Nuova Repubblica - anno V - n. 31 - 4 agosto 1957

(174) nuova repubblica. 3 SIGNIFICATI E PROSPETTIVE DELLA DECOLONIZZAZIONE LIBERAZIONE SOCIALE Bisogna impedire che a una minoranza di stranieri si sostituisca una minoranza di indigeni privilegiata. Perciò il movimento nazionale e quello sindacale devono integrarsi e procedere i_nsieme: soltanto l'unione delle loro forze può essere garanzia di una rivoluzione a contenuto autenticamente sociale e umano di AHMED. BEN SALAH Da Esprit, 1957, n. 6 '(dedicato ad un esame della situazione di alcuni paesi ex colonia!i), riportiamo un articolo sul~e prospettive della de– colonizzazione. L'autore, A1imed ben Salah, ha ricoperto la carica di segretario generale dei sin– dacati tunisini (UGTT) fino al dicembre u. s. In tale veste egli puP,biicò anche un Rapporto eco– nomico, che, dopo essere stato adottato come piattaforma ufficiale dalla UGTT, incontrò la recisa ostilità deUe tendenze conservatrici nel Neo-Destour. Nonostant,e la mediazione cbi Habib Bourghiba, i gruppi di destra provocarono la scissione deH'UGTT e le dimissioni di Ah?n'2d ben Salah, che interruppe la stretta collabora– zione pr-estata alla politica del governo tunisino nel primo periodo dopo l'indipendenza. Con la proclamazione della Repubblica tu– nfaina, si ritiene probabile la sua assunzione a un ministero-chiave nel nuovo governo. C OLONIZZAZIONE e decolonizzazione dànno vita a un giro vizioso che non è stato ancora rotto. Si può affer– mare addirittura che sono dei fenomeni permanenti, ciclici, sempre capaci di ·ricominciare. Gli aspetti este– riori del processo" sono di una varietà estrema: religione, cultura, civiltà, spinta commerciale, ideologia politica e sociale. Sono parimenti dei fenomeni ambigui chè agi– scono volta a volta in senso liberatore e in senso OP-: pressore, cambiano significato e si trasformano ne1 corso della""stor1a. Ciò nonoStante, qua1é che sia 111 sua io'rma storica, la colonizzazione è identica nella sostanza: è un processo di spersonalizzazione di un gruppo sociale o di un popolo per opera di un altro, una sostituziÒne di direzione dall'esterno al1a volontà ·interna di una comu– nità, conscia o inconscia che essa sia della propria esi– stenza. In tutti e due i casi essa è un fenomeno dia– lettico, evolutivo, che porta al1a presa di coscienza. Quest'ultima è assai spesso totalitaria - << catto- lica >> - col rischio di arenarsi nel rifiuto assoluto, fana- tico e avulso dalla realtà. Pena il cammino all'indietro e la decadenza, la decolonizzazione non deve essere il processo inverso della colonizzazione. L'insuccesso di molti paesi ex coloniali non si può spiegare che con questo formalismo superficiale, negativo e sterile. La de– colonizzazione deve significare innanzi tutto una rivolu– zione profonda dellè strutture mentali, morali, sociali ed economiche. Tale rivoluzione non è distruzione delle più facile una operazione del genere, giustificandola sul piano psicologico agli occhi della minoranza privilegiata che ha partecipato alla liberazione del paese: togliendo i privilegi alla •colonia straniera si crea un precedente e un esempio facile da estendere. Da questo risulta chiaro che la decolonizzazione, nel senso più stretto del termine, non potrebbe costituire neanch'essa un fine vero e proprio. Piuttosto, sviluppando le considerazioni su esposte, ci si rende conto come la decolonizzazione debba essere superata a favore di va– lori realmente permanenti. Essa non deve limitarsi ad essere una reazione contro la vecchia situazione, ma deve mirare a produrre, lentam;nte quanto profondamente, una rivoluzione nelle strutture del paese e nei rapporti tra i cittadini nel senso di r~nderli più aderenti alle esi– genze dell'uomo. La decolonizzazione non è soltanto, come spesso ·la si considera, una operazione che si svolge a livello dei governi e dell'amministrazione. Non è soltanto un atto giuridico. Essa riguarda l'uomo e quindi, come tale, implica una trasformazione tanto dell'uomo come delle condizioni in cui egli• vive, al fine di liberare la sua personalità totale, fuori delle illusioni