Ombre Bianche - 1979 - numero unico
Il 22 Federico Bozzini zioni. Esiste come esiste l'Italia fatta di Nord e Sud, di città e campagna, di ope- rai e contadini e, soprattutto, di quasi-operai ex-contadini. È dunque una figura di conflitto. Anzi, è l'esito storicamente determinato di questa serie di conflitti: è la loro esasperazione culturale. Rappresenta la convivenza conflittuale di termini inconciliabili che solo la brutale violenza pratica della storia ha potuto tempora- neamente congiungere. L'operaio cattolico è il meridionale, il veneto, il contadino che ha trasportato in fabbrica e in città la sua cultura preindustriale e preurbana. Questo a livello di massa. L'operaismo cattolico è il folle tentativo di teorizzare questa situazione umana lacerata. È l'aborto ideologico che tenta di dar dignità sistematica ad una condi- zione di disgregazione esistenziale nella quale sono state trascinate masse enormi di persone negli ultimi trent'anni. Non a caso ad esigere che venisse posto il problema del suo ripensamento sono stati i laici, gli unici che possono coerentemente essere operaisti. Per questo rite- niamo "sacrosanta" la reazione di Bruno Manghi che ha risposto invitando gli interlocutori petulanti a parlare d'altro. Se è nostro diritto manc;iare a quel paese chi ci propone di teorizzare i picchetti ideologici nei quali ci si vuol racchiudere e definire, torna però utile riflettere cri- ticamente sugli effetti della nostra pratica ideologica. Nei confronti della nostra base, che giustamente supponiamo imbevuta di catto- licesimo, come gruppo militante abbiamo imposto modelli di pensiero e di com- portamento schiettamente laici. Abbiamo abituato i nostri iscritti a vivere com- postamente in equilibrio instabile fra due mondi culturali. Da un canto esiste un mondo di valori che lega la persona alla gente fra la quale è nata e vissuta e dall'altra esiste il modello di pensiero laicizzato nel quale abbiamo educato i mili- tanti a riflettere sulla loro esperienza di lavoratori salariati. In quartiere o nel paese il lavoratore parla il suo dialetto, ragiona con i miti propri della cultura del- la sua gente, riflette sulla vita e sulla morte, sul bene e sul male. Quando mette piede nell'organizzazione lascia però perdere opportunamente questi temi insi- diosi, e si sforza di parlare, in italiano, dell'unico pezzo della sua persona che ha imparato contare in questo ambito: del suo esistere come forza lavoro astratta. In tutta buona fede, e scegliendo per istinto, abbiamo attivamente contribuito a parcellizzare il nostro modo di pensare e di pensarci. Abbiamo frantumata l'identità nostra e dei nostri compagni, ne abbiamo estratto l'osso e su questo scheletro d'uomo che è l'operaio salariato abbiamo costruito il nostro cimitero organizzativo. Spogliato dei suoi connotati complessivi l'operaio cattolico permetteva di essere unificato ai suoi compagni socialcomunisti senza creare problemi o imbarazzi. Proviamo a guardare il processo di unificazione sindacale da questo punto di vi- sta e ci renderemo conto che questa ipotesi organizzativa è divenuta praticabile soltanto quando noi abbiamo autonomamente raggiunto un sufficiente grado di impoverimento dei tratti tipici e spigolosi della nostra cultura d'origine. Quando ci siamo garbatamente laicizzati e civilizzati. Ad un certo punto del nostro cam- mino politico e culturale ci siamo resi conto che fra cattolici e socialcomunisti BibliotecaGino Bianco
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