l'ordine civile - anno I - n. 12 - 15 dicembre 1959
pag. 22 l'ordine civile ------------------------------------------------------------------ dizione sub-umana; quella del proletariato per esempio ... ostacola l 'ingres.so della graz,ia di– vina»? E' legittimo affermare che il santo « in nn mondo dove tutto si calcola e si prevedi! è il commesso viaggiatore de!l',imprevedibilc » che ha il compito di « far vedere e toccare lo spirito a,i nostri contemporanei che non cre– dono che a quel che si vede e che si occa » (pagg. 133 e 134)? Gesù •Cristo ha detto che ci sono coloro che « hanno occhi per vedere e non vedono », e che non ci sono, quinrli, strumenti per Tendere accettabile ciò che non si vuole accettare. Gesù non fa miracoli per convincere, ma la fede è invece richiesta per– chè il miracolo avvbnga. E non è credibile che siano la miseria e la mancanza di dimostra– zioni sperimentali ,del divino ad ostacolare • .oggi il cammino della grazia fra gli uomini. Piuttosto improvvise, e giustificate solo co– me esigenza psicologica di tenere il .g_iustomi:z– zo, giungono, quindi, affermazioni come que– ste; « Al lampeggiare degli incendi,· compren– diamo che la seconda venuta di Cristo si av- . vicina e, lungi dal provare _un terrore serviie, dobbiamo esultarne. A tempi di apocalisse, cri– stiani da apocalisse» ( pag. 145). E' forse quel- la dell'Apocalisse la .santità quotidiana e •non slraor-dinania che c9nsiste nell'osserv-are i « do– veri del proprio stato n, nel socializzare l'orga– nizzazione dell'elemosina, nel concepire la vit– toria sulla miseria come premessa necessaria dell'effondersi della 1 grazi~? Il capito-lo-inno di chiusura ci addita le folle fra-ncesi, le quali, all'abate Pierre che predica una crociata di carità, « .aprono non soltanto i loro cuori, .ma le loro borse » ( pag. 157), ÌYroclama giunto « il tempo del tutto e del ntiiJla, del lascia o raddoppia » ( pag. 162), e riafferma ancol'a una volta solennemente un « umanesimo dell'1omo totale » ( pag .. 170), qualcosa di non nuovo, ma soprallutto di non chiaro, che dovrebbe dare un 'a-ni1ua alla civil– tà del lavoro, della scienza e· della tecnica, in una parola a un mondo che ha già un'anima propria, magari un'anima perduta, perchè na– sce e si svolge da premesse ben precise e tra– gi·oamente lontane dalle premesse cristiane. Un umanesimo che è ambiguo, se finisce per par– lare -del « minimo di_ benessere e di sicurzza che permette .J.a vit,a dello spirito n ( pag. 177). Ma davvero dei cristiani possono pensare che la vita dello spirito sia condizionata dal be– nessere e dalla sicurezza? Non sono piutto,to il benessere e .la sicurezza ·le cose che saran– no date per « soprappiù » a chi cerca « il Re– gno _e la ~ta. eterna 1 »? . _ . . . . . Ricco d,, 1nteressanll notiz·1e su cond1z1om di fatto che ,possono indurre· alla meditazione, il libro del -Folliet non fo che girare intorno a una reaità- storica della quale ignora le radici, e ripropone così con un non giustificato tono di scoperta, formule risolutive che hanno già dimostrato -la loro inefficacia dinnanzi a una « cultura » persa nella sua solitudine e nella sua disperazione. E' inutile rispondere a ~ier– kegaard, a Nietzsche, a freud, a "Spengler, a Ka-fka, a Heidegger, a Sartre con una parola vecchia e vaga come « umanesimo n, con le consolazioni di una « geografia cordiale » o di una « analisi speU~ale >>- del nostro stanco mo– do di essere cristiani. Non basta -contrapporre a questi nomi un elenco degli illustri conver– titi degli ultimi anni, come fa a pagina 66 del suo libro il nostro autore. GIOSUE' GORINZI PRIMO SIENA, Le alienazioni del secolo. Edi– zfoni ,Cantiere, Padova, pp. 199, L. 950. Le linee direttive •del libro sono semplici. La riforma protestante, nella sua rivolta c~ntTo l'autorità della Chiesa di Roma, spez– za il ponte che unisce l'uomo a Dio. L'uomo, abbandona-lo a