dell'idealismo e dei lìmiti del materialismo, nell'armonia integrale di un corpo che ha i suoi bisogni e di uno spirito che ·ha le sue esigenze. Perciò occorre che essa sia condotta, in modo fron– tale e parallelo, in tutti i settori che governano la vita del paese, come interezza materiale e morale. Occorre promuovere una cultura nazionale riallacciandosi a tra– dizioni che siano autenticamen~e tali,. ma anche traendo sos1anza dall'anima popolare, a'auà personalità della na– zione 1i'p~e5ata.Quindi niente resurrezione di chissà quale « anima » mummificata nei secoli, ma rinnovamento delle tradizioni che armonizzi il passato con le esìgenze del mondo moderno. Mentre si rimetteranno in luce le grandi figure del patrimonio culturale e politico della stirpe, è indispensabile aprire grandi finestre sul mondo esterno e sulla cultura moderna. Possedere intelligenza e statura tali da evitare il narcisismo nazionalistico, è molto difficile, ma il prezzo del successo per i' paesi che si liberano dalla colonizza– zione è proprio questo. Fuori .4t· questa strada 1unga e difficile, ci sarà soltanto la sterilità dell'immobilismo o, peggio, il nazionalismo sfrenato che porta al fascismo. Ma non sarà possibile rendere coesione e dignità al paese, nè ricostruire efficacemente la personalità nazio– nale, se lo si lascerà vegetare su di una economia di– sarticolata dal fenomeno colonialista. Pertanto il com- acquisizioni raggiunte durante il periodo coloriia1e, Sì Pito più urgente a questo riguardo è quello di << ripen- bene utilizzazione e cambiamento di orientamento fon- sare » l'econoinia nazionale e di ricostruirla sulla base di <lamentale di queste acqms1z10n1, da consJderars1 come una pianificazione ragionata e realistica, che sia capace strumenti strappati di mano alla colonizzazione e su- di individuare degli obiettivi preèisi e di suscitare l'en- scettibili di ricevere nuova e diversa destinazione. tusiasmo delle masse per la loro realizzazione. La pia- Ogni rivoluzione che si appunti soltanto sui muta- nificazione ha la virtù di spaventare, talvolta, i dirig~nti menti politici si limita infatti ad aspetti parziali e prov- dei paesi promossi di fresco alla sovranità, perchè, si dice, visori - molto pericolosi - della decolonizzazione. Sa- essa allontanerebbe i capitali stranieri. E' un modo di rebbe come lasciare andare la preda per gettarsi sulla pensare che deriva in gran parte da una intuizione sba- sua ombra. Certo, la rivoluzione politica è indispensabile, gliata della pianificazione. Infatti pianificare, non signi- ma come strumento che - soprattutto al livello dell'ese- fica affatto e necessariamente impedire l'iniziativa pri- cutivo e del legislativo - consente di colpire a fondo il nodo gordiano della colonizzazione, vale a dire lo sfrut- · tamento delle principali risorse di un paese da parte di una minoranza di stranieri e il soffocamento sull'altare del profitto del paese colonizzatore delle possibilità del paese colonizzato, rii;Jotto a fornitore di materie prime e a mercato aperto. Questo è il vero significato ·della rivo– luzione politica, che è un mezzo e non un fine in sè. Uno strumento del genere deve superare rapidamente il na– zionalismo puro per aprirsi ad una concezione umana dei rapporti sociali. Parimenti, è necessario impedire che alla minoranza di stranieri si sostituisca una minoranza di indigeni privilegiata, poichè in questo caso l'opera– zione non avrebbe portato che un trasferimento di po– tere del tutto illusorio. Per avere un senso positivo, la decolonizzazione si deve tradurre nella democratizzazione e nel risanamento delle strutture economiche del paese, nell'abolizione dei privilegi nel seno stesso della nazione liberata dal giogo coloniale. D'altronde, uno degli aspetti del processo co– lonizzazionb-decolonizzazione è appunto quello dì rendere vata - il che condurrebbe davvero ad allontanare i C'a– pitali stranieri. La pianificazione può - e deve -- voler dire orientamento degli investimenti, riadattamento degli intere$Si del ~capitale alla nuova realtà nazionale, in una parola decolonizzazione anche del