Nuova Repubblica - anno V - n. 25 - 23 giugno 1957
4 i Consigli si sono afflosciati. Ciò deve avere per forza delle ripercussioni sul Joro stato d'animo. In secondo luogo: la questione delle leggi. Nella legge sui Consigli operai, nel libretto che il direttore Lewandowski ha qui davanti a sè, c'è una formula molto foteressante. Quasi ogni paragrafo di tale legge contiene 1a seguente formula magica: << Nei limiti delle leggi vigenti ». Il Consiglio operaio può fare tutto, però << nei limiti delle leggi vigenti!» cioè nei limiti delle regole tracciate molto prima dell'Ottobre, prima dei cal11biamenti che tendono al decentramento. LEWANDOWSKI: Non è difficile decifrare il signifi– cato di questa formuletta. Quando si tratta delle norme di lavoro da raggiungere, essa significa non sopravan– zare il fondo salariale. E' ammissibile ogni cambiamento nelle norme di lavoro, a condizione però che si rispetti l'entità del fondo dei salari e che non sia a danno dei lavoratori. Noi abbiamo nel nostro comitato di partito de1la nostra divisione del Ministero un gruppo incaricato di vegliare sull'aiuto da dare ai Consigli operai. I membri del Partito di ogni dipartimento segnalano le eventuali proposte pervenute dalle aziende tendenti a limitare in qualche modo l'iniziativa dei Consigli operai. Finora non abbiamo avuto a riguardo preoccupazioni con nessuna azienda, eccezione fatta per quella di Zeran, la cui si– tuazione di approvvigionamento di materie prime è ec– cezionalmente grave. Questa situazione noi ce l'aspet– tavamo fin dall'inizio, ed ora è diventata minàcciosa. Ma questo non c'entra con la nostra discussione. LIPINSKI: Da una parte si dice: tutto il potere nelle mani dei Consigli! Dall'altra si parla di limitare le pre– rogative dei. Consigli. lo penso che nel periodo che stiamo attraversando i Consigli operai non possono essere di grande importanza e non possono svilupparsi, anche se Jo volessero. Così mi sembra; in primo luogo - percbè anche se il Consiglio operaio di Zeran agisse in modo perfetto e formulasse proposte per la direzione e ·lo svi– luppo della fabbrica, per lo smercio dei suoi prodotti ecc., in effetti non cambierebbe nulla lo stesso. Finchè non si verificheranno dei fatti nuovi che non dipendono assolutamente da esso e che riguardano, precisamente, Ja fornitura delle materie prime e del macchinario, fin– chè non sarà realizzata la cooperazione, è assolutamente impossi_bile un buon funzionamento delle aziende. .E quundo le aziende non possono funzionare bene per ra– gioni oggettive, nessun Consiglio operaio le farà funzio– nare bene. Non svelerò certamente un segreto se dirò che ci sono delle remore assai importanti all'azione per l'incre– mento dell'autonomia delle aziende. Esiste una tendenza, una tendenza che sembra prevalere, che vorrebbe man– tenere in vigore il sistema vecchio, ma tuttora in uso, di dirigere le aziende per via burocratica-amministrativa. Si pensa insomma che i tempi siano troppo duri per poter permettere una direzione autonoma delle aziende; che sia necessario dirigere dall'alto 1'3ttività di queste aziende con dellè direttive emanate come un tem»o dal PKPG (1) (o come si chiama adesso). Secondo me i cambiamenti verificatisi finora non sono nient'altro che una sostitu– zione di nomi; perchè, anche se adoperate una lente di ing1·andimento, vi sarà difficile scorgere una qualsiasi differenza essenziale fra le vecchie e le nuove istituZioni. In simili condizioni il Consiglio operaio, anche se fa– cesse i sorci verdi, non riuscirebbe