l’ordine civile - anno II - n. 1 - 1 gennaio 1960

l'ordine civile Letteratura e foÌklore Gli scrittori di viaggi - fatta ecce– zione dei più avveduti - partono dì solito èon idee spregiudicatamente an– ticonformiste· e se ne tornano col tac– cuino denso di spunti polemici e di for– mule politiche. Esattamente il contra– rio accade a quegli scrittori amanti dì quel genere letterario che va sotto il nome di « letteratura a sfondo sociale », in cui il popolo è chiamato a sostenere il ruolo di protagonista. In essi, solita– mente, la polemica politico-sociale non è mai un punto d'arrivo, ma sempre' una· sorta di necessario presupposto, quasi un motivo ispiratore. E fin qui nulla di strano, chè, male· che vada, se gli spunti polemici e i preconcetti del– l'autore non riescono ad essere superati e - diciamo pure - trasfigurati ( co– me avviene in ogni opera valida), vien messa in forse la capacità ·dello scrit– tore e catalogata tra le ccmancate » la sua opera. Il guaio è che, dopo la let– tura di tali libri, si traggono conse– guenze e si formulano giudizi sullà vita di quel ccpopolo >> che, come abbiamo detto, è il personaggio più importante di certi romanzi e autobio,grafie. L'errore, beninteso, non deriva dal considerare - poniamo - la figura del .cccafone » meridionale più o meno ; rozza » o la sua vita tradiziona.le più o meno ccprimitiva » o ccarretrata », se: condo come l'autor~ l'ha sentita e -de– scritta; bensì dal pretendere di trarre conseguenze obbiettive da dati che per loro natura obbiettivi non sono. .Il folklore quale appare dalle pagine di un romanzo { e inteso, naturalmente, nella seconda accezione del termine, co– me insieme di usi, costumi, credenze, ecc.) non è - e non può essere - il risultato di una inchiesta rigorosamen– te scientifica, in virtù della quale la vìta tradizionale • del popolo risulti quella che è nella sua realtà sto.rica ;•e ciò per il semplice motivo che il ro• manzo, anche quando tratta di folklo– re, re.sta un'opera di fantasia ( e i fatti in esso narrati vengono sempre altera– ti, anche quando trag,!?:ono origine o ispirazione da situazioni realmente ve– rificatesi) libera dai freni del ccmeto- •do » che è proprio dell'opera scientifi– ca. Così, mentre allo scrittore non pos– siamo rimproverare di aver dato vita ad un mondo fantastico e, quindi, non corrispondente alla realtà, allo studio– so invece imputiamo proprio il travi– samente .della realtà e il _mancato - o fals.ato - inquadramento dei ccfatti » nella loro giusta luce. Questo .folklore ccfalsamente » inteso ( cioè come spunto letterario e non, nel rigoroso significato del termine, come « scienza del popolo ii) è stato o~getto recentemente di un interes!;\ante lavoro di un noto folklorista, Giuseppe Coc– chiara ( 1 ccPopolo, e letteratura in Ita– lia », Milano, 1958); l'autore, anche se non si pro-pone esplicitamente di mo– strare la sostanziale differenza tra let– teratura e folklore, questa tuttavia ri– sulta evidente nelle pagine che trattano b_ib 10ecag1n neo. del ,ccgusto del popolare », di quella tendenza, cioè, ad innalzare, i:ielaboran– dole, le voci del popolo, nell'ambito _della letteratura dqtta. Appare evidente, dopo quanto abbia– mo detto, che è lecito parlare dì fol– klore nei confronti di un'opera lettera-· .ria, così come si può parlare di storia rispetto a un romanzo storico; restan– do sempre ferma, in tutt'e due i casi, la distinzione tra opera letteraria come prodotto individuale-soggettivo e quella scientifica come risultato di un lavoro ~minentemente oggettivo. Notevole è il numero delle opere 'ispi– ra.te 1alla vita del pop~lo ( basti ri– cordare per tutti • alcuni autori che vanno dal Manzoni al Verga, dai D'Annunzio al Capuana) ed è facile vedere in esse la metamorfosi che su– bisce il fatto folklorico per virtù della fantasia del poeta o dello scrittore. L'e– sempio più incalzante lo fornisce la tra– gedia -dannunziana ccLa figlia di Iorio», in cui la gente d'Abruzzo con• i suoi usi e costumi, con le sue super~tizioni e credenze; è trasferita in un mondo tan– to lontano quanto irreale; e anche se lo scrupoloso informatore del poeta fu l'e– merito fo1'kl6rista abruzzese Antonio De Nino, il dramma resta ,solo e sempre un'opera di poesia; anzi il valore di esso sta proprio in quella trasfigura– zione dei personag-gi, nei quali il poe– ta fa rifluire la mitica millenaria vita della stirpe. Ecco le parole che Lazaro di Roio rivolge al figlio Aligi : cc