Nuova Repubblica - anno V - n. 17 - 28 aprile 1957

2 RICORDO IH GAE'l'ANO PlEUACCINI L'UOMO E·11 MflE·STRO I GIORNALI hanno dato_ noti_zi~ che nelle prime or_e pomeridiane del 14 aprile s1 e spento nella sua Fi– renze, a 92 anni, Gaetano Pieraccini. E hanno ricor– dato che era stato un medico amato ed illustre, docente di patologia speciale medica all'Istituto di Studi Supe- 1·iori, primario e capo del servizio delle malattie del lavoro nel vecchio Arcispedale di S. Maria Nuova; che era stato, prima dell'av'vento del fascismo, deputato socialista per la XXVI e la XXVII legislatura, consi– gliere provinciale e comunale di Firenze, e poi, dopo Ja Liberazione, primo sindaco della città, consultore na– zionale, capolista del PSU nelle amministrative del '51, senatore della Repubblica. E hanno brevemente ricor– dato che, tra le sue opere, vi è un Trattato di Patologia del Lavoro che, pm: essendo del. 1906, costituisce oggi ancora un testo classlco e, tra i molti suoi volumi, redat– ti tutti con una profonda onestà scientifica e con un limpido linguaggio che lo accosta ai grandi clinici della tradizione toscan·a, un'opera monumentale I Medici da Cafaggiolo. Composta, come egli stesso scrisse, « con .occhio vigile e con animo sciolto da ogni preConcetto o preoccupazione, tormentando l'argomento per bef! quat– tordici anni », pubblicata, la prima volta nel '25, in tre grossi volumi e dedicata quale << filiale omaggio a Fi– ·renze », quest'opera resta il documento più ·caratteri– stico e conclusivo che la scuola positivistica /cui il Pieraccini testò sempre fedele, nonostante il mutar dei tempi) ci abbia lasciato: tanto essa è ricca di ric,erche originali d'archivio, di acute interpretazioni cliniche, di deduzioni ingegnose' nel tentativo di ti·arre, attra11erso ad uno studio (ad un tempo analitico e complessivo) delle personalità medicee, le leggi naturali che ·gover– nano lo Svolgersi dell'ereditarietà e le influenze che su .di esse esercitano ·ambiente e selezione. Eppure, l'aver ricordato tutto questo (una vlta così piena d'opere al servizio del socialismo e della scienza) non basta per chi conobbe ed amò Gaetano Pieraccini. E' che egli non fu soltanto un socialista esemplarmente fedele ai suoi ideali è uno scienziato onesto in un paese .dove il ciarlatanesirr\o politico e scientifieo è Una vec– chia malattia nazionale, ma un uomo nel senso più alto e nobile della parola, un maestro che esercitò, col suo esempio, una profonda influenza su quanti lo avvici– .narono. Penso che di lui, se gli) fossero sopravvissuti, .avrebbero potuto degnamente parlare Carlo Rosse11i o Piero Calamandrei. Vorrei che ne scrivessero un giorno Ernesto Rossi e Nello Traquandi che, più d'ogni altro, gli fu fedelmente vicino fi'no alla morte e che egli amò di UIJ affetto paterno. Conobbi Gaetano Pieraccini nel '25 e mi introdusse in casa sua (.non abitava ancora nella sua casa di via Cavour, ma a due passi dal vecchio Arci'spedale dal quale il fascismo lo aveva già caéciato) Carlo Rosselli. Era il 10 giugno, primo anniversario dell'assassinio di Giacomo Matteotti e, frutto di quel primo incontro, fu che, nel tentativo di" ricordare pubblicamente Matteotti, finimmo, pqche ore dopo, tutti alle Murate. Ammiravo Pieraccini già prima di conoscerlo. Me ne aveva parlato Carlo e m'aveva raccontato di quan.do nel '22 « il pro– fessore » si era rifiutato di inginoèchiarsi in piazza Anti– nori, davanti ad una lapide apposta dai fascisti, e alle loro minaccie aveva· risposto che era vecchio sì « ma con le zampe forti come un elefante>> e si era lasciato abbattere a colpi di manganello piuttosto che~ cedere. Nella Firenze di quegli anni dove si scatenava quel fa– scismo brigantesco che la