ad instaurare, una giusta cooperazione, nè ad assicura ·e l'aumento della produzione, perchè non può farlo. Tuttavia penso - questo è naturalmente un pensiero utopistico, poichè senza utopie non si può vivere - che l'essenza dell'attività del Consiglio operaio non si limiti soltanto alla produzione. Siccome la collettivizzazione dei mezzi di produzione non ha di per sè generato la comu– nità, non ha creato fra gli operai la coscienza che Ja fab– brica è la proprietà dei lavoratori, allora nel Consig1io operaio si dovrebbe cercare, nella fase attuale, la solu– zione del problema del rapporto fra l'operaio e la fab– brica. I problemi, come quello dell'assenteismo dal lavoro o della fluidità di quadri, non sono un fenomeno limitato soltanto alla Polonia. Cose come l'alcoolismo, la pigrizia, i furti, Ja fraudolenza, le finte malattie, le ossessioni psi-– chiche, sono fenomeni che si verificano· anche nei Paesi capitalisti, ed hanno come origine il fatto che Jà non esiste quella éomunità, quel sentimento che « la fabbrica appartiene a me», che « è una cosa mia a cui io mi sento intimamente legato», che << mi interessa non solo perchè mi dà il pane». Il sistema di Taylor, per esempio, che si basava sulla contabilità e sul presupposto che l'operaio fa i suoi conti '(guadagnerò il doppio se produrrò il doppio), questo sistema è stato del tutto abbandonato dall'economia capi– talista. In America, dove l'operaio guadagna più che in qualsiasi altro paese, esiste tutto un sistema psicologico e psichiatrico diretto allo scopo di far venire l'operaio re– golarmente al lavoro, ·di svegliare in lui l'interessamento per la fabbrica, non con l'aiuto di premi ma attraverso l'influenza psichica e sociale. Questa sociologia indu– striale deve esser adottata anche da noi. Per ora non se ne parla affatto. Ecco le ragioni per cui non mi aspetto dei cambia– menti radicali nella produttività nei prossimi tempi. Alla stessa guisa, non prevedo un risveglio nell'azione dei Consigli operai finchè le aziende non saranno veramente autonome. O) Panstuowa Komisja Planowahia Gospodaverego, cioè: Commissione Statale per la Pianificazione Economica (l'isti– tuzione più importante dopo il "Politburo »). (168) nuova- re1111bblic11 LAVORO E SINDACA'fl LAMACCHINA NEL POLESI di FRANCO JIERRA. D r l:ROPOSI.T0 1 11011 abbiamo scritto niente, sino ad oggi, dello sciopern b,·acciantile del l">oJe,-ine (non ancora concluso, no11ostante il tal'divo i11tervento del minisll'o del laY01·0} pPrchè, p1·ima cli esprimere un giu– dizio su questa agitazione sindacale, volevamo cono· scer11e gli sviluppi e aveme una Yisione cl 0 insieme: non solo delle ragioni, interessantissime sotto il prnfilo so• ciale ed economico, che l'hanno determinath, ma anche delle componenti 01·ga11izzative e politiche che l'hanno mes• sa in n\oYirnento e sostenuta·. Due mesi di sciopero duro, pesant.e, inintenotto, con i questurini sernp1·e pronti ad intervenil'e jn difesa della legge che, per fo1·za di cose, un movi1nento di ,·esistenza operaia di siffatta natui·a finisce per violare con mille episodi, sono quasi cosa da non cre– dere, in un momento in cui gli operni della l◄'JA'l' o della .t\ nsaldo non ce la farebbero a scioperare per una sola gi~n1ata. Eppure i due 111esidi lotta dei pili miseri e pià affamati braccianti della )/alle Padana sono una realtà c1ella ·nostra contradditloria situazioue sindacale che me– rita di essei-e sottolineata: una realtà che - a nostro giu– dizio - non è nè della CClL, nè della ClSL, nè della UJ L (queste ultime due, tra l'altro, inesistenti organizza– tivamente, nel Polesine, e presenti nella lotta solo con la loro Adesione formale). Questo sciqpero, che i giornali d'informazione hanno dipinto di «rosso> acce:so, ravvisandovi non si sa qUali tenebrose dia\·olerie comuniste., trne motivo clall·istinto di difesa ~dell'uomo, che 11011 dispone, per combalte1·e la dnra battaglia della vila - clu1·issin!a e cr11dele acldir·ittur-a nella bHssa rodigina - che delle pl'oprie brnccia, contro la mncchina, la cui inll'oduzione è diretta a togliergli lo poche possibilità. di lavo1'0. L\101no contro la macchina: è una sto1·ia vecchia cli un secolo, relegata. nella cronaca del passalo per i pae:,;i moderni. a struttura industriale, purti-oppo sempre present.e ed attuale nelle campagne ita– liane, specie nelle pili clepres~e, -11onostante la 101·0 poten– ~iflle l'icchezza, corno quene ciel l"lolesine. Q1iest'anno, gli agricoltoti della bassa r·odigina pensa• vano -.W~ mandare a compimento un loro vecchio progetto: l'abohZiÒne della compartecipazione alle colture della barbabietola e del fn1mento, l'aboJi,,.ione della « meancla > e la pratica soppressione dell'imponibile cli mano d'opera. Vecchi istituti- cçn~liclatisi per le necessitil oggettive clel– rcconomia agi·aria locale e migliornli, dal lato sociale, sotto la spinta delle lotte brnccia11tili cli mew.o secolo. :Ma le 111acchine li h~111110 resi « a1ttieconomici > per gli Ftg1·i-, coltori, che l'iuscii·ebbero a pl"OdUl're cli pil'I, a compiere più rapidamente tA .. lune opp1•azioni agricole, corne la mie– titura e la trebbiatura, solo che potessero impiegare su pil1 vastA scala i macchi1111;·i modèm.i, climiòuendo l'impiego della n1anoclopera sulle loro tene, sulle quali, in relazione nlla eslensione in ha. e al tipo di coltura, è imposto un imponibile piuttosto grnvoso, conseguenza delle tragiche condizioni cli vita di quelle zone. Quest'anno, gli agricol– tori pensavano che fosse giunto il momento per pl'Ovocarn h, rivoluzione dei sistemi: 11011 astebbel'O denunciato le se– mine compiute ed i tel'reni me$Si a coltnta, evitando così che gli uffici di collocamento fa-cessero la necessaria clas• sificazione dei campi, per stabilire, per ogni ha•coltuta, il gl'avame di mano d"opera; non Rvrebbero concesso la « meanda »,, una specie cli contratto cli cottimo, l'elribuito in nRtlHfl, per le opera;,.ioni di mietitura e di Ll'ebbiatura, che Fl~sicura al bl'acciante del l">olesine la sco1-ta di grano per il suo pane neffin,·ernRtn. Ma la « meanda >, che non ci sarebbe stata, la « meuncla:, che è, nell'intera annata, Punico periodo sereno del br·ucciante, ha provocato la lotta, ha dato la fo1·za cli non cedere ai contadini del. Po– lesine. Xon yogliono che le macchine po1·tino loro via il poco pane. Altro che comunisti! Altro che ragioni politiche! La realtà della lotta è eia ricercarsi nella difesa della e meanda > prima, nella difesa clelrin1ponibile, poi. I si1i.– dacati, una volta JJl'OC!urnato lo sciopero, fra le ri\·endica– zionì cli questo hanno elencato anche un aumento del sala– rio. Evidentemente, 11011 è che ci stoni, e adesso i braccianti, che con contratti separati, azienda per azienda, sono riu– scili a piegare l'S5% dei datori di lavoro, vogliono anche quello. Su questo ultimo punto l'accordo è psicologica.