Nuova Repubblica - anno V - n. 37 - 15 settembre 1957
(180) nuova re1mbblica Una delle ultime Coiografie di Gaetano Salvemini .. BENIAMINO FINOCCHI ARO: L'UOMO DEL MEZZOGIORNO N EL TRIANGOLO elettorale Molfetta-Bisceglie-Bitonto, fra il 1911 ed il 1913, Salvemini realizzò le espe– rienze politiche, che do"evano scoprire i limiti del– la. crisi democratica, che l' "età giolittiana" aveva aperto neJ!a vita del paese. In regioni, in cui la soggezione al potere costituito era norma, Salvemini pose la propria " presenza" come ele– mento utile a far saltare la mistificazione delle elezioni - dato determinante di quella crisi - svolte democra– ,ticamente. E Io n scandalo", con una intelligente antici– pazione di obiezioni, documentò nel '13, con testimonianze estranee all'ambiente, invitando come u osservatori» Ojetti, Zanotti-Bianco, Lombardo-Radice; ad elezioni av– venute, la tesi giolittiana-socialista della « democrazia in cammino» restò scoperta come luogo comune e posizione di comodo. Con quell.i sua prima pubblica ;, sconfitta", il Salve– mini riusciva a dare alla cosdenza meridionale la mi– sura delle concrete possibilità di resistenza attiva alle pressioni governative, nell'orbita degli istituti democra– tici. E a riconfermare la necessità di quelle riforme t-Jet– torali, che sin dal ·1905 egli aveva propugnate sulla tura– liana Cririca Sociale, e che nel 1909, dopo una vivace polemica col Bonomi ed in dissenso con lo stesso Turati, avevano provocato la sua rottura con la rivista. Tesi già sostenute durante la sua milizia socialista, sin dal Con– gresso di Firenze, fra l'ostilità quasi generale, e successi– vamente da solo per più di due anni con discussioni nei comizi, con articoli di giornali~ con opuscoli. Il Salvemi– ni aveva strettamente collegato la rivendicazione del suf– fragio universale alla questione meridionale, sostenendo che la riforma era destinata a rompere 1e piccole ca– morre municipali del Mezzogiorno, substrato ·permanente delle grandi correnti di corruzione politico-elettorali. Quelle esperienze possono darci il senso della dimen– sione umana del Sa1vemini. Un problema alla volta, de– finito nel suo momento storico, analizzato senza pregiudi– zio e con spirito critico, legato a chiare prospettive di so– luzione; una forte tenacia nell'affermarne la impostazione; una capacità eccezionale di sacrificio personale (che non ha paragoni con il tipo del politico moderno) rivolta a collaudare nella realtà quotidiana le proprie afferma– zioni critiche ed i propri convincimenti. Il '13 può considerarsi una data chiave nelle espe– rienze salveminiane prefasciste. 11 suo isolamento eletto– rale convalidava la rottura col mondo delle organizza– zioni socialiste e maturava la sua posizione di opposi– tore risoluto agli strumenti di corruzione democratica, inlrndolti da Giolitti nella vita dello Stato. Una lotta quest.'ultima 1 che iniziatasi organicamente nel 1910 col volume IL Ministro della Malavitn - una inchiesta che sarebbe divenuta popolare solo dopo il '13 - non ftL mai rinnegata dal suo animatore. A torto recen~ tesi di scuola crociana e di scuola comunista, usandc, di una "curiosa" interpretazione di alcuni passi della Introdu– zione del Salvemini al volume L'età g"ioHtti.-lma del Salo– mone, hanno tentato di· accreditare convincimenti oppost( Negli stessi atteggiamenti del '13 è da ricercarsi quel– la somma di disposizioni, che s'affermarono scoperte e durissime nella opposizione al fascismo. Lo Slato inteso come strumento di tutela dei diritti e di sollecitazione dei doveri dei cittadini. La rei-:istenza e la rivolta eome strumenti di riequilibrio nei tralignamenti di rapporti. La rottura coi socialisti, invece, si era già verificata nel 1911. ~asione puntuaie era stata offerta dalla guerra di Libia. Salvemini, dopO l'abbandono della Cri– tica Sociale, si era viste offerte le colonne della Voce dal Prezzolini. Nella rivista fiorentina durante tutta l'estate del 1911, egli aveva condotto una violenta campagna con– tro l'idea di conquistare la Libia. L'Ava .n.ti! invece non si occupò mai della questione. « .. .Lasciò che i nazionalisti allagassero l'Italia con le loro bugie sulla ricchezza del paese, degli arabi che ci aspettavano a braccia aperte ecc. I socialisti zitti