabbriche-piccole fabbriche che in qualche zona è già operante). Una declinazione di questa idea potrebbe vedere una divisione del lavoro che coinvol- gesse anche i militanti, assegnando loro precise responsabilità. Il problema è solo enunciato e occorrerà tornarci sopra, perchè non c'è chi non veda come le soluzioni prospettate presentino anch'esse controindicazioni. 5. In relazione al problema della professionalità è emersa anche una difficoltà a definire in che cosa essa di fatto consista oggi e che contenuto dovrebbe avere in prospettiva. Se appare evidente il processo di progressiva dequalificazione del la- voro dell'operatore, non è assolutamente chiaro in quali direzioni ricercare uno sviluppo professionale di tipo nuovo. (E può essere uno dei terreni su cui portare avanti la riflessione). Probabilmente è nel rapporto con i consigli di fabbrica e le strutture di zona (esecutivi, commissioni, ecc.) uno dei nodi del problema. C'è in- fatti una contraddizione fra la conquista di spazi contrattuali che esigono una co- noscenza sempre più approfondita di situazioni specifiche (es. contrattazione di modifiche all'organizzazione di lavoro in un reparto, controllo degli investimen- ti, ecc.), il rapporto sempre più stretto fra contrattazione e controllo che essi comportano, e la tendenza crescente nei CdF a delegare a un livello organizzativo
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