Ombre Bianche - 1979 - numero unico
Vene10 è bello 35 agrari e le ore di sciopero; nel Veneto tutto questo firmamento economico misu- rabile e verificabile si annebbia, e prende invece un'incredibile consistenza la Croce del Sud sovrastrutturale. Da noi non contano tanto le ciminiere delle Fab- briche, quanto i campanili delle Chiese, non è il Comizio agrario o la Società di mutuo soccorso che importa, quanto la Fabbriceria e la Confraternita del SS. Sa- cramento. L'esaltazione storiografica di quei luoghi di aggregazione religiosa dovrebbe lo- gicamente comportare un'equivalente valutazione della straordinaria attitudine del contadino nostrano a pensare. L'enorme ramificazione del tessuto organizza- tivo religiosamente motivato se, proprio per questo suo carattere tutto ideologi- co, ha realmente coinvolto la stragrande maggioranza della popolazione povera delle campagne deve presupporre in quest'ultima un interesse ad esistere cultural- mente. Ma questa esaltazione accurata della questione religiosa nella nostra re- gione, in mano alla storia-ufficiale, finisce sempre per ottenere tutt'altro risulta- to. L'importanza che essa attribuisce alla religiosità e alla pietà popolare è dello stesso tipo dell'interesse scrupoloso che il boia dedica ai riccioli ed alle trecce dei suoi clienti. Bisogna prestare un'attenzione particolare alla capigliatura dei sog- getti, acconciarla accuratamente, per poi farla saltare con perfezione e professio- nalità assieme al resto della testa. Ma come è possibile accordare la stranissima accentuazione degli interessi cultu- rali nella nostra regione, che rischia di trasformare le nostre osterie ed i nostri filò in tanti istituti di teologia, con l'immagine rincoglionita del contadiname che ab- biamo visto dipingere più sopra? Non è opportuno conservare troppo a lungo l'idea di un pensiero religioso popolare, perchè si corre il rischio di far credere che il popolo possa pensare, sia pur religiosamente, per i cavoli suoi. Gli studi accurati sulla religiosità veneta hanno lo scopo essenziale di scongiura- re questo drammatico rischio. Se nostro trisnonno è riuscito a pensare, pur puz- zando di sudore, di letame e di grappa, esiste la possibilità concreta che ognuno di noi, per quanto sfigato, possa fare altrettanto. Così i liberali ottocenteschi si sono inventati il "pericolo nero" e gli storici con- temporanei, han continuato a raccontarci la favola di un intero popolo ridotto alla fame e bloccato nella sua ribellione dai crocifissi, dai turiboli e dalle omelie di tremila preti, e dal pensiero di qualche decina di ascari laici. Così sono divenuti argomenti ghiotti e piatti saporiti il pensiero religioso dei va- ri Giuseppe Sacchetti e della ditta F.lli Scotton. L'attenzione accurata ma univo- ca che la produzione storicgrafica dedica al Clero quale ceto specializzato e so- cialmente riconosciuto di produttori di ideologia è di per se stessa deviante, apre- scindere dal giudizio di simpatia o d'antipatia col quale si condisce la morale del racconto. Esaltare la funzione sobillatrice, culturalmente determinante, di guida ideologica e pratica che nelle vicende dell'ottocento veneto hanno avuto i preti si- gnifica creare le precondizioni perchè nel corpo sociale della nostra regione si possa distinguere accuratamente la testa, dal tronco, dalle braccia e dalle gambe. Significa sbarazzare il campo dall'idea giusta ma imbarazzante di un pensiero so- cialmente diffuso per concentrare solo in un ceto la funzione del pensare. Che la borghesia patriottica e liberale avesse interesse evidente a raccontarsi BibliotecaGino Bianco
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