Ombre Bianche - 1979 - numero unico

50 Chiara Ghetti dere i lavoratori, si nasconde una disattenzione e incomprensione verso una lotta che le donne stanno sostenendo in autonomia. E la crescita di questo movimento impaurisce, perchè sconosciuto, perchè si muove in ambiti diversi da quelli della produzione e si preferisce etichettarli come estranei alla tradizione del movimento sindacale. E l'appello che ci viene dal sindacato si rivolge a noi solo in quanto lavoratrici che per ciò stesso guardano alla classe operaia come unica forza trasformatrice. Ma quando questa è al centro dei nostri pensieri, ci troviamo a trascurare alcune intuizioni su cui siam cresciute: le nostre richieste sulla qualità dei servizi, sulla nostra collocazione nell'organizzazione del lavoro, sulla riduzione d'orario come proposta di una vita diversa, si riducono allora ad assumere il lavoro come unica dimensione e la contraddizione donna-lavoro si risolve solo a favore del lavoro. Nel sindacato ciò che ha allontanato alcune compagne del Coordinamento è lo stile di lavoro del sindacalista e dello stesso militante sindacale che è quello di chi della dialettica, della mediazione, della capacità di persuasione ne fa strumento di lavoro. Sono "doti" che difficilmente "si addicono" alle compagne che vivono con im- mediatezza e concretezza i problemi. Non voglio cadere in facili luoghi comuni, ma quando si parla di un bravo sinda- calista, si dice: "ha i controcoglioni"; più maschilismo di questo! Altre hanno accettato la sfida, e sono entrate anche a tempo pieno nel sindacato; ma c'è anco- ra la preoccupazione di non essere da meno, piuttosto che essere diverse e allora si corre freneticamente da un'assemblea all'altra, si alza la voce per non soccom- bere, e il disagio aumenta, pezzi di sè restano in silenzio. Non c'è nemmeno il tempo per partecipare alle riunioni delle donne; il privato non esiste più, o meglio è un dopo-lavoro. E la maternità è vissuta sottovoce. Il sindacato non deve essere disturbato ..... altre non ci pensano più: ma come si può parlare di "libera scelta"? Un altro problema per le compagne è quello di appartenere a diverse organizza- . zioni: alcune sono state richiamate dalla propria organizzazione, che sempre più pensa a sè e sempre meno all'unità; già, ma perchè un Coordinamento unitario, quando la segreteria della Federazione CGIL CISL UIL non si incontra più da mesi? È quasi una provocazione. E si disincentivano le compagne, una oggi, do- mani un'altra. Oppure non si dà sbocco alle iniziative unitarie (la richiesta di in- contro con la Federazione Unitaria che giace ormai da mesi) e il gioco è fatto. Fortunatamente c'è qualche rara eccezione che dell'unità non ne fa uno slogan da sistemare al termine di ogni relazione, un pò come: "ite, missa est". Quello che è più preoccupante è che di questa caduta di tensione del processo unitario non se ne discuta. Si gioca all'antiunitario: si corre, l'altro ti rincorre, fai una mossa fal- sa: ghe! ! ! Sei antiunitario, chi più, chi meno, chi prima, chi dopo. Ma non si affrontano mai le ragioni strutturali che rendono questo processo dif- ficilmente praticabile. In casa propria ciascuno sta pensando ad un modello di- verso di sindacato. L'importante è salvare l'immagine e intanto rafforzarsi al proprio interno, alla faccia di quanti e quante continuano testardamente a praticare l'unità sempre BibliotecaGino Bianco

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