l’ordine civile - anno I - n. 5-6 - 15 settembre 1959

pag. i6 tare, con una delega il più lacita possibile, la volontà del popolo. ,Direi che ,è fatale, per una concezione clas· sista, trovare decisiva la funzione dei partili (quindi del partito della classe); solo ci 5i può lecitamente chiedere: se lo scheirna della contrapposizione delle classi, in una società industriale, è uno strumento eoneettuale, cul– turale, che può rappresentare abbastanza ve– racemente la realtà storica della società otto– centesca - così arretrata tecnologicamente cl.a trarre l'accumulazione dei capitali e la sua forza espansiva proprio dallo scontro fron– tale delle classi, o, su un altro piano, dallo scontro tra stati egemoni e stati subalterni -, è ancora uno strumento che ci permetta di rappresentare con fedeltà la società contem– poranea, tecnologicamente assai sviluppata, nella quale i punti di sviluppo del sistema economico e sociale passano per linee mollo diverse dalla contrapposizione tra detentori del capitale e prestatori del lavoro o fra sta– ti colonialisti e paesi sottosviluppati? D'altro lato, quando lo schema classista vie– ne calato in una realtà politica come quella italiana contemporanea, all'interno di una co– stituzione democratica d<i tipo •«occidentale >>, col supporto di una tradizione liberale re– cente e assai debole, con la presenza di par– 'titi fortemente «ideologizzati», cioè più vici– ni al massimalismo verbale che alla pratica an~ministrativa, avviene necessariamente, che quello schema si riveli molto ma molto in– sufficiente per spiegare la l'ealtà e per offr,– re delle sicure prospettive di. sviluppo, Nel libro del Basso questa posizione ,trov·a 1:.::a correzione in una sorta di ideologis;mo democratico: come se, malgrado· le involuzio– ni cui dà luogo la direzione borghese dello stato in Italia, e per merito della lotta <li classe e per la forza intrinseca di alcuni isti– tuii costituzionali, la democrazia si trovasse a progredire. Tuttavia l'oscillazione tra queste due poJi– zioni, classismo e « democraiismo » che si ri– porta continuamente al punto nodale dei par– titi, trova dei duri scogli che non riesce a superare o finge di non vedere. Parrebbe, •a 'leggere il libro di Basso, che l'Italia abbia seguito un processo di effettivo progresso, nelle intenzioni degli uomini mi– gliori, nella formulazione delle nuove istitu– zioni statuali, nella parziale realizzazione di esse, e ciò sempre in nome del sovrano e quasi al di là della sua partecipazione effet– tiva al potere come condizione e strumento del progresso, Alla supplenza d-i questa par– tecipazione, fortunatamente, avrebbero pensa– to i partiti· politici, tornati sulla scena poli– t:ca dopo vent'anni di distacco effettivo dal µopolo e dall'am,ministrazione', ma ideologi– camente affinati. E' proprio su questo tema che andrebbe im– postata un'altra ipotesi di lavoro, almeno per l'interpretazione dello sviluppo italiano del dopoguena. Questa ipotesi, grosso modo, suo– na cosi: quanto più i partiti si sono posti e si pongono come gli esclusivi interpreti del- le intenzioni, delle speranze, delle volonlà del popolo, quanto più hanno ,identificato, tout court, il popolo con i loro iscritti o con la classe cui appartiene la maggiwanza o la totalità dei loro iscr,itti, quanto _più hanno ere. duto all'immaturità del -popolo e hanno pre- , ferito interpretarlo come fossero tecitamen·e delegati a questo, e non piuttosto sollecitar– ne una vera, graduale conoscenza dei proble– mi politici e una pronuncia su di essi, tanto più hanno usurpato il suo scettro, borghesi o marxisti, o cattolici che fossero questi par– titi. Alla stregua di questa ipotesi si può rive– dere la storia di questi ultimi quindici anni, Nel dopoguerra, infatti, la D.C. si trovò ad ereditare uno stato centralizzato, strut– turalmente antipopolare, ed ha cercato di da– re un senso di intelligente conservazione (con- anco tro ogni possibile disgregazione eversiv;i, ra– rlicalmenlc antiliberale e antidemocratica) al– la sua opera: il passaggio altràverso la nuo– va Costituzione non ha spostato di molto la linea della D.C. li risultato è la permanenza allualc cli quel tipo di stato, come giusta– uc!'lle Basso rileva. Ma come poteva essere battuto quello stato, e, eventuadmente, il parti– to che se ne fosse proclamato difensore ir.