Nuova Repubblica - anno V - n. 28 - 14 luglio 1957

(t7t) nuova repubblica 3 UN ESA]IE DI COSCIENZA COME SIPUO' ESSERE ANCORA MARXI La scelta pregiudiziale a favore degli umiliati e degli oppressi· costituisce la pialla forma umana del pensiero di Man:. L'esigenza di obiellività e di chiarezza ne rappresenta la sostanza metodologica. Nonostante gli errori e anche i crimini legati alla parola marxismo, quella esigenza e quella scelta rimangono._valide di Per gentile concessione delL'Autore, pubblichiamo iL lesto della sua risposta ad una i11ch.iestapromossa dat settimanate francese Demain. C OME si può rimanere marxisti dopo tante assurdità e anche dopo tanti crimini legati a questa paro)a, da una parte e dall'altra della cortina di ferro? E' questo, se ben comprendo, il senso della domanda che mi si pone e che m'invita a un esame di coscienza. Quello che io ancora sostengo del marxismo, la ra– gione per la quale continuo a richiamarmi al marxi– smo a dispetto di tante delusioni .ed incongruità, può riassumersi in due punti: 1) Una sce1ta di fondo in favore degli oppressi degli sfruttati degli umiliati di ogni età di ogni razza di ogni condizione. C'è alla radice del pensiero di Marx un'umanità e una generosità profonda. Questa umanità e questa generosità m'hanno conquistato quando avevo diciannove anni, allorchè, figlio di piccoli borghesi, stu– dente a Pecs e abitante al margine della periferia ope– raia di questa città mineraria, ebbi occas10ne di con– frontare per la prima volta nella vita l'ingiusta e triste condizione della classe operaia. Il socialismo è prima di tutto una protesta contro l'ingiustizia, diceva Proudhon. Ci ,sono molte differenze tra il pensiero di questo maestro e quello di Marx; ma nella protesta essi si trovano all'unisono. Tutto il re– sto è apparato teorico, sistema di pensiero e di_ azione che tende naturalmente a imprigionare, a deformare il sentimento. ·Osserviamo Comulka: testimonio e vit– tima di un enorme numero di mostruosità, d'incoerenze e di stupidità 1 quando tentò di 'ritrovare malgrado tutto una strada aperta per il suo paese e per il suo partito, cominciò col ripudiare quella << ptmosfera viziata di menzogna, di faziosità e di doppiezza» per ritrovare la formula «magica)> della sua gioviriezza, della nostra giovinezza: « Il socialismo è un sistema sociale che abo– lisce lo sfruttamento e l'oppressione dell'uomo sull'uo– mo». Certamente, la definizione è un po' vaga e forse sarebbe stato più giusto dire: il socialismo è una cor– rente spirituale del tempo moderno rhe mira all'aboli– zione di tutte le forme di sfruttamento e di oppressione e che ha una fondamentale preoccupazione: la dignità umana e la verità. Ma noi non discutiamo sulle parole. Quello che conta è la riaffermazione della fraternità umana, che rimane alla base di ogni conversione autentica al socialismo. Fraternità un po' stizzosa da parte d1 Marx, più aperta e. generosa da parte di Engels: non dimentichia– mo che i fondatori del socialismo scientifico, pur essen– do dei temperamenti lirici (le opere giovanili di Marx lo provano, insieme alla sua predi~ezione per Heine), erano affascinati dal rigore del positivismo, credevano di doversi difendere dalle effusioni sentimentali che caratterizzavano gl'i utopisti pasticcioni. Così si spiega •come la corrente ideologica più idealista e più mora– lista, dell'epoca moderna, abbia finito per poggiare su un fondamento filosofico in cu( l'ideale, lo slancio del cuore, il sentimento morale e religioso sono stati rèle– gati in secondo piano - al piano delle sovrastrutture, dei riflessi, dei prodotti sociali, mentre il movimento del mondo è comandato dal giuoco degli interessi, dalle varie manifestazioni della violenza, e, al massimo, dalle invenzioni tecniche. Certo, se l'origine del marxismo è chiara, come l'ac– qua di una sorgente, quando diviene fiume essa trascina con sè molte contraddizioni; di esse alcune, le più im– portanti, sono state autorevolmente rilevate da due pa– dri gesuiti: i R.P. Bigo e Calvez. (Non è uno dei para– dossi del nostro tempo che siano stati due cristiani, due gesuiti, a penetrare meglio di altri lo spirito del marxi– smo, a ricostruirlo, a ricrearlo, in certo modo, dalla base al vertice, per meglio scoprire le sue lacune e le sue debolezze?). Ora, una delle principali contraddi– zioni consiste giustamente nella · tenerezza quasi cri– stiana verso l'uomo,. oggetto di tante bramosie e vio– lenze, da una parte, e dall'altra nel rispetto di Marx e dei suoi primi