• mente più difficile, poichò gli agricoltoti che erano pai-titi, lancia in resta, per «togliere,, clovrebbel'O invece «dare». Rulla « meanda > e sul I~ e compa1·tecip1rnione >, un· accor– do parziale è stato siolato, in sede ministeriale. « Date le condi=ioni demogra{iChe e sociali - esso dice - della provincia di Rovigo, convengono (le parti), ver quanto riguarda la meanda e la cointeressenza, di risvettare la 1>rassi abituale negli ultimi a,mii >. Sin qui, una sommaria descrizione dei raui. Ma que– sto sciopero riconfe1·ma la inettitudine e la inPsponsabilitù, dei ceti imprenclito,·iali clelragricoltura, i quali non hanno saputo dl:'hm11inal'e, in quc-sti ultimi Yent'mmi, le condi• zio11i economiche generali che consentissero la prog1·e,..~inl inti-oduzio11e, nelle carnpagne, cÌelle macchine, il cui irn• piego dovrebbe rappresentare un progrèsso da tutti am• bìto. Solo che, perché sia effettivamente così, ci voglionò ben altre condizioni che non quelle ciel Pole.•:dne, dove il 60% della. popola7.Ìone attiva è norrnalmente dedita al la\·oro Rgricolo. Ecco il punto di tut la la questione dello sciopel'O dei braccianti rocligiani. Essi difendono la. lol'O vita cosi come è, come i loro padroni hanno \·oluto che :::ill: ben nit r-a vita vonebbe1·0 difenclel'e: una vita in cui le macch,ine, come in ogni paese civile, rapp1·esenlassero un allegge1·inwnto delle loro fatiche e non la perdita del p~rne. :Se 11011 possono clifendel'e questo tipo di vita, la colpa non è loro, ma cli quelli che, dopo a\·er dormito per anni 1 acco11tenta11dosi di sfrutlal'e la manodopera, oggi si ride– stano petntsi dal sacro furore del rnodernismo meccaniCo, incutanti delle cons~guenze che possono derivare dalri;l_ nesto del moderno sulla società che hanno voluto mante– ne,·e aneti-ala ed antica. 1,1Progresso tecnico è una bellis– sima ..cosa quando si sviluppa gradualmente, e quando è rivolto a creare ricchezza e non misetia. Che esistono condizioni di regresso tale, nel Polesine, da far considerare inoppoduno un repentino prngresso meccanico, hanno finito per ammetlerlo anche gli agri– coltol'i !ò:enell'accorcio, siglato in sede ministeriale, si legge: « Le varti convengono altresì che, qualo1·a le p1·edelte con– dizioni, anche ver l'intervento di prov'Videnze governative, vengano sostanzialmente a mod-ificar8i, sa.ranno studiate le 1}ossibilitcì di modificare gradualment.e e consensual– mente fo vra.,si ste.ssa (della meancla e della compnl'teci• pazione) >. Sempre contraddittori i proprielar·i e gli jmprenditol'L italiani: mentre ammettono, pur cli uscire dalle strettoio cli uno sciope1·0 che ha pl'Odotlo incalcolabili danni, cli es~ere incapaci a modificare le vecchie strutture ed i vecchi l'appo1-ti economici, e invocano l'intervento dello Stato - che perché sia efficace, nel Polesine·, non poll'il essere che un i11te1:vento opernti\·o vero e proprio nelrimrnfficiente seltol'e judustriale - si dichiarano nemici giul'ati dell'ini– ziativa pubblica. Nel Polesine c 1 è tutto da rifare, tuttO da trn$fOm1are, e i notabili locali non sono riusciti e non ,·iescono a farlo. Quando si sarà determinata una situa– zione economica diversa dall'attuale, nessuno pe11se1·ùche le macchine si1:n10nemiche dell'uomo. In auto e in treno in aereo e in albergo sulle ginocchia, sul tavolo d'un bar, esatta e leggera scriverà la vostra corrispondenza gli appunti di-viaggio i ricordi delle vacanze. Olivetti Lettera 22 ------ / ' ' ,, , ' / ' ' / ' / ' I ' I ' ' I ' I I I I I I I I I I I I I I I I I I ' I \ I ' ' , ' , , ' , , , / ----- -- modello LL lire 42.000 + 1.0.1: Nei negczi Olivetti ed In quelli di macchine per ufficio, elettro• domestici e cartcle"rie.
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