se stesso, si immer– ge nella immanenza e si trova ad affrontare d-a solo i problemi che gli pone la sua na– tura tarata d-alla ·colpa originale. Tali problemi si incentrano nella necessità ib10eca 1nob1anco viÌale di trovare- un elemento di sintesi tra l'anelito cli libertà del singolo e l'esigenza pro– pria della condizione umana, che per essere « sociale " irnpo·ne una norma ed una legge, pena il dissolvimento della lrbertà in una lot-– ta simile a quella della •giungla. Il fondo cristiano e cat-tolico della società med,ievale - che ,poneva il fine ultimo del– l'uomo e della società fuori della Storia - ope– rava una sintesi completa E.ra libertà e socia– lità; là dove l'autorità civile, deriv~nclo la fonte del dirillo non ,dall'uomo ma da Dio, tramite la Chiesa era chiamat,a ad operare come « instrumentum Dei ». • Ma tale caraHeristica, unita alla_ mancanza di un finalismo assoluto temporale, poneva li– miti precisi al suo diritto di organizzare le comunità; limiti che si arrestavano avanti ai dirilli ed alla libertà ,del. singolo uomo_ di or– dinare la sua vita nel modo più conforme per merit~re il compimento positi•vo del suo itine– rario te11reno; fuori della storia, nel reg-;,_o di Dio. E' in tale quadro che l'autorità civile appa– re non già l'elemento determinatore ma la forza garante e mediatrice delle forme auto– nome cl,i organizzazione sociale delle coum– nità. E la Chiesa, dispensatrice dell'autorità in nome di Dio, non esita a scendere in campo per contrastare l'autorità civile, quando que– sta venga meno alla sua funzione, -nel tenta– tivo di secolarizzarla per fini egoist,ici di pote– re temporale. La lolla· imposta ad un cerio momento dalla Chiesa all'Impero, storicamente ha q"uesto si– gnificato. La rivolta protestante è la matrice del dram– ma in cui si diballe la civiltà moderna. Liberalismo e contrallualismo prima, marxi– smo poi; tentano cli sostituirsi, sul pi-ano della immanenza, alla visione dell'uomo e della sto– ria cleri.ante dall'ortodossia callo'lica; che nel suo finalismo trascendente operava una sinte– si comple~a di libe:rtà e cli autorità, e quindi di giustizia. Ma i primi due concludono con -la « alie– nazione " ciel rello principio di autori•tà, e quindi dri giustizia, in una astraila visione di libertà. Visione di libertà che si riduce alla libertà dei più forti sui deboli ; che con su– pina e mortificante accellazione della loro con– d,izione devono glorificare lo spirito di quella falsa libertà. II marxismo conclude con la « alienazione» del principio di libertà, in nome di una auto– rità che. per risolversi in giustizia chiede al– l'uomo il dissolvimento della sua pei,sonalità nella entità indifferenziata dello Stato collet– tivista, che tale dissolv,imenlo pone alla base della sua edificazione. L'autore chiude la parte a-nalitica e critica del libro con un caldo richiamo alla perenni– tà dei valori cristi-ani e ca'llolici tradizionali, come unica fonte a cui l'uomo deve tornare per risolvere positivamente le contr,addizioni in cui l'ha precipitato l'abbandono della via maestra tracciata dalla Chiesa. Già un pregio del libro è dato dalla larga e precisa documentazione con la quale l'autore conferma e puntualizza le sue tesi. Altro pregio è cla-to daHa chiarezza dello stile, a cui non guasta un sincero calore e pun– te ·di appassionata polemica. Ma l'aspello più positivo del lavoro è da ricercarsi- nelle conclusioni, ohe non si fer– mano ad un estetico e letterario tentativo di contrapposizione della « civitas » medievale al mondo moderno ( alla Beloc de « La -crisi della civiltà » per intenderci). • Qualche sottolineatùra ·del motivo « tradizio– nalista »·ed « -aristocratico » potrebbe fare so– spettare una simile indulgenza al centro della trattazione. Ma il richiamo finale all'impegno eivile dei cattolici - trailo dal messaggio nata'lizio del 1955 di S.S. Pio XII - posto