Nuova Repubblica - anno V - n. 28 - 14 luglio 1957
(17 t) nuova rcvubblica Il nume fissato (Dis. dì Dino Boschi) CON'l 1 RASTO FRA DUE MONDI EUROP!l E flFRICfl I N UN MOMENTO in cui l'opinione pubblica di tutto il mondo segue, con interesse cresce~te, gli avve– nimenti africani, e in cui l'asprezza della polemica, · le esigenze della politica e degli interessi costituiti fanno dimenticare la realtà oggettiva, ben vengano gli studi che, senza sacrificare nulla sugli altari di una velleitaria volgarizzazione, provvedono, in assoluta sincerità filolo– gica, ad informare scrupolosamente l'opinione pubblica. Degno del più caldo elogio è, quindi,-il professor J. Freymond, direttore dell'Institut universitaire des hautes étu.des internatioriales, il quale, sensibile come pochi altri a tùtto ciò che concerne il problema della formazione della opinione pubblica, ha favorito, -con opportuna tem– pestività, la pubblicazione di due importanti v'olumi do– vuti, rispettivamente, allo Schoell, professore all'Univer– sità di California, e ad un giovane studioso dell'Eco.le Normale Supérieure, il professore Chardonnet. Il libro di F. L. Shoell (Les tensions raciales dans l' Union sud-africaine <et leurs incidens internationales. Ginevra, Editore E. Droz, 1956) è la precisa messa a punto di unò dei problemi, e fra i più gravi, che- questo secolo è chiamato a risolvere: vale a dire, il problema della coesistenza, più o meno armoniosa, fra le comunità di razza bianca e quelle di razza non bianca. A questo proposito l'Unione Sud-Africana è un ter– reno di osservazione e di studio pressochè unico. E', in– fatti, un paese ove la coesistenza fra gruppi etnici diversi si presenta in maniera ingarbugliatissima e ove l'indi– rizzo politico della comunità bianca è caratterizzato da una risolutezza 'e da una energia che contrastano aperta- , mente colla professione di « tutela cristiana >), comodo paravento ideologico di cui quella comunità si serve per il raggiungimento dei suoi fini. Ma, a parte ciò, l'Unione Sud-Africana, benché situata verso l'estremità australe dell'Africa, è altresì un terreno d'osservazione di grande interesse in qùanto essa è una arena internazionale di prim'ordine: è un esemplare microcosmo in cui le ten– sioni internazionali, i conflitti economici, le gelosie di casta e gli odi più aspri si affrontano e si scontrano con una violenza e veemenza appena velate dalle sottigliezze ideologiche. In. questo punto,. per così dire, d'incontro fra ·l'Africa e l'Europa, vivono circa tre milioni di bianchi i_ncuneati fra nove milioni d'indig_eni, di cui soltanto 1.)9che centi– naia di migliaia emergono dallo stato dì primitivismo barbarico. Come si vede, in nessun.a parte del monèl9 il contrasto fra due modi di vita completamente diversi è più netto ed appariscente che qui. Accanto _al gruppo di CQlore (cape coloureds), com– plesso miscuglio biolqgico, operatosi nei secoli XVII e XVIII, vivono circa 400 mila indiani, i quali hanno con– servato, in grado eley_ato, i loro costqmi, le loro idee religiose, la loro lingua, f loro modi di vita, il loro par– ticolarismo razziale; e, ancora, un considerevole nu– mero di cinesi catapultati nel paese all'indomani della guerra boero-inglese del 1899-1902. . . A tutto ciò àggiungasi che l'Unione Sud-Africana è anche un vitale punto d'incontro fra· l'America dèl · Nord e l'Africa, o, più esattamente, fra il capitalism0 ameri– cano, venuto a puntellare l'europeo, e le società afri– can.e.,,.da esso estremamente lontane. Vero è che .que.sto incontro economico-finanziario, venendo!i a situare fra le lotte etniche, iil un momento in cui poi le masse africane incominciano ad acquistare coscienza di sé sotto l'impulso di uno sfrenato nazionalismo, è dubbio che assolva, oggettivamente parlando, una funzione positiva. Lo Schoell, dopo un'esposizion dettagliata dei dati geografici e dei dati storici deila situazione razziale con– siderata llell~~a p~rtata interna ed -internazionale, nel capitolo quartb-traccia un quadro dei possibili sviluppi, non certo rosei. . Chardonnet, dal canto suo (Une c•zuvre J~écessciire: l'i.ndustrialisation de l' Afr·ique. Ginevra, Editore E. Droz, 1956) studia, avvalendosi d'una copiosissima documenta– zione, !'attualissimo prdblema dell'industrializzazione del– l'Africa. Sia ben chiaro, Chardonnet .·non ha voluto dare -un quadro completo dello stato attuale dell'industria africana né fare il punto sul potenziale industriale di tutta l'Africa, ché per far ciò bisognava disporre di più di un centinaio di pagine ed estendere l'indagine af-Madagascar ed ai paesi indipendenti, come l'Unione ·sud-Africana, l'Egitto, • l'Etiopia, etc.