ca0it2Esrno, aflìnchè lavori, p€:_rquanto possibile, nel senso de11a prosperltà del maggior numero di individui. Un'opera del genere è possibile solo a certe condi– zioni: riforma dell'af)parato amministrativo ereditato dal regime coloniale - formazione di quadri tecnici autoc– toni, rimaneggiamento degli incarichi per rendere il tutto più semplice, più omogeneo e più efficace -, regime politico fondato sull'adesione· popolare e orientato verso l'ascensione dei ceti diseredati e l'attuazione del massimo possibile di giustizia sociale ed economie~. Vale a dire istaurazione di una democrazia autentica, che non si limiti soltanto agli aspetti politici, ma si basi innanzi tutto e sopra a tutto sull'equa rip~rtizione delle risorse nazionali. La democrazia politica pura e semplice è utta. presa in giro. Soltanto '!,LU.a democrazia. economica signi– fi,cci,qua.icosa eci è ca.pa.ee - di funzìon.a,f'e. A questo deve portare la pianificazione, rendendo dinamico il processo di decolonizzazione fino a superarne la ragion d'essere. Non abbiamo tracciato che le grandi linee del Pro– cesso di decolonizzazione, e lo sappiamo benissimo. Essa cozza, in realtà, contro numerosi ostacoli, di ordine umano e di ordine tecnico. Le difficoltà psicologiche non sono affatto le più trascurabili nei paesi dove la colonizzazione lascia degli strascichi non solo nella struttura, ma anche negli spiriti. Spess~ è necessario cambiare addirittura i metodi dì pensiero e di ricerca. Complessi i.nibitorì· con– corrono anch'essi, talvolta, a frenare iniziative che do– vrebbero essere col'aggiose e risolute -. soprattutto il timore di non riuscire a far meglio dell'antico regime in campo economico - e queste sono altrettante ragioni che spiegano l'immobilismo foriero di decadenza verso il quale i paesi sottosviluppati ex coloniali tendono spesso a scivolare. Un altro fattore, molto importante, facilita l'inéfzia: l'assenza di un movimento sociale organizzato e cosciente nella maggior parte di questi paesi. Allora la pOlitica pura preVale su tutto il resto e ci si avvia verso le si– tuazioni che deliziano certi paesi del Medio Oriente. In un paese come la Tunisia sarebbe stata una tOr– tuna se i1 movimento nazionale e quello sindacale àves– sero continuato ad integrare le loro forze per avarÌzare insieme. La loro unione era stata fino a questo mom~nto la garanzia di una r1voluzione a contenuto autentica– mente sociale ed umano. Ciò nonostante, residui del oo-– lonialismo sono riusciti a rompere tale unione, o quanto meI1o a svUotafla del potenziale rivoluziomlTio sul piano economico che costituiva la speranza delle masse povere del paese. E' da sperare che un malinteso del genere duri poco e che i dirigenti della nuova Tunisia, guidati dalla grande chiaroveggenza di Bourguiba e delle masse, scel– gano lo stesso una politica economica dinamica, stretta– mente legata al movimento unitario dei lavoratori. Questa scelta, se compiuta a tempo, garantirebbe il successo della decolonizzazione e farebbe della Tunisia un esenipio. Occorre che la Tunisia costituisca un esempio per la sua capacità di mantenere l'ordine, ma è pure necessario che l'ordine assicurato serva ad una rivoluzione a misura d'uomo nelle slrutture e negli spiriti. E' in questo modo che ]a Tunisia potrà indicare agli altri paesi africani la via della liberazione, che è la sola via degna dell'uom() che crede in se stesso perchè crede in Dio. LA POLITICAESTERA IJEI, GUIZOT (]840-1847) di SALVO MASTELLONE Col presente volume, condotto con stretti C·rlterf scie1tt-i/i-ci su documenti tratti :,wincipalmente dalle ccr~ te private del Gttizot e d11gU archivi del Quav d'OrU,'I, l'Aut@re distru1ge l'imm1t9i1te t,·adìzionale di toi GuW,t sincero assertore della prima entente cordiale jraMclr i·nglese, e dà alla polttica estera del mi~istro di Luigi Fil'ip:,o più ampie pro,pettive. qualt le i1ag11eggialt1, 1utf._ ne 1faganale 1>ccidetitale e la jormllzione dt 1rna le1s liei Bor·bani. Collana 11: Storici Antichi e Moderni• (Nuova Serie) - N. U LA. NUO.YA 11'AL1A. - FrnENZB

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