Ombre Bianche - 1979 - numero unico
Falli loro? 39 proprio lavoro In questo quadro si può notare una certa eterogeneità in quanto a tipo di man- sione cui ognuno di essi era addetto. Gli apporti professionali richiesti erano di grado diverso. Ma l'elemento comune sta nella assenza di tratti di dequalificazione spinta in queste mansioni. Il che relativizza la motivazione a cambiare derivante dalla im- possibilità di una propria realizzazione professionale. E questo, mi pare, è un primo elemento che va sottolineato. Non si può però pretendere di conoscere l'esperienza di una persona sofferman- dosi esclusivamente, in questo caso, al suo "abito-operaio". Queste quattro persone sono relativamente giovani: hanno un'età che si aggira sui 27-30 anni. E tutti, chi da poco chi da tanto, sono sposati. Le loro famiglie di provenienza sono di modeste condizioni e sono cresciuti pro- fondamente entro i caratteri culturali delle nostre zone: poche illusioni, la neces- sità del lavoro, la vita di famiglia, e le occasioni di contatto esterno limitate quasi esclusivamente alla vita di paese. Uno di essi pensava da sempre di fare il metalmeccanico ed il suo obiettivo era di diventare attrezzista. Un altro aspirava a diventare elettricista o elettrotecnico. Un altro ancora preferisce affermare: "adesso con l'esperienza di questi 27-28 anni poter tornare indietro penso che sarebbe l'ottimale perchè potresti ... anch'io studierei. E di ciò per esempio non ho mai avuto voglia". Il loro ingresso nel mondo del lavoro avviene intorno ai 15 anni. Per uno a 16, dopo la "farsa" (definizione da lui data) delle scuole professionali. Un altro, ab- bandonando la scuola a metà anno inizia a guadagnarsi da vivere a 12 anni. Un terzo preferisce scegliere il lavoro dopo le medie inferiori: "c'erano dei professori che dicevano avevo la possibilità di continuare, avevano chiamato anche i miei genitori ... però ... sono stato l'unico di dieci fratelli a fare le medie ed ero già troppo avanti con l'età, perchè tutti gli altri hanno iniziato a lavorare a 10-11 an- ni". In pratica, partendo da queste situazioni, ognuna di queste persone ha accumu- lato sulle sue spalle una decina e più di anni di lavaro in fabbrica. Sentiamo, ora, da qualcuno di loro le impressioni dell'impatto col mondo del lavoro. "Ho lavorato da un artigiano durante le vacanze tanto che è finita che invece di andare a lavorare da lui andavo al torrente a fare il bagno. Perchè erano cose op- primenti! Mi ricordo che il primo giorno mi ha messo ad ingrassare e ad incartare una quantità enorme di punte da trapano. Questo è stato un trauma! Un trauma per conto mio è stato! C'era un altro ragazzo, al tornio, ma doveva sempre stare alla macchina non è che potesse venire da te e dirti quello che dovevi fare ... ecco. Finita la scuola sono entrato in una ditta grossa, e allora là mi hanno messo con uno al tornio e sono stato lì qualche mese ... e mi spiegava. Però anche lì non è che si potesse fare tanta pratica ... bisognava proprio che ti lasciasse là da solo. Per imparare si passavano tante mani, c'erano vari tipi: c'era il ragazzo giovane che magari capiva le tue idee e c'era con lui poco divario; dopo c'era il classico vecchio che, invece, ti insegnava!. .. Ti metteva lì da una parte ti diceva gira la BibliotecaGino Bianco
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