l’ordine civile - anno II - n. 11 - 1 giugno 1960
pag. 10 Là -dove la mozione finale, indican– do chiaramente alla d.c. il compito di eludere deliberatamente i problemi p-iù scottanti dell'attuale momento po– litico, in nome di un preteso diritto del partito di maggioranza a non for– zare ed orientare il corso delle cose in Italia, riafferma la volontà di muover– si secondo una pura e semplice valuta– zione dell'utile immed-iato, qua,nd'an– che tale modo di operare ad altro non dovesse portare se non all'aggravarsi di quello stato di disagio che già da alcuni anni pesa sulla situazione ita– liana. I compiti sono ben distribuiti, all'in– terno della maggioranza e della minQ– ranza, ·per concretare tale norma nella prassi politica. Moro e Fanfani tirano a zero sulle destre, ma Segni, Rumor e Colombo bilanciano tale azione con contrastanti giudizi sulla funzione del PLI ed i monarchici democratici. Mo– ro e Fanfani giudicano in piena ma– turazione il processo di democraticiz– zazione del PSI e la cc palude >> dorotea bilancia tali giudizi con parallele n– serve. E per situazioni di emergenza _vi so– no pronti i rincalzi della appendice mi– noritaria della maggioranza, pronti a sostenere in campo aperto le eventuali soluzioni di rottura che si imponesse– ro: le destre di supporto della frazio– ne « dorotea » sono disponibili per aperte soluzioni di destra, le sinistre di supporto della frazione Moro-Fanfani sono disponibili per aperte soluzioni di sinistra. Ed il partito nei suoi iscritti ed il cor– po elettorale, assistono frastornati e passivi a tale girandola di manovre e contro manovre. Gli ottimisti ad oltran– za, -nonostante tutto, si aggrappano an– co1·a alla speranza che il chiarimento definitivo è stato rimandato arl otto– bre, che la classe dùigente d.c. ha pre– ferito oggi ripiegarsi su se stessa per rimettersi in sesto in vista delle batta– glie di autunno. E chi pensa questo è un illuso. La classe dirigente d.c. ha ben chiara una sola cosa: quella di es– sere legata ad un'unica cordata, che si fa forza di ogni suo componente. I cosiddetti uomini di sinistra sanno perfettamente di aver bisogno di una rseudo opposizione di destra all'inter– no del partito per poter giustificare, a sinistra, il loro lento procedere verso soluzioni da quella parte auspicate, e per poter, nel medesimo tempo, conti– nuare a calamitare l'elettorato di de– stra, su cui fondano gran parte della forza politica e parlamentare, che dà loro il potere. I cosiddetti uomini di destra, sanno perfettamente di aver bisog·no cli una forte ala sinistra, senza la quale sareb– be loro impossibile ricattare quotidia– namente ben individuate forze politi– che ed rconomiche, che contribuisco– no a rafforzare le loro posizioni all'in– terno del partito, in funzione della lo– ro partecipazione al pot~re. L'unico scossone a tale situazione di equilibrio statico e dinamico allo stes– so tempo. potrehbe darla il eorpo elet– torale,. ed una forza extra partitica che si rendesse veramente conto che tale procedere della d.c., conduce diritto al disastro nazionale. :3ulla relazione dell'on. Moro torne– remo con più calma. Gli interventi si son mantenuti entro uh quadro cli equi– voco, in pieno rispondente alla strate– gia globale sopra rilevata e non sussi– stono particolari segnalazioni, fatta ec– cezione per il xigoro o intervento del– l'on. Gonella, voce cla~ante nel deserto. INDIA Problemi del Kerala La vittoria elettorale della concen– traz[one centrista, che ha dato cento seggi agli anti-comunisti, lasciandone ventisei ai sinistri, ha rischiarato la si– tuazione di quella che era stata de/ ini– ta la testa di ponte del comunismo in India e nell'Asia centro-sud. Però una volta preso atto di tale apprezzabile ri– sultato la stampa in'tèrnazionale si è immediatamente disinteressata del Ke– rala, come se tutto ormai fosse risolto. Resta invece ora forse il più, perchè la vittoria sia durevole ed efficace. Esaminiamo quindi i problemi che il nuovo governo keraliano si trova ad ~f– frontare e che costituiranno il banco di prova della sua efl,icenza. Il Kerala, sebbene il più piccolo de– gli Stati della Unione Indiana, è costi– tuito di una terra fertile, che si stende lungo la costa del M alabar ed è abitata da una popolazione sovrabbondante: mille persone per kmq. Consideriamo che una cultura anche intensiva può al massimo nutrire una