Ombre Bianche - anno I - n. 0 - novembre 1979

Sputo, dunque sparo 15 cevere in cambio una fedina penale sociale pulita e un certificato di buona con- dotta (che non ci risparmierebbe però la libertà vigilata e l'infinita spirale delle "prove" di redenzione e delle ammende: prima fra tutte una revisione della "for- sennata" pratica dello sciopero). D'altra parte, è altrettanto indubitabile, e le attuali reazioni ne mostrano la fal- sa coscienza, che il sindacato ha da sempre adottato nei confronti delle manif e- _§tazionidi lotta più spinte o incontrollate, spesso con episodi di offesa fisica a persone e/o a cose, un regime di doppia morale, in duplice senso: sia attraverso fa sconfessi one di tali episodi, normalmente in termini generico-generali al fine di ottenere pubblica legittimazione, sia utilizzandoli come minaccia indiretta, per quanto non voluta, per chiudere al rialzo le vertenze (il famoso ''clima di esaspe- razione"). E l'unica cosa sbagliata che il sindacato potrebbe fare in questo momento sa- rebbe negare quella che è una pratica politica normalmente adottata, in varie for- me, da ogni forza sociale e politica organizzata e che non contiene nulla di nuovo rispetto ad altre adottate da altre forze (si pensi a quanta "violenza" c'è nella mi- naccia di morte di una donna contenuta nell'ordine politico di "obiezione dico- scienza" impartito alla stragrande maggioranza dei medici d'ospedale da chi ha perso la battaglia sulla legge per l'aborto), negandosi così una versione realistica della politica, che altro non è se non interazione di interessi sulla base di conflitti. L'obiezione facile a questo punto è: il problema non sono i conflitti ma la loro forma! E allora devono essere fatte salve alcune distinzioni: a) lo smascheramento della equazione ideologica violenza = coercizione = criminosità, per quanto detto più sopra; b) la netta separazione concettuale, linguistica e pratica fra violenza_ e pressio- ne coercitiva, tenendo ben saldi i fatti concreti per spiegare i fatti, non i concetti universali, per non cadere nel paradosso per cui la firma di un contratto, in quan- to coercizione della volontà altrui sulla base del rapporto di forza di interessi con- trastanti e perciò offensiva della liberta di una delle parti, diventa ''oggettiva- mente'' un fatto violento. Anche perchè ci piacerebbe conoscere l'anima candida che ci spiega che i contrat- ti si firmano ''per convincimento e conversione'' della controparte, in un clima illuministico di libero e sereno confronto intellettuale; c) la fondamentale distinzione fra la qualità e quantità: una cosa è il picchetto o sputare in un occhio al capo-reparto, altra cosa è sparargli. L'incremento di quantità inevitabilmente determina un salto nella qualità. In caso contrario in ogni delegato o militante sindacale è ravvisabile un pericoloso criminale, essen- dosi persa la distinzione fra uno sputo e una P 38: chi sputa spara e un CdF è un'organizzazione a delinquere. L'obiezione: e chi determina la quantità consentita? Nessuno: non c'è una quantita oggettiva, misurabile scientificamente nella realtà, di ''violenza''. C'è un unico fragile ma determinante punto di riferimento: il sistema di valori che ispirano l'azione e il consenso partecipato attorno ad essi. Lo scontro vero e pro- prio qui, sui valori, che, per definizione, non sono scientificamente dimostrabili né confrontabili: ogni vàlore è una scelta e viene prima di qualunque azione e di- mostrazione. Il senso di ogni azione sta proprio nella commisurazione fra ciò che

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