l’ordine civile - anno II - n. 12 - 15 giugno 1960

b E Classe politica di ventura Caro Direttore, se c'è un luogo comwne radicato nelle masse italiane di ogni ceto sociale, è il seguente: la politica è un affare sporco. In coscienza non possiamo far risalire tale convinzione alla eredità del secolo di Machiavelli, perché del tempo del se– gretario fiorentino gli Stati europei hanno pro-gredito verso nuove considerazioni che oggi, fatte proprie dal comune cit– t(J]dino, permeano di spirito democratico - per esempio -– Inghilterra Belgio e Svezia; e cioè Paesi che nel secolo XVI non si scostavano troppo da tutti i rimanenti nell'accetta– zione di una prassi politica elegantemente senza scrupoli, dove il fine era tu.tto, anche se non sempre onesto, e d'ove i mezzi per raggiungerlo - e questi quasi sempre disone– sti - contavano poco. Non possiamo onorarci quindi di tale priorità e giustificazione storica. Infatti ci' fu un momento in cui l'idea machiavellica svaporò e i popoli -·· tranne i latini -- scelsero nuovi e più nobili corollari: questo ac– cadde all'epoca di quel fermento ottocentJesco di libertà che germinò le costituzioni e diede all'uomo un principio di di– gnità. La -chiave ,di volta che preparò un nuovo tipo di uomo non fu tanto l'illuminis,mo, ma piuttosto l'o_ttocento. L'illu– minismo razionale-ggiante fu soltanto una reazione, reazione affrettata se molti giudizi e molte conclusioni dovettero es– sere rivisti. Invece l'ottocento ,delle costituzioni e deUa mac– china a vapore maturò l'uomo nuovo in tutta la pienezza allo- ra raggiungibile, assicurandogli un equilibrio che favorì lo ulteriore raggiungimento di gradi più vicini a quello • che ·dovrebbe essere ,-- secondo i cattolici - l'uomo della Civitas Dei. Perché l'ottocento italiano non formò l'uomo nuovo? • Da noi l'ottocento si chiamò Risorgimento, ep,però fu anche l'originé della convinzione che la politica - intesa come scienza e appan,'i,aggio di privilegiati - per gli altri, per le masse, è una faccenda sporca, un pessimo affare. Sorge così, cementato dalla stessa unità d'Italia, il dua– lismo governo e popolazione in sudditanza o meglio Paese ufficiale ( apparato politico, partiti, votazioni, deputati) e Paese reale ( indifferenza, trasformis,mo). Per tutti coloro -– si dice - che non godano ammissione nel ristretto circolo di personalità, clientele, giro di raccomandazioni, gerarchie di ras notabili, per tutti co,storo la politica è un cattivo af– fare: meglio assumere un atteggiamento di indifferenza, se non addirittura di difesa. Atteggiamenti simili ci hanno valso i governi Giolitti, Facta, Mussolini e gli attuali della con– tradanza democristiana. L'equivoco che in Italia ha fatto sorgere la duplica– zioroe di Paese reale e Paese ufficiale affonda le sue origini '-- per colmo -di contraddizione - proprio ne-l Risorgimento che -· fatta eccezione per sporadici casi di partecipazione volontaria - non fu assolutamente un fatto popolare, cioè -non interessò tutte le classi sociali. Si trattù di fatti diplomatici. Masse agenti furono solamente una parte degli aristocra– tici ed i borghesi. Pe~ ridurre a termini più semplici: la poderosa, pionieri~tica classe dirigente piemontese.· l'abilità diplomatica di Cavour. Senza tale piattaforma Garibaldi stesso sarebbe rimasto un teorico rivoluzionario come 11,faz– zini. Tutto il resto - volontarismo degli studenti, patrioti, eccetera - costituì l'apparenza, -a volte lo strumento. però mai con peso determinante. La classe dirigente piemontese compì volutamente un errore, nel prendere l'iniziativa della unificazione ,dello Stato: preferì non comunicare troppo il proprio entusiasmo alle classi cosiddette inferiori: quasi si trattasse di spartire una torta e che quindi fosse preferibile essere nel minori numero po.