Io so– no tuo padre; e di te / far posso quel che m'aggradà, / perchè tu m·i sei co– me il bue / della mia stalla, come il badile / e la vanga. E s'io pur ti vo– glia / passar sopra· con l'erpice, il dos– so / di romperti, be',' questo è ben fat– to. / E se mi bisogni al coltello / un manico ed io me lo faccia / de.I tui;, stinco, be', ,questo è ben fatto; / per– chè io son padre e tu figlio, / intendi? E a me data è su te / ogni potestà, fin dai tempi / dei tempi, sopra tutte le leggi ii. Se prendiamo· alla lettera il brano citato, senza tener debito conto -dell'at– tività fantastica del poeta, dobbiamo dedurne che la potestà del padre sùl fi1dio, in Abruzzo, è ( o era) quanto di più primitivo si possa immaginare: il che non risponde a realtà, quantunque , ai tempiin cui il poeta e il folklorista abruzzesi scrivevano ( e in parte anche oggi), il capo della famiglia è autocra– te e legge la sua volontà. Molti usi la cui esistenza viene as– serita in maniera affatto gratuita, son risultati, in sede folkloristica, pu~o frutto ,di immaginazione; l'esistenza in Sar,degna della accabadoras - donne che avrebbero esercitato l'ingrato com– pito di accelérare l'agonia dei malati sofferenti, -colpendoli con una mazza sulla testa o addirittura soffocandoli con guanciali - altro non è che una mera leggenda. Un 'altra illazione del tutto ingiusti– ficata, dovuta spesso a preconcetti, e che offénde la Teligiosità del nostro po- pag. 21 polo ( religiosità indissolubilmente uni– ta ~Ila sua vita quotidiana) è quella se– condo cui la vita tradizionale di questo <C volgo » - con_ particolare riferimen– to a quello meridionale -, per alcu– ni suoi aspetti sarebbe pagana. Non sta-. remo qui ad elenca1·e le formule di scongiuro contro streghe e demoni o le preghiere per preservarsi dai mali e ·al– lontanare' i contagi; ma, basta scorrere una qualsiasi raccolta di folkloristi più famosi di convincersi esattamente del contrario; ed esaminando solo il set– tore ccsuperstizione », senza to·ccare mi– nimamente il campo della poesia reli– giosa popolare che costituisce la testi~ monianza più tangibile ,del sentimento religioso del popolo. • .Questa taccia di paganesimo è dovu· ta sovente ai risultati stessi cui fino • àd oggi son pervenuti gli studi. E' vero che il folklor-e per certi suoi aspetti si ~onda su miti e costumanze pagane, ma e altrettando vero che quale esso ,oggi appare non lascia più trasparire il suo substrato originario. Tra il mondò pa– gano e la civiltà moderna ci sono qua- si venti secoli di Cristianesimo, duran• te i quali la Chiesa ha svolto una in– cessante opera riformat~ice e formatri- ce, costantemente volta ad indirizzare tuue le azioni umane ad un fine più nobile ed elevato, affatto diverso a quello del mondo ·pagano. Ed il fol– klore nel suo aspetto odierno reca que- ' sta impronta stamp.atagli per secoli, tanto che non è sempre facile distin– guere tutto ciò che è residuo pagano da tutto ciò che il Cristianesimo ha por– tato· di nuovo, combattendo le antiche forme di superstizione fino a privarle del loro originario significato. Così non è difficile constatare l'ine– sistenza ormai di un relitto di p·ao-ane- . " simo per quel che ·riguarda l'uso dei rami d'ulivo nella domenica delle Pal– me, per i quali il Vari Gennep richiama le offerte che degli stessi rami i greci solevano far.e agli atleti .vincitori di Olimpia e i romani ai vittoriosi in guer– ra. Non è chi non veda quale sia sem– pre stato il significato simbolico della pianta, e senza •perderci in citazioni daI Vecchio Testamento ( basta ricordare la colomba dell'arca -che torna col ramo– scello d'ulivo) e neotestamentarie, ri– cordiamo soltanto il posto particolar– mente importante che essa ebbe nella simbologia cristiana dei primi secoli. Ma il fol'klore è una forza viva la quale, proprio perchè tale, si mo-difica e si rinnova cambiando •o eliminando 'quelle forme e quelle manifestazioni •che sono morte o superate. ,E anche in questo processo attua,le -di •rinnovamen– to, la Chiesa apporta il suo valido con– 'tributo : l'abito •bianco della sposa pare, secondo alcuni studiosi, che sia stato raffoTZato dal dogma relativament~ re– cente d-ell'Immacolata Concezione. Ora, se la definizione di folklore pa– gano presuppone, come ogni altra,· un giudizio, se ne deduce che, nel nostro caso, ,esso non tien minimamente con– to ~elle .trasformazioni e dei mutamen-

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