Ombre Bianche - 1979 - numero unico

Dopo un'assemblea 47 Di là, sull'altare della presidenza, la riproposizione dell'analisi sul terrorismo senza alcun appiglio. Ma io, tu, noi come ci siamo, come contiamo? Di nuovo un senso di impotenza. II nome del Movimento Operaio echeggia di lontano. Due linguaggi diversi, nessuna comunicazione. Le conclusioni riprendono il mio intervento, stravolgendolo. Sorrido; forse questa volta non mi sono sentita per niente sminuita o attaccata. Era proprio un'altra cosa. Siamo diverse. E poi ci pensi su; accidenti, le cose si metton male; abbiamo lavorato in questi due anni perchè la nostra diversità fosse compresa e ricompresa. Non lo è stato. Ti senti spaccata in due: metà donna, metà militante. Non serve dire quanta superficialità è contenuta nelle affermazioni dei compagni che ritengono di rappresentare il movimento sindacale nel-suo-complesso, quindi anche noi. I conti non tornano. Intanto alcune rinunciano al "fuori": meglio un po' di part-time e ritrovare nello spazio privato un po' di sicurezza, di voglia di esserci, di contare, magari solo co- me madre o moglie. La tentazione è forte. Ieri affermavamo che il privato è politico. Oggi sembra riemergere la frattura. Ancor più per quanti non hanno avuto l'opportunità storica di essere protagoni- sti delle grandi battaglie politiche, e che pure al movimento operaio hanno guar- dato con fiducia e speranza. È sempre più difficile infatti esser disponibili a lottare per obiettivi che escono dalla nostra vita: si è rotta la solidarietà con il futuro, se non ci siamo dentro an- che noi. Poichè quello che è in crisi è la cultura del cambiamento. La POLITICA è sem- pre più gestione dell'esistente. Il nodo sta nella difficoltà di rapportarci alla politica: di criticarla senza rifiutarla ( e essere rifiutate?), di trasformarla. Ci sono allora due problemi: il primo è che in questa situazione di emergenza il sindacato rischia di esser ricacciato in un ruolo subalterno: gestisce l'esistente ac- quisendo consenso senza incidere. E la ricerca del consenso non orientata al cam- biamento, richiede unanimismo. Allora la diversità è vista come attacco puro e semplice. La partecipazione diven- ta uno slogan non sostenuto da modalità definite e ricercate. Un processo in cui si partecipi, attraversandolo, senza esserne risucchiati, si fa sempre più labile e in- definito, utopico. E più forte è la tendenza a rinunciare alla affermazione della propria diversità perchè questa comporterebbe polarizzazione tra esigenze e modi di intendre la politica diversi. II secondo problema, legato al primo, è che il nuovo ruolo del sindacato richiede una "strategia complessiva". Ora, di fronte a questa esigenza, pare che ogni riflessione, intervento e lotta che non si rapporta a questa dimensione, sia necessariamente parziale, dove la "par- te", ovviamente, è solo riduttiva rispetto al "tutto". II "tutto" infatti non è con- cepito come sintesi di diverse parti che contribuiscono dialetticamente a formar- lo, quanto una dimensione astratta che si sovrappone artificialmente alle varie parti. Le grandi scelte del sindacato, la linea dell'EUR, come hanno recuperato in una nuova dimensione politica i contenuti particolari, specifici, che nel sociale BibliotecaGino Bianco

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