Ombre Bianche - 1979 - numero unico

Swria di vira 59 erano i più spinti, erano quelli che mi ascoltavano, che mi venivano prima. E a tutti ho fatto un discorso unitario. Lo slogan che io portavo avanti era questo: «Siamo la gente che cammina la stessa strada, che beve nello stesso pozzo, che mangia il pane fatto dallo stesso fornaio, la polenta ce la facciamo in casa, ma comunque viviamo ms1eme... » Sono così riuscito ad organizzare tutta una serie di gruppi, paese per paese, e ogni gruppo un capogruppo, diremo così. E non eravamo ancora federati, non eravamo ancora iscritti al sindacato. Era un fatto di necessità, di classe, di grup- po, di categoria che sentiva il bisogno di mettersi insieme. E siamo riusciti a fare un gruppo di circa seicento capi famiglia mezzadrili. Come dicevo prima, le famiglie erano tutte numerose, in quel tempo. E quando sorgevano motivi di contrasto, il crumiro non era un estraneo, uno di un paese o di una contrada diversa, il crumiro il più delle volte era lo stesso fratello. In una famiglia con diversi fratelli, Giovanni stava attento a muoversi perchè era guar- dato da Antonio, che poi andava a raccontare al padrone: «Guarda che Giovanni segue quel matto di Castellan, quel comunista li». Perchè io ho avuto la possibilità di tanto successo? Dirò che con l'etichetta di cattolico - io allora ero presidente dei giovani dell'Azione Cattolica e delle ACLI di Rosà - e per questo mi erano concesse, quando le domandavo, le sale parrocchiali o i patronati per fare le riunioni sinda- cali. Non dappertutto. A Bassano difficilmente. A Marostica, tanto per dire, a S. Maria mi davano la sala perchè conoscevo il parroco, a S. Antonio niente da fa- re. «No, no - diceva - qui ACLI non giuste». Quindi abbiamo organizzato 600 famiglie mezzadrili. Io mi sono presentato a Bassano, allora c'era novello, giusto giusto arrivato in quei giorni, Tessari. Tes- sari l'ho trovato - giovane a quel tempo - assolutamente depresso causa una brutta eredità trovata a Bassano e io sono andato lì a fare un pò lo sbarbatello, a dire: «Guarda, noi siamo qua, 600 famiglie. Qua o vi comportate bene, come dicia- mo noi, perchè se no come 600 veniamo, 600 ce ne andiamo». Hai visto quest'uomo gonfiarsi e nello stesso tempo cascare. D'altra parte que- sta era la mia convinzione, era il patto che avevamo fatto e per il quale siamo an- dati avanti bene. Le battaglie che si facevano allora erano per un minimo di respiro, di libertà all'interno di queste campagne. C'era il grosso problema dell'assistenza farmaceutica, perchè l'assistenza mu- tualistica era arrivata con il fascismo, cioè il fascismo ha dato questo zuccherino. Non c'erano gli assegni familiari, l'assicurazione, la pensione. Ma soprattutto il problema più grosso era la riforma dei patti agrari, l'abolizione della mezzadria, perchè la mezzadria sarebbe stata comunque un sistema di non libertà, di non ini- ziativa. Il contadino, il mezzadro era sempre subordinato al proprietario, perchè quan- do si trattava di innovare, di rinnovare, il padrone, siccome doveva contribuire con parte del costo di questa trasformazione, non voleva mai spendere soldi. In- BibliotecaGino Bianco

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