· Ma egli ha voluto sopratutto attirare la attenzione dei circoli europei, tanto finanziari quanto politici, su di un'opera alla' cui 'soluzione è ormai legata la vita stessa dell'Europa. Dopo un esame delle situazioni politiche, inquadrate. nell'intricato contesto delle lotte nazionalistiche, l'autore investiga le possibilità dell'industrializzaZione, che a suo giudizio sono notevolmente favorevoli, e non solo dal punto di vista economico-finanziario ma anche strate– gicò ed etico-politico. A questo punto sorge spontanea la domanda: poi– ché bisogna industrializzare l'Africa, poiché circostan·ze favorevoli spingono verso la creazione d'una industria africana, come arrivare a questa industrializzazione? E' bastevole la classica politica economica finora eseguita? Nella quarta- parte del suo lavoro Chardonnet studia le modalità dell'industrializzazione, quali industrie bi– sogna creare e come mobilitare i necessari investimenti. L'autore crede che le precipitazioni, gli entusiasmi deb– bano lasciare il posto ad un'oculata politica, estrema– mente liberale. «'Ce n'est qu'à cette condition que la Europe, pour laquelle l'Afrique est, en plein XXe sitcle, un nouveau FarWest, réalisera, de manière écon9mi– quement valable, la grande oeuvre à laquelle l'évolution du mond la conduit et à laquelle elle ne se peut pas permettre de faillir ». 11 difetto di questo libro è di non tenere conto suf– ficientemente dei virulenti naziorialisi:ni che incomin– ciano a lacerare la vecchia struttura, e .che sono realtà politiche, pur negli aspetti barbarici, da affrontarsi e risolversi democraticamente. Perciò, allo stato attuale, non crediamo che gli elaborati programmi dello Char– donnet possano essere suscettibili di ìmmedjata appli– cazione. Se un compito oggi tocca agli europei nei confronti degli amici africani, questo compito ha natura essen– zialmente politica, checché ne ·pensino i La:coste ed i suoi sottopancia. ·-GIOVANNI BUSINO 5 I L}'.'l'1'1<!RA DA PARIGI I ILDISPRE ' DEI PRINC di GIUSEPPE ANDRICH A VREBBE torto chi credesse che il livello intellet– tuale della massa del popolo francese fosse sceso talmente in basso da accettare la politica che le dava ieri Guy Mollet e le dà ogg·i Bourgès-Mauno'ury, e che è sostanzialmente la politica di Lacoste, cioè la poli– tica della repressione' cieca, e inutile. • La situazione è esattamente quella illustrata giorni fa da Mendès-France, in una riunione del suo partito: « Vi sono attualmente cinquecento deputati che dicono, nei corridoi dell'Assemblea Nazionale, che la politica di La– coste è fallita e che non può che portarci ·alla perdita del– l'Algeria. Ora essi continuano a sostenere il contrario nei loro discorsi ». Quello che manca oggi, disastrosamente, in Francia, è il coraggio delle proprie opinioni. Le parole più grosse e più gravi si sono sentite a Tolosa, al congresso del Par– tito Socialista SFIO. Mai parole simili s'erano udite in un congresso socialista. Lacoste ha trovato infatti un di– fensore, per non dire un esaltatore, in Max Lejeune, mini– stro del Sahara, per il quale è necessario saciificare i prin– cipi alla realtà. Niente indipendenza, niente autonomia all'Algeria. I coloni francesi debbono essere mantenuti nei loro privilegi. Max Lejeune ha polemizzato grossolanamente con Aneurin Bevan, venuto a rappresentare e a portare il saluto dei laburisti inglesi accusati di aver pugnalato alla schiena i socialisti francesi con Ja loro opposizione nell'affare di Suez. Bevan ha' potuto, serenamente, vantare l'esempio del governo laburista, che ha salvato posizioni inglesi morali - e materiali - form,idabili; concederido l'indipendenza a molte colonie, del1'importf!nza dell'India, tenuta per secoli come il fulcro dell'impero britannico. Bevan ha detto .che anche a Cipro e al Tanganica tutto sarà salvato quando i laburisti torneranno al potere. Ma i socialisti francesi, se non seguono Lacoste e Lejeune fino in fondo, son◊- ançora nella massima partè vittime della loro paura: la paura di dire quello che pen– sano e sentono. Per cui Gaston Defferre parla di pacifica– zione, e. l'ex-governatore dell'Algeria, Nàegelen, si associa alla sua tesi, ma entrambi negano l'indipendenza. Una mi– noranza è per la pacificazione e il riconoscimento ài una nazionalità algerina, ma neppure essa osa pronunziare ·· la temuta parola: indipendenza. E' per questo che il congresso di Tolqsa ha aggravato, invece di attenuare, l'equivoco e il pericolo. Se i socialisti non osano essere coerenti ai loro prin– c.ipi, chi dirà dunque in Francia la verità? I comunisti sono troppo compromessi per essere creduti. E le voci sincere della Nuova Sinistra sono ancora isolate nell'opinione: chi dice che cosa pensa la Nuova Sinistra rischia le reazioni della violenza faziosa e del governo. In verità, il pericolo maggiore che questa maledettissima questione algerina contiene in sè, si trova non già in Algeria, ma in Francia. Non ci sono già più « diritti dell'uomo e del cittadino» per gli algerini; questi diritti subiscono gravi offese ·sul tei:ritorio metropolitano. Per tentar di salvare - a bene– ficio di chi? - un'Algeria francese, la Repubblica e la democrazia rischiano di farne le spese. Lejeune, è stato detto, ha corretto Jaurès. Le sue pa– role avevano l'asprezza e il colore di altre parole che udimmo in un tempo che pare tanto lontano. Queste parole di folle orgoglio e di disprezzo per gli ideali del proprio partito che abbiamo udite, sette od otto lustri orsono, da un altro celebre rinnegato del socialismo: Mussolini. Lejeune e Lacost~ non faranno certo la carriera di Mussolini; ma il danno che essi possono fare' alla Repub– blica e alla Democrazia" non è meno grave di quello recato al nostro paese dal suo antico dittatore. L'ECO DELLA STAMPA UFFICIO DI RITAGLI DA GIORNALI E RIVISTE Direttore: Umberto Frugiuele Mi!ano. Via G Compagr.on1 28 Corrisp C~sP.lla Postale 3549 TelPgr. Ecostampa
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