maggior parte delle grandi città italiane conobbe appena vent'anni dopo, molti tra i vec·chi antifascisti si erano fatti prudenti, tràendosi in disl)arte, preoccupati soltanto di non compromettersi e, più ancora, che i giovani non li compromettessero con qualche imprudenza. Erano costoro quelli che Ernesto Rossi chiamava· sprezzantemente « i pisciafreddo ». Pieraccini non fu mai fra questi. Mi è sempre acca– duto di pensare che una frase che. egli aveva scritto, molti anni prima, nel suo Trattato di "Patologia del La– voro, « La conquista sarà lenta e faticosa, ma a noi in– combe l'obbligo di affrettarla e di renderl~ il più possi– bile completa», fosse diventata il motto stesso della sua vita. Come Gaetano Salvemini, Pieraccini, nel momento in cui maggiore era il pericolo, si buttò con più energia. nella lotta .•Aveva aperto ]a sua casa (una casa modesta n:i3 tanto calda ed accogliente per la presenza sua e di sua moglie, la ·buona signora Vittoria)- ai vecchi anti– fascisti perseguitati e ai giovani che al_.,.fascismo vole– vano ribellarsi. Se molti di noi, che pur venivano da un mondo antifascista sì ma profondamente borghese, sono poi passati in quegli anni al socialismo e ad esso sono rimasti fedeli, lo dobbiamo in prima linea al suo esempio e ai nostri continui contalti con lui. Non vi era nessuna solennità professorale in quel vecchio vigoroso, il cui volto pallido pareva staccarsi da un affresco toscano del quattrocento e i cui occhi bri}lavano di una giovanile allegria; niente di freddo e di dottrinario nella· maniera di esprimere il suo pensiero e di considerare, da socialista, lo svolgersi degli eventi; nessuna volontà di imporre mai un suo credo agli altri, ma solo l'invito a discutere da pari a pari, fatto con una amorevolezza paterna e con la confidenza' di un amico. Chiamava scherzosamente (alludendo al giorno jn cui ci incontravamo, ed anche alla nostra intransi– genza di fronte al fascismo). « i domenicani» -gli amici che si raccoglievano nella sua casa. Se socchiudo gli occhi, li rivedo anc9ra: il Mondolfi, già sindaco socia– lista di Livorno, cacciato dalla sua città dalla (u"ria fa– scista, col suo volto stanco eppur così· fermo; Alessandro Levi, studioso di Mazzini e fedele di Turati, con la bar– b,etta arguta e g!i occhi vivacis.~imi; il maestro Bruni con la sua parola· sempre serena e il passo leggermente. claudicante; il vecchio fedele amico e compagno di studi, 1'<< infortunista>> Aritònio Mori; e tra i giovani, accanto a Cado é Nello Rosselli, rivedo Nello Tra– quandi, Ernesto e Paolo Rossi, Dino Vannucci, Piero Pieraccini, Cesare Pace, Jaurès Busoni, Massimo Cala– bresi, Maso Ramerino. E m'è sempre fitto nella memo– ria (mi piacerebbe poter ricordare anche il suo nome) un maturo fornaio socialista che arrivava regolarmente con un grosso cartoccio giallo pieno di. monete di rame, faticosamente raccolte durante l'intera settimana per i compagni ar carcere .o al confino e per il Non MoUm·e. Perché del Non MoHa.re l'abitazione di Gaetano Pierac– cini era diventata, com'è naturale, uno dei centri di~ distribuzione. E ben lo sapevano gli squadristi che nel- . l'ottobre '26 dettero l'assalto a quella casa e se Pierac– cini e i suoi non furono, come altri compagni di lotta, uccìsi in quella notte fu solo perché la porta resistette. Quella porta che serbò poi, a 'lungo, i fori delle pallot– tole fasciste. Gaetano Pieraccini ci insegnò, in queg)i anni, a non disperare. (< Se siamo socialisti non possiamo non essere ottimisti >>era un motto che egli amava ripeterci nei momenti più duri. E insegnò anche a noi - proprio at– trav~rso questo suo sano ottimismo - a tener duro, ad affrontare,· se necessario, i pericoli, a fare, ognuno n~l