Ombre Bianche - 1979 - numero unico

Venero è bello 27 2. Prendiamo sul serio una maschera. L'immagine del Veneto che viene propagandata e diffusa dai mezzi di comuni- cazione di massa è quella di un personaggio sottomesso, laborioso, rimbambito di grappa alle otto del mattino e che, chiamato per cognome e nome, risponde sempre "comandi". Prendiamo sul serio questo clichè, e vediamo quanta verità e quanta menzogna contemporaneamente contiene. Può essere utile perchè questo stereotipo non ci trasmette soltanto l'immagine di questo o quell'individuo, ma lascia alludere al carattere di tutto un popolo. Riflettiamo su questa subordina- zione cronica impastata di laboriosità servizievole, di sottomissione formale al potere, di risaputa insincerità, di evidente mancanza di spontaneità che non si sa se far risalire ad infingardaggine o ad ebetismo religioso. Come tutti gli stereotipi, anche questa maschera che la subcultura italiana ha ca- lato sul volto del veneto è importante sia per quello che esprime quanto per quel- lo che nasconde. Più che giudicare immediatamente, affermandone o negandone frettolosamente l'adeguatezza, cerchiamo semplicemente cli capirne il senso, di scoprirne le motivazioni e le radici. Questo clichè televisivo e cinematografico non è poi tanto indifferente. È il tor- solo centrale di ogni giudizio, a qualunque livello l'analisi sia svolta. Politologi, sociologi, ideologi, economisti, storici e compagnia bella, con tutta la loro attrez- zatura originale e la metodologia specifica che la loro branca scientifica offre, spesso non fanno altro che confermare quest'immagine da macchietta appioppa- ta ad un popolo. La sensazione è che questo stereotipo non sia tanto la conclusio- ne di un discorso, ma il suo presupposto, il punto di partenza dal quale si muove e che l'analisi scientifica, percorrendo le proprie strade, deve finire inevitabil- mente per confermare. Come spesso accade la scienza finisce per ribadire le ov- vietà ed i pregiudizi. Durante la lotta alla Marzotto nel corso della quale la ribellione operaia rag- giunse punte di forza e violenza altissime, l'analisi politica compiuta dai socialco- munisti, al di sotto del doveroso compiacimento di facciata per questo comporta- mento stupefacente, era che però questa brava gente non riusciva a tirare le con- clusioni "politiche" della propria esperienza. Le stesse persone che scioperava- no, facevano picchetti e manifestazioni rabbiose, che trascinavano nel fango la statua del padrone della fabbrica e del paese; bene, queste persone alle elezioni politiche e amministrative continuavano a votar, come sempre, democristiano. Anzichè trar le proprie conclusioni autocritiche rispetto al fatto che con molta probabilità la colpa era loro se la gente non riusciva a cogliere il voto socialcomu- nista come logico corrispettivo di quella esperienza di alta combattività pratica, i politologi organici si limitavano a constatare che la gente vicentina non riusciva a vedere ed a pensare "politicamente". Si ribadiva così quell'utile maschera di mentecatto politico sui lavoratori in lotta, i quali, pur sotto la tuta, rimanevano inguaribilmente veneti e, per ciò, ottusi e democristiani. L'uso del clichè è comodo. Permette di risparmiar la noia di ridisegnare conti- nuamente il soggetto. Certo è un po' deformante della realtà, la semplifica un tantino, impedisce di coglierne il movimento, non ne capisce la storia, ma conce- BibliotecaGino Bianco

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