Ombre Bianche - 1979 - numero unico
Farti loro? 41 quanto possano sembrare forzate, mi paiono degne di attenzione. Un primo elemento critico mi pare sia il sistema di autorità che esiste in fabbri- ca. "Mi piaceva il lavoro che facevo, perchè la rettifica è un lavoro per chi ama la finezza. E io uno di questi sarei ... Mi piaceva lavorare bene, perchè sebbene ero sotto padrone a me piaceva fare il mio lavoro fatto bene. Non dico ammazzarsi, e non è che io mi ammazzassi ... Però, volevi fare bene ma non potevi perchè veniva il capo (ed era un incompe- tente) e diceva "non va mica bene fatto così, lo devi fare in un altro modo". Al- lora mi incazzavo. E finchè ero giovane tacevo e facevo ... Piano piano ho iniziato ad impormi (anche perchè sono stato un poco nel C.d.F. e piano piano mi sono svegliato). Ultimamente il capo sapeva che con me non poteva neanche venire a parlare, io mi arrangiavo. In poche parole ero un capo nella mia macchina .. .io non coman- davo a nessuno perchè ero solo lì dove ero ... però a me piacevano fare le cose co- me volevo io e ultimamente potevo anche farle perchè avevo acquisito un po' di autonomia. Però soddisfazione dai capi io non l'ho mai avuta dentro lì". Questi ex delegati, forse non casualmente, sottolineano soprattutto la poca au- torità del sindacato in fabbrica: ''il sindacato ... forse e colui che difende il lavora- tore, forse l'unico punto di appoggio che poteva avere il lavoratore verso l'altra parte. Penso che sia poco autoritario, che abbia poca autorità". Questo mi pare un elemento di percezione diretta e primaria di quale, per loro, debba essere la funzione del sindacato in fabbrica: di contrapporsi al clima di au- torità messo in atto dalla azienda. La questione del potere del sindacato è qualco- sa che sta sullo sfondo, è una cosa astratta, percepita meno direttamente. Un secondo elemento lo definirei come "l'insignificanza dello spezzettamento e della chiusura fra le mansioni''. "Era duro il rapporto con il lavoro in sè più che altro: era molto monotono. Era un lavoro che era sempre quello. Dopo, capito una volta dove vanno i pezzi, ecc. è un lavoro che viene da solo, una stupidaggine insomma. Non davano poi quella serietà che avrebbe un posto del genere; cioè, per esem- pio, scartavi dei pezzi che non andavano bene, arrivava il direttore e diceva "è meglio che li facciamo andare bene", su e giù, ecc. non si capiva bene l'interesse che avevano". Questa affermazione, oltre a richiamare l'esistente conflitto con le autorità ge- rarchica dell'azienda, lascia trasparire la percezione di qualcosa di più profondo della semplice non-significanza della propria mansione. È da ricordare che questo è sottolineato da un ex delegato addetto nella "fabbri- ca da cui si è staccato" alla funzione di controllo. Il problema, ed è necessario dirlo, non è solo la qualità della mansione. "Che la quantità sia stata pensata astrattamente come primaria, questo sta scritto in prin- cipio come "verbum" dell'industrialismo capitalistico" (R.Rozzi). Ma non è sufficiente affidarsi ad una altrettanto astratta e "separata" nozione di qualità per ricomporre la totalità dell'esperienza umana del lavoro. Il terzo elemento critico che emerge congloba e sintetizza per il suo stesso genui- BibliotecaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==