– transigente? Solo cercando di costruire cen– tri di potere dal basso (che non possono e~– sere riassunti solo nei consigli di gestione, con!e Bas:;o lascia credere ripetutamente) ai quali lentamente modellare anche l'edificio ,centrale, Ma i partiti hanno scelto l'altra strada, più comoda e affascinante, cioè quel– la della conquisla diretta del potere centra– le, sacrificando a questa strada tutte le poss1- biliià di dare concreta espressione di governo al sovrano, cioè al popolo: vita sindacale, vi– ta ,dellè associaz;ion::I, vitilità' dell'opinfone pubblica, politica dell'amministrazione loca– le ecc. L'intransigenza ideologica dei partiti di massa italiani (P:CJ., P.S.I., D.C,) nasco 1- cleva in reali~. la non volontà di rinunciare, in prat;ca a qualche briciola della propria « rendita >>politica a favere del sovrano, del popolc, mirnnc!o ognuno «d impadronirsi 10- talmenie dello scettro, il potere centrale, e ad esercitarlo, con la finzione delle deleghe, in nc,me di lui. J., questo senso il « sistema>) partitico italiano, inaugurato nel 1945 col tri– partito, dura anche ora e lrova, sotto ques·o punto di vista, nel P.C.I. e nel P.S.I. i mag– giori alleati della D.C. E' per questo che la conclusione - presupposto, che Basso riba– disci, (riconoscere ed incrementare la funzio– ne dei partiti, da intendere l'uno borghese, la D.C,, e gli altri democratici, partiti dei lav.o– ratori, P.C.I. e P.S.I. a guida interna alter– nata), non ci trova d'accordo. La tradizione recente di questi partiti, fatta di preferenze per il bene particolare rispetto al bene di tut– ti, per il potere centrale rispello al pote:e locale ed ai poteri intermedi, per il massi– malismo ideologico rispetto alla corretta .am– ministrazione, per l'affermazione dei valori di parte rispetto alla dignità e allo autogo– verno di tutti, smentisce la fiducia di Basso. La quale, richiamando i cattolici alle origini della Costituzione e alla polifonia dei ire partiti- di massa, ha un solo senso tattico, ·espresso dall'esigenza finl)le di cambiare gli aunali rapporti di forze -per poter attuare la CostituziÒne: la speranza cioè che, in un di– scorso a tre - P.C.I., P.S.I., D.C. - il P.S.l., in posizione di mediatore, finirebbe per avantaggiarsene e per rappresentare la punta più evoluta del movimento operaio e la maggiore garanzia per l'attuazione costitu– zionale. ANTONIO CORT·ESE GozZINI, Pazienza della verità, Vallecchi 1959. « Rifiutare il temporale per lo spirituale, allontanarsi _dai problemi -del proprio tempo e chiudersi nella contemplazione esclusi,va del– la verità: ecco la prima tentazio.ne. Impegnar– si nei problemi del tempo, lasciando affievoli– re, fino a smarrirla, la -coscienza che la mi– sura storica non potrà mai contenere interà la verità: ecco l'altra tentazione ... » per il cristiano d•i oggi. Con queste parole, con que– sta posizione del problema Mario Gozzini apre il suo libro, Pazienza della verità ( Vallecchi, 1959), dove il titolo vorrebbe già suggerire che ogni soluzione affrettata, a quel· problema, è illusoria, e che la pazienza qu<i-ndi non è vir– tù. secondaria. Da parte nostra dobbi<1mo dire subito che le due ·« tentazio 0 ni », il problema o la catena di problemi che racchiudono, sono al centro del mondo contemporaneo. Non solo per un cattolico, anche se più direttamente e l'ordine civile urgentemente per lui, ma per tutta l'umanità, se vuole trovai-e soluzione alle sue crisi. Va dato atto a