l'ordine civile - anno II - n. 8 - 15 aprile 1960
l'ordine civile civiltà occidentale ed una delle più fon– damentali ragioni di coesione sociale. A nessun uomo di buon senso sembra evidente che il matrimonio non è fonte soltanto di diritti, ma anche di doveri che avviamente comportano ,dei sacrifi– ci. Ma in .fondo si possono respingere su un piano razionalistico le estreme conseguenze cui si è giunti in Svezia? No, di certo; accettando certe premes– se errate, non ci si può fermare a metà strada, e prima o poi si debbono sop– portare tutte le conseguenze e tutte le degenerazioni. La verità è che il matri– monio è un episodio della vita umana che si svolge nel quadro delle leggi na– turali e rivelate. Il divorzio contraddice a queste leggi e, anche al di fuori della rivelazione cristiana, è fatto ,deprecabi– le e antisociale. E' inoltre una materia sulla •quale non sono possihili compro– messi perc·hé una legge naturale o vie– ne rispettata o viene violata. Così, in questo Paese, dopo decenni ,di progres– so economico, ·dopo un seçolo e mezzo di pace, dopo tante audaci espérienze sociali, in nome ,di egoistici interessi personali, male mascherati sotto u~ fal– so sentimentalismo da fumetti, si com– piono non solo gravi ingiustizie, come quella •di togliere una figlia ad un ge– nitore innocente, ma anche più gravi delitti •contro natura. Sono questi vantaggi ,della più progredita civiltà. P. P. Gassman non si muo'!e La pro•paganda remota del << Teatro popolare italiano'» creato e diretto ,da Vittorio Gassman fece perno su tre mo– tivi, ampiamente illustrati in confe– renze-stampa e interviste, spiegati al puhblico con dovizia di particolari da • quindicinali, quotidiani e riviste, che giustamente non potevano non ·pla1,1di– re ad una iniziativa· così coraggiosa, nobile ed utile. I tre motivi erano : la creazione di un· Teatro: I) popolare, 2) economico, 3) trasportabile anche in piccole città. A distanza di un mese a•b– bondante dalla realizzazione è possibi– le un primo bilancio : il Teatro-Circo è nato come un mastodontico fungo dal sottobosco di Villa Borghese, un fungo abbondantemente addobbato di scritte ed immagini pubblicitarie; ha messo in scena l'« A,delchi >>di Alessandro Man– zoni, opera alla ·quale se· c~è un agget– tivo che rip-µgni è •quello di « popola– re n, ha registrato diversi cc esaurito >> imputa•bili alla capillare µronaganda ed alla vasta popolarità di Gassman. Non c~è che da rallegrarsi per il suc– cesso dell'iniziativa, anche se la scelta dello spettacolo ,inaugurale non è sem– brata molto felice. Ma il notevole an– porto della scenografia e !:intrusione di « 4 cavalli 4 n hanno movimentato la fosca vicenda nella quale il Manzoni non profuse la sua consue.ta cristalli– nità ma in cui usò un verseggiare fi,. ticoso, molti 1 plicò personaggi non dif– ferenziati e non necessari,_ sosti-tuì la narrazione all'azione. Dando per buona la prima -delle tre « autoqualHiche » del T.P.I., non si pos– sono però passare sotto silenzio le altre due : economico e trasportabile. Il prez– zo del biglietto è ,di 1500 lire per le poltrone e di 500 lire per la gradinata non numerata. Alle quali occorre ag– giungere le maggiorazioni per gli spet– tacoli festivi ed il guardaroba. Se si pensa che i cc loggioni » ,dei teatri ro– mani ( in cui lo spettatore usufruisce di poltrone più comode, ,è piiÌ vicino al palcoscenico, sente. meglio) hanno un prezzo variabile dalle 200 alle 4Ò0 lire, la economicità del Circo « Gassman » appare illusoria. L'interesse dell'i-n:iziat·iva consisteva in buona parte nella intenzione di al– largare il puh:blico di prosa italiano portando il teatro a contatto· ,di quei grossi centri di provincia, di quelle cit-. tà che ne sono ahitualmente prive. Ma il Teatro Po•polare Italiano si è im– provvisamente accorto, una volta mes– sosi in piedi, di essere troppo •grande e pesante. Macchinoso com'è sarà pro– blematico che riesca a muovere un· pas– so. D'altra parte, ric-hiedendo un pe– riodo molto lungo per essere montato, e •quindi delle permanenze piutto,sto prolungate, dove troverebbe 3000-4000 persone, fosse anche per una sola set– timana, nei nostri grossi centri di pro– vincia? Così Roma avrà un teatro di più, ab– bondantemente finanziato da enti sta– tali, pubblici e privati, e la