lasciavano passare la fiumana. Nel set– tembre del 1911 Giolitti dichiarò guerra alla Turchia. Solo allora i socialisti si svegliaron,o_:-e bandirono comizi di protesta. Io rifiutai di partecipare a quei comizi. Dissi che ormai la guerra era dichiarata e bisognava farla da uomini e non da buffoni; ma era una guerra improdut– tiva; bisognava ridursi ad occupare la costa; e continuai a dimostrare che il Paese non valeva un soldo. Ebbene di tutta la fatica che mi davo per offrire ai socialisti munizioni per una campagna di buon senso, noll. uno di essi si occupò. Tutto il mio lavoro cadde nel vuoto. Al– lora del Partito Socialista non volli più saperne. Del re– sto me ne sarei diviso nel 1915 per la guerra». Ma il dissidio coi socialisti aveva origini più lontane e profonde. La stessa posizione espressa nel la prefazione al volume Tendenze vecchie e necessità. nuove del movi– mento operaio, che risale a dopo il l 910 - nel libro c'è l'essenza di quanto il Salvemini andò pubblicando fra il 1902 e il \]922 -, rappresenta un dato particolare, per quanto notevolissimo, della distinzione fra la posizione di Salvemini e quella ufficiale del Partito. Successivamente si è voluto centrare nella polemica contro la connivenza socialisto-giolittiana, maturatasi specificamente sul terre– no sindacale cooperativo, l'elemento cardine del dissidio. I punti preminenti della polemica salveminiana all'in– terno del Partito socialista ebbero una estensione più ampia. Essi furono negli anni in cui egli vi militò (1896- 1911) il meridionalismo e le sue accuse al Partito di non intenderlo ed impostarlo bene. Le tendenze localiste, egoiste, cooperativiste dei grup– pi di avanguardia, la posizione esitante ed agnostica del Partito socialista sulla questione meridionale e nei con– fronti dei contadini del Sud, il consenso dato da alcuni gruppi autorevoli del Partito alla politica di protezione praticata dallo Stato verso i siderurgici, gli zuccherieri, i cotonieri, i granicuJtori ed il complesso de1le forze pa– rassitarie del paese, furono le cause permanenti e remote della divergenza salvemìniana. L'abbandono del Partito socialista e la rottura con la Critica Sociale si articolarono nella pubblicazione del– l'UnHà, la rivista che incanalò, nello svolgimento del pen– siero e dell'azione politica del primo ventennio di questo secolo, le migliori energie intellettuali, contrapponendo una profonda esigenza di concretezza alle inquietudini della classe dirigente del tempo più proclive a « rielabo-- 3 rare nuove edizioni del simbolo defli apostoll, pestando l'acqua nel mort~io; che a mettersi di buzzo buon.o ad esaffiinare un problema ben definito, cercarlo nelle origi– ni storiche, analizzarlo nelle condizioni presenti, costruire ipOtesi per l'avvenire». Alla vita dell'Unità (1911-1921) è legata la parte più viva del pensiero salveminiano e nella rivista si riflette il periodo di maggiore impegno del Salvemini. La sua ele-– zione a deputato lo costringerà successivamente ad ab– bandonare la rivista. La tecnica del SalVemini e della sua équipe uni– taria può ancora oggi essere presa a modello-limite di µn giornalismo impegnato nella popolarizzazione di temi fon– damentali della vita pubblica e nell'orientamento di un grosso volume di energie verso un certo tipo di azione. Di notevole rilievo, nella valutazione dell'opera svolta dall'Unità, è la capacità da parte dell'équipe unitaria di associare le prospettive di soluzione ad una certa azio– ne politica, che non immeschinisse le iniziative in com– promessi elettotafi o in facili successi di opinione, ma favorisse la circolazione delle idee, popolarizzasse certi piani di lavoro, radicasse particolari esigenze. I "Conve– gni dell'Unità", la partecipazione fervida alla costituzio– ne e alle iniziative della Lega antiprotezionista, le sotto– scrizioni per le Scuole dell'Agro Romano, i Comitati dì controllo elettorale nelle elezioni del '13, la costituzione della "Lega Democratica per il rinnovamento della vita pubblica italiana" riscontrano ancor oggi iniziative ana– loghe nel settore migliore del giornalismo politico con– temporaneo, dal Mondo al Mulino a Nuova Repubblica, Dal 1911 al 1914 i problemi del Mezzogiorno assorbi– rono quasi interi l'interesse, gli studi e