Gozzini, che per altro si rivolge particolarmente ai callolici e iscrive se stesso neJla cultura callolica italiana, di porsi ap– passionatamente di fronte al problema e di appassionatamente cercarvi soluzione. Come giudicare questo libro? Vorremmo JJ0n sbagliarc1, ma ci pare in tulio o in gran paite un libro mancato. Per quali motivi"! L'indagi– ne non viene condotta su un piano filosofico, ma su quello piuttosto della saggistica, e su questo non v'è nulla da obiettare. Ma la sag– gistica misura sempre il suo valore sull'altez• za delie occasioni storiche scelte a discorso e sull'allezza e profondità che su questa scelta imprime la moralità e la cultura di chi scrive. t; dobbiamo allora dire che Gozziui troppo fre– quentemente sceglie per i suc,i grandi proble– mi ( il cristiano di fronte al moudo, la Chiesa e il mondo moderno, il cristianesimo e le altre religioni) occasioni troppo anguste, che si pos– sono quasi tutte riportare alle esperienze e ai falli di alcuni gruppi di cattolici fiorentini, ben individuabili del resto: dall'eredità di Fronte– spizio a l'Ultima, da Padre Balducci al ceutro dell'Annunziata, da Barsotti a La Pira. Non si spiegherebbero altrimenti, in un libro di meno di 400 pagine, quasi 60 dedicate ai convegni lapiriam, e più d'altrettante ai suoi tre testi– moni, Papini, Bo, Barsotti, testimoni dobbia– mo credere di una con-creta incarnazione e in cerio modo soluzione al suo problema. Scelte che ci sembrano almeno sbalorditive ( e la for– zatura del resto di farle rientrare nel quadro risulta dalla stessa scrittura), _e in defirritiva provinciali o municipali: le .figure stesse ne restano talvolta .dimezzate. J.l confronto con queste occasioni ( come con altre, come quella con la pubblicistica di Falconi) è il primo elemento di perplessità in un libro con queslo titolo e con le .intenzioni professate. Secondo motivo di perplessità è dato da u11a componente polemica, o più esattamente apolo– getica, cui Gozzini •non riesce a sottrarsi. Di– mensione che può ben essere di animi grandi e costituirsi su una grande e nobile battaglia. Ma qui è piuttosto rivolta alla difesa ap.erta o indiretta degli ambienti e dei fat-ti cui Goz– zini partecipa o di cui è egli stesso in certa misu.ra promotore. E si avverte un'incapacità a sciogliersi dai dati per presentare i problemi nella loro esatta misura: così che fatti e per• sonaggi minori risultano erroneamente deter– minanti e di aJ.tri non si fa cenno. In altri termini il volume più che apparire una raccolta di saggi, ha un andamento gior– nalistico, e immediatamente pubblicistieo, di informazione e presentazione di problemi; più che un approfondito confrontarsi coi problemi del nostro tempo come un cattolico li può af– frontare e risolvere, è· alla fine una affrettata e generica panoramica. Non si ode in queste pagine l'eco di Ùn preciso e grande rigore in– tellelluale, così che -la materia si disperde r non si trova una sola, crediamo, reale novità nel libro. E non possiamo certo in questa sede soffermarci à cogliere le ,, perle i, che gli sono • sfuggite di penna ( e non sono proprio rare), né a discutere i problemi che presenta, chè dovremmo riscrivere il -lioro. Ma va detto al– meno ehe il problema generale in cui Gozzini inserisce gli altri è quello posto dall'unità po– tenziale del mondo contemp~raneo, e quindi della sua unità spirituale e culturale, e di come solo il Cristianesimo possa oggi fornirla. Pro– blema, lo ripetiamo, su cui si può concordare nei suoi termi11i generalissimi. E dobbiamo al– meno dire che Gozzini talvolta ci sembra 1ne– feri·re le soluzioni esistenziaJj, o porre su que– sle l'accento; e siccome tutti siamo lenta ti, ci sembra che anch'egli non ne sia indenne, e eh.e la tentazione da cui più frequentementr– debba difendersi sia la prima da lui stesso denunci aia. "CLAUDIO LEONARDI

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