provincia potrà consolarsi con i romanzi sceneg- giati della T.V. "• D. L. Le università e gli uomini Dopo il convegno di Assisi, organiz– zato da ,don Giovanni Rossi, i professo– ri universitari si sono riuniti di nuovo a Bologna, nel convegno organizzato dal « Mulino » per ~iscutere i problemi dell'or:dinamento universitario. A dar lustro all'iniziativa, oltre il Capo dello Stato e il ministro della P.I., erano in– tervenuti, fra gli altri, gli onorevoli La Malfa e iMdfatti. Le tesi esposte non hanno brillato per soverchia novità : ma conviene one– stamente· aggiungere che all'orizzonte della nostra scuola non c'è nulla di nuo– vo se non l'ormai monotono. piovere di accuse sui professori che, con tutte le debite eccezioni, ogni concorso rivela sempre più impreparati, talvolta addi– rittura ignoranti, in una misura che sfio– ra i cornfini del ridicolo spesso supe– randoli. ,Puhblicazioni ufficiali e pam– phlet privati ci hanno ormai detto tut– to ( o qua.si) sull'argomento e se scuo– tere la testa piangendo sulle rovine del– la· Patria non serve a nulla, ancora me– no servono leggi e riforme finché la si– tuazione non viene affrontata alle ra– dici. A Bologna si è detto, fra l'altro, che converrà distinguere i titoli in accade– mici e professionali; che non bisogna .aprire indiscriminatamente nuove uni– versità; che quelle esistenti vanno po– ten~iate; che è necessarfa una ma·ggiore pàg. 21 , sele!llione; che gli studi scientifici han– I! no bisogno ,di adeguate attrezzature e ··via discorrendo. Verità sacrosante che nessuno ha vo– glia di discutere: ma tutte queste c9se potranno esser fatte e realizzate in un brevissimo volgere -di tempo e senza •che la situazione cambi di una virgola.' Le leggi ,possono sancire ciò che nella società esiste : non si è mai visto che una legge crei un nuovo costume : è ve– ro anzi il contrario. E finché nel nostro Paese il costume è quel che è, non c'è piano decennale ( per quanto apprez~a– hile) -che basti. Il difetto è più in là: è nell'uomo, nel suo disprezzo per il sapere che non abbia un fine grettamente e immediata– mente utilitaristico, nel suo tendere al cc particulare », nell'educatore che ,dit mentica di aver ,davanti delle ani~e e dei cittadini e si limita a frantumare nozioni distr:attamente, come vendess~ bruscolini e noce di cocco, nel profes-· sor:e che deve pensare a mille altre cose più redditizie e dedica alla •scuola il tempo (e non la coscienza) strettamente necessario, '(e, spesso, nemmeno quel– lo) nel professòre che si ·considera un •professionista bistrattato dallo Stato e non un educatore. I giochi ,di bussolotti non servono a nulla, eludono il pro.blema e non lo· ri– solvono: e il problema, ripetiamo, è tutto ,.qui. Esso nasce, tra l'altro, dalla concezione rigidamente illuminista che regola e governa la nostra scuola. E que– sto ·<< impasse » si supera in un solo mo– do, facile ad esprime]'.si, difficile a rea– lizzarsi : un supplemento di a.nima, ec– co ,quel che occorre alla nostra scuola. La radice di tutto è l'uomo. Se cambia l'uomo cambieranno anche le strutture. Altrimenti è tutto inutile. Quanto tem– po è passato da ,quando Péguy avverti– va, quasi profeticamente, che « la rivo– luzione o sarà morale o non sarà >>?Fin– ché ·questa elementare verità non sarà diventata coscienza comune, il tempo che passerà sarà tutto tempo sprecato. Ci ritroveremo fra dieci o vent'anni da assistere a-d un convegno organizza– to da don Giovanni Bianchi, ad un al– tro predisposto da Il Frantoio, cui in– terverr'anno, a dar lustro, il Capo del– lo Stato, il ministro della P .I., i soliti onorevoli La Malfa e Malfatti. G. B. Il gusto dell'eterodossia E' un luogo comune ormai indiscus• so che la coscienza -dell'intellettuale mo– derno sia coscienza cc critica ». Figlio dell'illuminismo e del qualunquismo spaziale l'intellettuale d'oggi ( special– men te quello di « sinistra ») riesce ad affermare la propria dignità solo ne– gando ogni possibile verità totale rifiu– tando { come essi dicono) ogni «dogma», eccetto uno, però, la fiducia cieca ed incrollabile nei « 1umi » ·della ragione e negli attualissimi frutti, specialmen– te scientifici, della speculazione .ra– zionale. Crediamo clie questo tipo 'di intellet•
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