Ombre Bianche - 1979 - numero unico

48 Chiara Ghetti si esprimevano? La frattura si avverte sempre più. L'elenco delle priorità, dei rapporti di forza, degli equilibri vengono citati per impedire spazio al dibattito, alla partecipazione, all'iniziativa. E sempre più spesso si è accusati di idealismo che non tiene conto degli avvenimenti, alla fine, di corporativismo. Così con troppa semplicità si fa equivalere particolare a corporativo, specifico a marginale, e gli "ismi" (aziendal-ismo ecc.) abbondano. Eppure la storia stessa del sindacato è storia di lotte aziendali, di categoria, che hanno assunto la realtà di lavoro, specifica, come spazio di aggregazione e di cambiamento. Immagino l'obiezione di molti compagni, o almeno di quelli che hanno creduto o che ancora lavorano per un sindacato nuovo (da quanto tempo non usiamo più questa parola?) e cioè: se questo è il nodo del problema, si tratta di lavorare per cambiare il rapporto tra sindacato-lavoratori, per affermare la democrazia inter- na, per esaltare spazi di crescita e di movimento, e questa è una battaglia comu- ne. Ma non basta; non ho mai creduto alla politica dei due tempi, tanto meno quan- do questa si ipotizza dentro e per il sindacato. Sono ancora convinta che non ha senso (ed è perdente per le donne, per la gente, e per lo stesso sindacato) privile- giare oggi i contenuti/obiettivi per recuperare domani la qualità del rapporto sindacato-gente. Oltre al fatto che è sempre più difficile pensare a una netta sepa- razione tra i problemi di metodo e quelli di contenuto. (La consultazione pre- contrattuale, la gestione delle assemblee son problema di metodo o di contenuto?). Ma c'è un'altra questione che mi fa ritenere ancora più inadeguato il contenuto dell'obiezione: ci siamo sempre più accorte in questi anni che la logica emancipa- toria che tende ad affermare la parità uomo-donna non ci basta; talvolta non ser- ve perchè, per superare la nostra subalternità e la tutela che ne deriva, si finisce per far tacere la nostra diversità e il bisogno di affermarla. Ora questi bisogni si sono affermati nel movimento delle donne, nella loro radi- calità, in quanto irrinunciabili, non mediabili. (Forse questo è un motivo per cui questi bisogni e più in generale la qualità della vita, han fatto appena capolino nel sindacato, per definizione agente contrattuale e quindi abituato a considerare i contenuti soprattutto in termini quantitativi, contrattabili, mediabili). Ora, non è pensabile chiedere che noi donne mettiamo per un attimo (un mese, un contratto, la durata della crisi ... ) nel cassetto le nostre esigenze, le nostre spe- ranze. Non credo che il sindacato debba dare una risposta a tutte le nostre esigen- ze, ma credo che i nostri problemi debbano trovare uno spazio nel sindacato. Quale spazio e come è da vedere. Oggi invece questo spazio è sempre più indefinito. Se ce lo siamo un pò conqui- stato, perchè oggi nessuno (o quasi) mette in discussione la legittimità dei Coordi- namenti e delle Commissioni femminili, l'organizzazione si è resa impermeabile. Dopo aver riconosciuto di non aver prestato attenzione al problema "donna", ha acconsentito, più o meno malvolentieri, che le donne si organizzassero, consi- derandole un movimento interno di pressione, un fatto quindi esteriore, che non mette in discussione la qualità dell'organizzazione. Eppure, alla base dei movi- BibliotecaGino Bianco

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