discepoli di fronte ai grandi apparati, ai concentramenti di potere, nel fascino che su di essi esercitava lo stato idealizzato da Hegel, a dispetto di duemila anni di pensiero politico. Insisto su questo punto perchè mi pare che una delle ragioni maggiori della degenerazione della poli– tica sovietica, ovvero uno dei fattori che più hanno fa– cilitato la deformazione del marxismo da parte degli stalinisti, risieda nell'assenza, in seno alla teoria socia– lista, di un pensiero c<mcernente le norme di esercizio del potere da parte dei partiti socialisti. Questa lacuna è stata recentemente messa in luce in un na.tevole stu– dio pubblicato da Norberto Bobbio sulJa rivista Nuovi Argomenti (luglio-ottobre 1956). Il Bobbio vi sottolinea_ .. FRANçOIS FEJTO con ragione che il pensiero dei marxisti si orientava prima di tutto verso i problemi de1la conquista d02l po– tere. Con qual mezzo fare trionfare le idee socialiste? Come realizza·re il controllo da parte della società o dello Stato delle attività economiche? Attraverso la via parlamentare, legale, pacifica? O piuttosto per mezzo di sanguinose rivoluzioni? O con ambedue questi mez– zi? Le divergenze su questo problema sono all'origine della grande scissione del ·movimento socialista operaio, preferendo i -socialdemocratici l'atteggiamento riformi– sta ed essendo i comunisti attirati dall 1 idea della grande rivoluzione salvatrice. Ma dopo? Invano èercheremmo in Stato e Rivoluzione di Lenin un metodo di impiego ragionevole del potere da parte di un governo socialista. In effetti è proprio l'anti-utopismo un poco fanatico di Marx e dei primi marxisti che dette vita - e rion\ è forse questo una delle grandi e< malizie dello, spirito del mondo >>di cui parla Hegel? - ad un ultra-utopi– smo che ha preso spesso -nei militanti non prevenuti un accento mistico. Marx ed Engels avevano davanti agli occhi i programmi utopistici dettagliati, abbastanza ridicoli, dei sansimonisti, dei falansteriani, ecc. Respin– gendo queste anticipazioni come poco serie, essi si fa– cevano dell'evoluzione della società un'idea assai più ricca e complessa, lasciando alle generazioni future il compito di strutturare la loro vita politica e di trovare le soluzioni convenienti aUe circostanze. La missione essenziale che Marx ed Engels affida– vano alla classe operaia e all'intellighenzia sua alleata, era la distruzione del capitalismo. Quanto al resto essi erano convinti che il proletariato « se la sbroglierà ». La Comune li ha consolidati nell'idea che professavano sulle virtù creatrici della spontaneità operaia e rivo– luzionaria. Ma se la rivoluzione è creatrice (la rivolu– zione ungherese dell'ottobre 1956 l'ha dimostrato una volta ancora), la sopravvivenza e la normalizzazione delle sue conquiste pongono dei problemi politici che si posson~,erevedere. Ora l'anti-utopismo ~i M~r:'- è stato interP1"etato dagli esegeti come una mterd1z10ne a rìftettere sulla società futura. Si era ben compreso che i fini del socialismo erano meravigliosi, che impli– cavano l'emancipazione dell'uomo. Ma ci si era dimen– ticati totalmente di concretare questi fini, di precisare il funzionamento delle future istituzioni socialiste. Lenin ha sviluppato la teoria della dittatura del proletariato ma le tesi che egli aveva formulato su questo argo– mento rimanevano fluide, buone a tutti gli usi. Più millenni di esI'erienza umana avrebbero potuto preve– nire gli ideologi socialisti che lo sfruttamento capit~li– sta poteva non essere l'ultima f6rma di sfruttamento e che la conquista del potere anche da parte di un partito socìalÌsta avrebbe potuto dar luogo ad un abu– so èli potere contro il quale sarebbe stato conveniente prendere delle misure preventive, istituzionali. Ora, agli occhi dei teorici come dei militanti comunisti, Jo stato proletario essendo intrinsecamente buono, generoso per natura, paterno, sarebbe stato calunniarlo indegnamen– te, fare il giuoco dei suoi _nemici, supporre che si po– tessero commettere in suo. nome degli abusi, uccidere degli innocenti, soffocare il pensiero, opprimere lo stesso proletariato. Ora noi sappiamo ormai, lo sappiamo « ufficialmen– te)> dopo il rapporto Krusciov, che tutto questo era possibile, che abusi terribili, atroci, che vanno fino al genocidio, sono stati commessi in nome d.el marxismo. L'ECONOMIA DELLA RUSSIA SOVIETICA di Harry Schwartz LA NUOVA ITALIA FIRENZE L'irr:ip0rianza storica de1 rapporto Krusciov risiede in– nanzi tutto nel fatto che esso ha distrutto il mito della bontà