densità demogra– fica di trecento persone per kmq. E' evidente quindi che il primo grosso pro– blema è quello della miseria e addirit– tura della fame. Con tale situazione la popolazione in tre anni si è accresciuta di due milioni, passando da quattordici a sedici milioni di abitanti! D'altro lato il livello culturale di que– sta popolazione è superiore a quello del– le altre parti dell'India, e ciò fa com– prendere come essa sia aperta sia all'in– flusso cristiano come purtroppo anche a quello marxista. Il cattolicesimo vi è diffuso più che altrove contando tre mi– lioni e più di fedeli, divisi nei tre riti: latino, siro e malabarico. In alcuni cen– tri urbani i cattolici raggiungono l' ot– tanta per cento e frequenti sono i san– tuari cristiani, che danno al paese una particolare ,fisionomia. 1 Il comunismo ha tr~vato la sua base di irradiazione nell'ambiente universi– tario, che come ogni altra categoria so– ciale, giace in miseria e fermenta nella elaborazione di soluzioni alla grave cri– si sociale-economica del paese. L'osser– vazione che il governo al potere non portava alcun miglioramento alla situa– ziòne del Kerala indusse il ceto intel– lettuale a farsi portavoce e propagan– dista del comunismo fino a portarlo al– la vittoria del 1957. Però anche i co– munisti, nonostante tutto il clamore l'ordine civile propagandistico e alcuni gesti spettaco– lari, non riuscirono a portare alcun con– tributo costruttivo, sicchè ne venne la crisi che ha condotto alla loro sconfitta. Soprattutto un gesto errato fu la ma– nomissione dell'apparato scolastico, che nel Kerala è in grandissima maggioran– za di origine confessionale e qualitati– vamente in esso è in testa l'elemento cattolico. Il fatto destò reazione, a que– sta il governo oppose la violenza, poi il terrore: fu la sua sconfitta. I dimo– stranti, _di ogni fede, ebbero alcune die– cine di morti e migliaia di arrestati, fra i quali numerosissime le donne. Que– sti gravissimi fatti, ancor più sentiti nel paese della non violenza, dettero agio al governo centrale di Nuova Delhi di intervenire sciogliendo la compagine go– vernativa, che non poteva più reggersi. A questo fatto essendosi uniti altri due elementi di politica internazionale, qua– li l'esilio del Dalai Lama e la pressione cinese ai confini, la tendenza anticomu– nista si rafforzò talmente che portò con facilità al rovesciamento, a mezzo di li– bere elezioni, del regime comunista. I cattolici in tutto questo movimento han– no avuto la loro parte coraggiosa e de– cisa; oggi essi hanno quindici deputati. D'altro lato occorre ben tener presen– te un altro fattore, che di vie.ne esso pu– re un problema di politica interna. La sconfitta comunista non è stata l'effet– to di un c~dimento o di un ravvedimen– to dei sinistri, ma della coalizione di tutte le altre forze sia di differente cre– do politico che religioso. lnf atti è mol– to importante ricordare che i voti co– munisti, che nel '57 erano 2.300.000, nel febbraio scorso, sono saliti cli anco– ra di un milione. Il comunismo si è quindi rafforzato dopo la sua pur sf or– tunata esperienza e lavora a minare la compagine e il programma del nuovo regime. Lo sviluppo dei sinistri non si deve attribuire al fascino del marxismo, ma piuttosto all'impellenza della soluzione del problema fame. Un terzo della po– polazione appartiene alla basse caste e queste hanno trovato finora un dif en– sore solo nel comunismo e per quello hanno quindi votato. Sapranno gli hin– dù vincitori, che appartengono a caste medie e a.lte, mutare atteggiamento? La propaganda hindù, musulmana e cristiana per togliere voti al comunismo ha ottenuto risultati soltanto nel setto– re cattolico: i poveri che avevano, sep– pur cattolici, votato con illusione per il comunismo, si sono ritirati dall'errore, ma sono stati gli unici. Non basta evi– dentemente una propaganda politica, ma occorre un'azione di governo effi– cacemente concreta per mutare l'atteg– giamento dei non abbienti. Occorre quindi un governo che si im– ponga una severa politica di sviluppo economico e di massimo impiego dei di– soccupati. Siccome però il Kerala non ha le risorse sufficienti per rialzarsi dalle sue infelici condizioni si impone un'altra soluzione, almeno parziale: la ricerca e la negoziazione di aiuti dal di di fuori. Non crediamo che il resto del-
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