l'entusiasmo degli unitari. Negli scritti di quegli anni ebbero definizione gli spunti polemici del periodo socialista del Salvemini e negli stessi saggi - firmati oltre che dal Salvemini, dal De Viti De Marco, dal Gitetti, dal Carano-Donvito, dal Ciasca, dalla Ghisalberti, dal Luzzatto, dal Tria - si ritrovano temi che riceveranno approfondimento e chiarezza maggiori negli anni successivi. A voler schematizzare gli orientamenti salveminiani sulla questione, tocca al Salvemini il merito di averla puntualizzata in alcune linee essenziali, che ancora oggi conservano modernità e dinamismo. E che smentiscono nettamente l'accusa di frammentarismo e di difetto ideo– logico, di cui successivamente fu imputato il problemi– smo salveminiano. Al riparo dei suoi insegnamenti è pos– sibile usare oggi di strumenti critici notevolissimi nella valutazione di tutta la storiografia e la politica meridio– naliste successive e contemporanee - delle quali non è difficile rilevare la insufficienza, la frammentarietà e, non poche volte, la mediocrità. Dal Salvemini questi insegnamenti fondamentali: - la impossibilità di una politica meridionalista che volesse programmare in linee generali e definite, al di fuori dei tempi particolari di realizzazione e contro le dif– ficoltà degli sviluppi, una azione di rinnovamento del Mezzogiorno. Da questa posizione scaturiva la tecnica del "problema "; - l'aver intuito che l'elemento centralizzatore ed uni– ficatore di una simile politica non poteva essere che una ciasse dirigente locale, che fornisse le "guide" al ceto sociale più ampio del Mezzogiorno, il contadiname. E che solo la creazione di quelle "guide" avrebbe potuto co– stituire la garanzia di un dinamico svolgimento di una Politica meridionale di rinnovamento, destinata inevita– bilmente ad esaurirsi, sprecando provvidenze e mezzi, se non fosse stata sostenuta da iniziative autonome locali; - l'aver lottato con costanza e convinzione contro le "leggi speciali", reputate strumenti di miracolismi prov– visori e di corruzioni municipali e regionali. E l'aver af– fermato - e per sessant'anni - la necessità non pro– crastinabile nè sopprimibile di una riforma generale delle strutture del paese, inserendo ed assorbendo in esse ·ri– forme gli strumenti idonei a riequilibrare i rapporti so– ciali, economici ed umani Mezzogiorno-Settentrione; - l'aver sostenuto, e poi riconsiderato criticamente, la solidarietà della classe operaia del Nord col mondo contadino del Sud, negando comunque la validità di una politica di trascinati e di trascinatori, che di poi avrebbe trovato credito nelle dottrine del Gramsci e nelle tesi re– centi dei gruppi di « Rinascita ». Se nella sfera di questi punti oggi si vagliassero le sovrastrutture economiche e dottrinarie del meridionali– smo contemporaneo, dalla scoperta della "civiltà contadi-. na ", alle leggi istitutive della Cassa e degH Enti Rifor– ma, dalla concessione delle "autonomie" amministrative - periferiche alle leggi del quinto e a quelle delle costru– zioni navali, dalla riscoperta delle tesi del Gramsci al so– ciologismo del Dorso, molli insegnamenti se ne potrebbero trarre e molto ottimismo andrebbe ridimensionato. Ed un altro insegnamento sullo stesso piano è venuto dal Salvemini ultimo, dell'Antologia degli scritti. sulla que– stione 1neridionale, un insegnamento che ha soprattutto un profondo significato umano, perchè è una riprova com– movente del disinteresse intellettuale e della probità po– litica del Salvemini. Il grosso problema meridionale vede scolorire le sue linee distintive. L''umanità si muove su una scala di pro– gresso ripidissima. Le conquiste ed i privilegi del pas– sato perdon◊' di vigore se non annullati nelle prospet– tive del futuro. E questa realtà dei fatti pone il Mezzo-– giorno su un piano di avvio quasi paritario con le rima– nenti regioni del nostro paese. Con la quale intuizione il Salvemini trasmetteva ad altri queJ complesso di inte– ·ressi e di obblighit che già era stato il suo. Ci si pone un dovere preminente nell'affrontare il fu– turo: non ripetere g1i errori del passato. Ed in questo im– pegno di vigilanza e nel conseguente piano di lavoro, Sal– vemini anticipava ancora una volta i tempi.
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