originaria, indistruttibile, dello stato collettivista. Dopo il rapporto Krusciov un dialogo - dialogo di sordi? - si è sviluppato tra i successori di Stalin e i popoli che gli sono sottomessi. Messi sull'avvertita j popoli reclamano delle garanzie istituzionali perchè que– sti misfatti non si ripetano. I1 gruppo al potere tenta di tergiversare proponendo come garanzie deJJe Q,ichia– razioni di buona intenzione. Ma Ja storia dell'umanità prova che non vi sono che garanzie costituzionali, la conoscenza consapevole dei mezzi d'azione liberali e democratici, l'impunità garantita all'opposizione legale e la libertà di stampa che abbiano qualche possibilità di proteggere l'individuo contro il soffocamento da parte dei grandi apparati. Con il rapporto Krusciov il socia– lismo è entrato in una nuova èra, quella della lotta· per la costituzione. 2) Mi rimane poco spazio per parlare della seconda ragione. che mi tiene legato al marxismo: essa risiede nella pregiudiziale che postula di obiettività, di lu– cidità, di imparzialità. Questo potrà apparire parados– sale dopo tutto il guazzabuglio dialettico che i teorici sovieto-stalinisti hanno architettato per screditare, sotto il nome di Marx, l'obiettività, la ricerca disinteressata della verità, e per aprire la via a un pragmatismo grossolano in cui è considerato vero solamente quello che, in quel determinato moinento, serve agli interessi della cricca al potere. Stalin e gli staliniani hanno fatto ·tutto il possibile per traSformare il marxismo fo uno strumento di glustificazione per l'apparato <iirigente. La scienza sovietica ne ha notevolmente sofferto. Rimane tuttavia che il pensiero di Marx, se vi si accede diret– tamente, non attraverso Stalin e neppure Kautsky, Bf– bel e Lenin, è innanzi tutto un incoraggiamento a so– stituire (ancora una volta sono tentato di citare Go– mulka) « aUa lingua morta parole creatrici e vive». Il marxismo si presta a molte mistificazioni. Ma all'ori– gine e nella sua essenza vitale esso si ispi_ra a un de– sider-io di demistificazione, a un desiderio di dissipare le nebbie artificiali di cui interessi inconfessél.bili cir– condano la macchina sociale. Senza dubbio, il padre Calvez ha ragione indicando con un sorriso discreto, quasi volterriano, il carattere dubbi&, aleatorio, della sfida che è al fondo del marxi– ·smo: sfida contro Dio, materializzata nell'idea secondo la quale, la religione e forse la morale stessa non sono che dei prodotti compensativi per l'uomo che vuole consolarsi della sua miseria, della sua menomazione. L'ateismo marxista non ha dato forse vita in Russia a una delle più sanguinose e assurde idolatrie de-lla sto– ria, il culto di Stalin? Questo deve indurci a riflettere. Vediamb anche le difficoltà contro cui urtano gli ideo– logi lsovietici nel loro sforzo di smitizzare la vita in– tellettuale e la propaganda, pur salvaguardando l'aù– torità del partito. Si sostituisce al culto di Stalin queuo di una società anonima (la direzione co11ettiva) che si fa scudo del nome di Lenin. E' sempre un culto. Ma malgrado tutto mi sembra che non vi sia sti·umento migliore del marxismo, con l'integrazione di un po' di psicologia, per demistificare il pensier? sociale, per ispi– rare delle azioni generose e illuminate ia difesa della Persona umana in un'epoca in cui i mezzi di oppres– sione crescono quasi altrettanto rapidamente àei mezzi dì distnJzione totalitaria. La pubblicistica sull'economia souietica t vastissima; ma man– cario i lavori d'insiem·e, capaci di offrire un quadro organico, almeno approssimativamente attendibile, dei vari aspetti di quel• la complessa realtà, e de.Ua politica. economica attuata dalla di– rigeuza sovietica in oltre un tre,itennio. Lo Schwartz e il gruppo di 3tudìosi che hanno collaborato con lui hanno cercato appun– to, attraverso un'indar,ine laboriosa e scientificamente fondata, di colmare questa lacuna. ln un'opera di questo genere no·n pos• sono mancare difetti; ma. nessuno che voglia }arsi un'idea pro– pria delle linee maestre dell'economia 3ovie.tica (e quindi della struttura stessa della società russa contemporanea) potrà fare a meno di valersi del copiosissimo materiale raccolto in quest'.opern e del tentativo compiuto dal prof. Schwartz e dai suoi coUab()– ratorì di trar·ne una i·nter-pretazione intellegibile e valida anche per il futuro. Volume del formato 16x23, di pagine XVIIl-736 con sopraco– perta a colo:rì di D. Boschi, in vendita a.l prezzo di L. 6000

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