Ombre Bianche - 1979 - numero unico
40 Corrado Squarzon punta, fa questo, fa quello e chiuso lì. E dopo non è che si stava sempre lì: anche le ditte grandi hanno bisogno da un'altra parte e ti sbattevano di là ... e così via. Quando sono entrato nella fabbrica grande ho avuto tanta paura, un pò paura di tutto, paura della gente, soprattutto della gente. Appunto c'era il ragazzo gio- vane che magari aveva poco divario di età da te, che con una certa esperienza ti dava una mano; invece i vecchi ... questa fabbrica grossa era abbastanza vecchia come età. Mentre la fabbrica da cui ci siamo staccati è molto giovane quindi ti trovi con la gente più vicina, legavi subito, il primo giorno avevi già legato ... Nel- la grossa precedente avevi voglia! ... Cioè è proprio anche la gente che ti ostacola, non diciamo la direzione perchè magari i padroni non li vedi quasi mai. Sono proprio le persone, i compagni che ti lavorano vicino che hanno paura che porti via loro il pezzo di pane ... almeno in quegli anni. È la gelosia ... io lavoro in que- sto modo e voglio continuare a lavorare così senza dirlo a nessuno. Parlavano esplicitamente così". Un altro, dei protagonosti mi ha così raccontato l'inizio del lavoro in fabbrica. "Sono stato per un mese ad aiutare in un magazzino vicino a casa. Nel frattem- po mi si è aperto un posto alla "fabbrica da cui ci siamo staccati". Sono entrato come apprendista. Quindi c'è stata un pò di trafila, perchè sono entrato come ap- prendista proprio. Ho iniziato al montaggio e ... ecco ... "adesso è arrivato den- tro il bacia", i soliti scherzi cretini. Dopo, le prime beghe col capo perchè facevano scopare l'officina al bacia per- chè è l'ultimo arrivato. E allora mi hanno sbattuto a sbavare. Ci sono stato un paio di giorni. Intanto è arrivato un capo più alto, quello che aveva in mano il reparto macchi- ne e anche il montaggio e mi ha chiesto se mi piaceva fare il rettificatore ... io non sapevo neanche che roba era, ho accettato e mi ha messo a imparare alla rettifica. C'erano tutti quelli che lavoravano in turno. C'era un ragazzo di un paio di anni più anziano di me, 17 anni, e uno di 30 anni. Sono stati bravi tutti e due a inse- gnarmi. Diciamo che con il ragazzo mi trovavo di più, avevo più libertà nel parla- re; quell'altro un pò più severo ma mi ha insegnato bene. Ho fatto un mese. Do- po, fatalità, mi sono fatto male e sono stato a casa un mese e mezzo. Quindi sono tornato avevano comprato altre due rettifiche e mi hanno messo da solo su una rettifica''. Risalta in queste testimonianze la durezza dell'impatto col lavoro che opprime in maniera brusca, soprattutto sotto il profilo umano, le eventuali aspettative che si nutrono rispetto alla esperienza lavorativa. 4. Gli elementi critici del lavoro. Voglio tentare di individuare attraverso ciò che i protagonisti mi hanno detto al- cuni punti cruciali, alcune contraddizioni che loro hanno vissuto e che contribui- scono a determinare ia durezza e la fatica del lavoro. Abbinerò, quindi, alla viva voce dei protagonisti alcune riflessioni, le quali, per BibliotecaGino Bianco
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