çsibile. O forse perché -- fra tanto rumore - si temette che gli avvenimenti potessero prender la mano. Ecco perché contadini operaii e artigiani non capirono il momento storico. Dove vi fu preponderante partecipazione popolare ( Sicilia e, in misura minore, Lom– bardia) ciò fu dovuto non tanto all'esatta valutazione degli e.ffettivi interessi, quanto a reazione verso occupanti vessatori. Da quell'epoca germogliò nello Stato una sovrastruttura piemontese che si arricchì -con l'apporto di aristocratici e borghesi ,degli statarelli annessi, e formò la base della classe politica italiana. Dico classe per intendere non più rappre– sentanti al servizio dell'una o dell'altra categoria sociale, ma appunto una vera e propria classe, aggiunta a qµella nobiliare alla borghese all'operaia alla contadina. In essa affluirono da tutte le parti notabili e clientele e si formarono presto le varie articolazioni: ministeriali, par– lamentari, funzionari per la pletora di nuovi enti, specula– tori delle aste delle banche degli appalti. Il consolidamento fu presto avviato da tutto un sistema a circuito chiuso clu~ possiamo paragonare ad una ,consorteria. Ufficialmente -- ed in alcuni casi realmente - i politici rappresentano deter– minati interessi: gli armatori hanno i loro rappresentanti, gli elettrici i loro, -e così via, militari, banchieri, clero. Ma non deve credersi ,che effettivamente armatori ed elettri-ci possano contare sempre su determinati difensori d'ulficio a servizio incondizionato. Tale è la confusione che il deputato eletto per interessamento - diciamo di un Lauro può oggi anche "impazzire" ( per usare un termine ,di fantascienza) appunto perché dopo questo originario rapporto . ne incon– tra altri, per lui di eguale importanza: l'apparato generale de-I partito, la discip.lina ,di corrente, la mutua connivenza coi colleghi di altri gruppi poltrone e partiti ( che per ra– gioni sentimentali di colleganza o casta in determinati mo– menti di incandescenza politica gli sono più vicini, essendo nelle sue stesse condizioni di mestiere). Accade allora lo sfasamento nei partiti, nei gruppi, nelle correnti, per il con– tinuo intrecciarsi di rapporti ,contrastanti: e .tutto questo come nell'iperuranio platonico, al di sopra del Paese reale, in un mondo nettamente di1Jtinto, che è il Paese ufficiale. A i politici si accodano anche altri numi, pure est;i senza al– ·cun legame con la realtà della Nazione, e -cioè1gli intellet– tuali: e vivono nei rami alti, magari c'!;!Yidi - i "!eno furbi - di rappresentare veramente ~tato in tutte le sue qualificnzioni. / . Ora tutto ciò - div~essoché focontrollabile fi· nanche per gruppi sociali e gruppi di interessi industriali fi– nanziari e spirituali - determina sfiducia. Determina sf idu– 'Cia tra le masse ( commenti ironici sulle crisi di governo, indifferenza), ma la determina finanche tra le classi che a ragoin veduta hanno creduto -di favorire questo a quel pàr– ·tito, questa o quella corrente. Tanto che anche costoro ( a meno che siano essi stessi personalmente e attivamente nel giro) concludono col postulato qualunquista del piccolo bor– ghese : la politica è una faccenda sporca. Ne consegue sfidu– cia nelle istituzioni parlamentari e si cristallizza sempre più la situazione denunciata dall'on. Merzagora. A questo punto devo ,chiarire un concetto : il fatto che un gruppo di industriali abbia - o tenti di avere - suoi rap– presentanti nell'apparato ufficiale dello stato non è indice di malcostume o di corruzione. E' normale. Com'è normale che gli operai abbiano - o tentino d'avere -· loro rappre~ sentanti di fiducia, che non possono essere certo qffegli stessi degli industriali. Ed i contadini i loro.

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