come base per una azione che intenda operare un'autentica --trasformazione in senso cnshano della società, risolve in luce del tutto positiva lo sforzo cli analisi, di critica e d,i sintesi dell'autore. Tale riferimento chiarisce, infatti, che i va– lori perenni del <::attolicesimo non contrastano con le forme slru!lurali del progresso, ma le vivificano e -le legittimano nella loro funzione strumentale di complemento alla vita interiore • dell'uomo. Particolarmente efficaci appaiono passi in cui i'\ Siena sollopone ad un esame critico la posizione di quei callolici - da Maritain a Mounier, da Montuclard ari « cattolici di sini– stra n italiani - che tei:itano una sintesi cli valori tra concezione cattolica della vi.la . del– l'uomo, della società e della storia, ed i va– lori derivanti ·dalle « alienazioni» seguite al– l'errore protestante. Concludendo diremo che l'impegno del Sie– na merita largo apprezzamento. Anche e so– prattutto perchè in tempi, quali sono quelli in -cui viviamo, egli non esita a prendere po– sizione decisa contro i luoghi comuni e gli slogan « sociali », sui quali uomini e tenden– ze, anche di parte cattolica, hanno - con molto fumo e poco arrosto - fondato le loro fortune politiche. Tale atteggiamento gli procurerà, nel mi– gliore ·dei casi, la qualifica di « reazionario ». Ma dubitiamo che la cosa riesca a scuoter– lo dalle sue convinzioni. L. A. K. S. KAROL, La Polonia da Pilsudski a Go– mulka. Laterza, 1959, pp. 336. Il libro di Karol, pubblicato originariamen– te in Francia sotto il titolo .meno impegnatrivo « Visa pour la Pologne », presenta notevole in– teresse anche per chi non sia al corrente dei dettagli delle più recenti vicende della Polo– nia. Scritto con piglio giornalistico, non osten– ta alcuna pretesa di completezza ed infatti è lungi dall'esaurire o anche solo dal tratteg– giare la storia della Polonia dalla rinascita della Repubblica dopo la prima guerra mon– diale al 1958, l'anno secondo del regime go– mulkiano. Si tratta piuttosto di un l'apido Pxcursus sulla storia del Partito comunista po– lacco e dei movimenti che in esso sono con– fluiti, sicchè è comprensi,bile che, limitata– mente a'1 periodo intercorrente fra le due guerre ed a quel}o della Resistenza, quando il peso specifico dei comunisti nella vita nazio– nale era piuttosto· scarso, la descrizione di Karol abb-racci eventi marginali, seppur~ di estremo interesse~ quelli, per esempio, rela– tivi alla liquidazione, avvenuta poco prima della guerra, dei dirigenti del Partito po'lac– co. La maggior parte dell'opera, tullavia, è dedicata al periodo post-bellico, del quale si ha una visione talvoJ.ta frammentaria, sempre unila1erale, ma non per questo meno timo– larite. L'auto<re premette onestamente che la sua . non può essere una narrazione obiettiva degli avvenimenti, sia perchè di questi egli fu spes– so direttamente partecipe, sia perchè la sua attenzione converse sempre e ·soltanto sui mo– vimenti di sinistra. Premessa lodevole, della quale tuttavia Karol sembra dimenticarsi tut– te le volte, e ciò accade sovente, ,in cui ·la .sua formazione comunista lo induce a valutare i fatti con criteri per lo meno discuti,bili. Ne deriva che l'opera non è_l'ideale per chi voglia anzitutto formarsi un corredo d, no– zioni obiettive sulle recenti vicende polacche. Questo limite rappresenta però nel contempo il maggiore interesse del libro, nella misura in cui consente al lettore di immedesimarsi in una mentalità diffusa oltre cortina, nella men– ta li tà cioè di un comunista « revisionista " o « nazionale », quale è in sostanza Karol. Que-. sii si definisce « social,ista ", termine che oggi– giorno si presta alle più svariate interpreta– zioni. Escluso che egli sia un socialista de– mocratico, il suo « socialismo " assume i ca– ratteri di un comunismo nazionale, alla Tito
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