Ombre Bianche - anno I - n. 0 - novembre 1979

80 Federico Bozzini mare la propria stanchezza. Perciò non aveva senso, pur essendo in linea, trattare questi casi ambulatoriamente. L'ospedalizzazione, pur essendo superflua da un punto di vista sanitario e sbagliata da un punto di vista politico, era di fatto l'uni- ca risposta giusta ai loro bisogni individuali. Ma tutta l'intollerabilità patogena dell'esistenza a cui queste persone si son votate ricompariva integralmente non appena i sanitari tentavano di suggerire le norme igieniche elementari da seguire per non aver ricadute. I disturbi sofferti e denunciati erano: colite spastica, ga- strite, ulcera, cardiopalma, stanchezza e spossatezza. E i medici, di conseguenza, suggerivano di non stancarsi eccessivamente, di non mangiar fuori casa, di dor- mire a sufficienza, di curare le relazioni umane e familiari distensive: insomma, quelle buone e sante norme che anche una vecchia zia sa raccomandare. Di fronte a questi suggerimenti minimali, la loro reazione era di constatare la pratica im- possibilità di realizzare, mantenendo il proprio ruolo, simili elementari condizio- ni d'esistenza. Senza forse rendersi conto fino in fondo del significato eversivo, dal punto di vista politico ed organizzativo delle loro proposte, i medici suggerivano, in coe- renza con la loro diagnosi, una terapia conseguente fatta di tanti singoli compor- tamenti che, nel loro complesso, tendevano a strutturare l'attività del sindacalista come un qualunque altro lavoro alienato. Per èostruire, in qualche modo, una pace tollerabile in questo mestiere, per elimi- narne la tensione patogena i medici rilevavano, scendendo nello specifico, la ne- cessità d'aver tempi di lavoro stabiliti (eliminando, ad esempio, la sistematicità delle riunioni serali), di demolire l'ambiguità della democrazia autoritaria invalsa nel sindacato, di una specificazione molto accurata dei compiti, delle mansioni e degli ambiti di competenza, di formalizzare al massimo i rapporti interni per snebbiare la portata oppressiva di una gerarchia che usa sistematicamente per i propri fini del suo carattere bifronte, della figura del compagno-superiore. Insi- stevano soprattutto sulla necessità di mansioni specifiche e ben definite per limi- tare e possibilmente togliere l'ansia dell'inevaso politico. Su quest'ultimo aspetto ci sembra di dover insistere: oggi il sindacalista deve essere un tuttologo, deve sapere tutto, parlare di tutto, cogestire con competenza mille momenti, organismi, strutture, commissioni, enti, etc. Di fronte all'indeter- minatezza dei suoi compiti non vi può essere appagamento. L'ansia è il logico corrispettivo di una vita che, spogliata di utopia, si trova caricata di una mestiere talmente complesso ed assurdo da pretendere che il sindacalista sia il supplente inutile del mondo. La spontaneità e l'ovvietà di questi sugg~rimenti non toglie che essi rimangano un sintomo chiarissimo di una svolta storica che sta per verificarsi nel sindacali- smo italiano. Se passa questa linea di bonifica, passa un concetto di sindacato di mestiere, specialistico e strutturato in forme inflessibili. Un sindacato salubre, da questo punto di vista, è un sindacato istituzionalizzato fin nei minimi dettagli del suo agire. È un sindacato che, non solo non lotterà (se non a parole) per combat- tere l'alienazione del lavoro salariato, ma che renderà possibile ques_tasana alie- nazione anche ai propri operatori e, quello che è paradossale, tutto questo come precondizione schizofrenica del loro benessere. La diagnosi medica non prevede

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