suo campo, il· proprio modesto dov:ere. Ahcora nell'autunno del '31, a Parigi nella sua casa di Place du Pantheon, Carlo Rosselli parlava a lungo con un amico dei suoi incontri con Pieraccini, di quello che avev.i imparato da lui, e mandava a dire agli amici LETTERA AfERTA A GAITSKELL (continuaz. da pag_ 1) nuò ad appoggittte Macdonald, e fece bene. Ma quando Macdonald accettò d1 capeggiare un governo a prepon– dera_nza conservatrice, nel 1931, voi lo cacciaste via dal p~·f\1-~, e faceste pm'e bene. · Forse, on. Gaitskell, voi non avete avuto il tempo di valutare questo aspetto urgente e fondamentale del problema, sul quale proprio il vostro partito ha posto dei precedenti storici che fanno oggi parte del patri– monio di -esperienze e di idee di tutto il movimento socialista internazionale. La vostra missione - anche se tale non voleva essere - si è conclusa,~ certo non per colpa vostra, in un'esaltazione dei principi~ che avevate condannato quando erano espressi da Macdonald e che non ritenete di dovere deplorare quando qualche Macdo– nald italiano li mette in _p_,Jatica, in condizioni ben più onerose di quelle in cui furono praticati dallo stesso Macdonald in Inghilterra. Credete che. i lavoratori italiani stiano lontani dalla sociaJdemocrazia perché questa è democratica'! Niente affatto: ogni qualvolta la. classe operaia italiana ha avuto da scegliere fra libertà e totalitarismo, di qualun– que colore fosse, essa ha scelto la libertà. E' solo la forza preponderante dei nemici della libertà che ha im– posto alla classe operaia il fascismo, che potrebbe im– porle altre forme di reazione bianca, che la costringe---– rebbe a subire una dittatura di tipo comunista. In que– st'ultimo caso, però, ci vorrebbero i carri armati so– vietici, come a Budapest, per piegare la classe operaia italiana, nonostante una parte così larga di essa voti oggi per i comunisti. La classe operaia italiana sta lontana dalla soc'.a!de– mocrazia solo pe;·ché la nostra socialdemocrazia· è una socialdemocrazia alla Macdonald, alla Macdonald seconda maniera, e, sotto il pretesto di difendere la democrazia contro il comunismo - contro un comunismo sempre più isolato nel' paese e nelle fabbriche -, si allea al governo con forze conservatrici, come quelle dc e liberali, che sono ben più reazionarie dei Baldwin, dei Chamberlain, dei Churchill .e dei Simon con cui si. alleò Macdonald.' Avete fatto bene a ricordare che non vi è socialismo senza democrazia e che un partito socialista di massa genuinamente democratico deve essere assolutamente in– dipendente dai comunisti. Ma forse non avreste fatto male a ricordare pure che, per essere di massa, un par– tito democratico che si richiami al socialismo deve es– sere anche genuinamente socialista, ossia assolutamente indipendente dalle forzE! conservatrici del nostro paese e dagl'interessi politici, soci3U e culturali che esse di– fendono. Ma forse non avete avuto il tempo di approfondire anche questo aspetto del problema, senza tenere conto del quale, tuttavia, il sociàlismo non avrà mai in Italia uno strumento di massa e lascerà le masse in balìa dei co– munisti e dei clericali. E forse vi siete .limitato alle scarse notizie che avete potuto raccogliere in pochi col- loqui romani. · Voi avete avuto la possibilità, grazie alla cortésia del rimasti in Italia' che guardassero sempre a quel· suo esempio e non avrebl;>ero ·sbagliato. · E in Italia egli restò al suo posto di lotta, anche se sempre più era osteggiato nella sua professione, sempre pii:.t iso}ato dai pavidi e perseguitato dalla .,..polizia che lo arrestò più volte. Ma ognuno di noi, •anche se ormai lontano da Firenze,· tornava, di tanto in tanto, da lui per cercarvi conforto. Pareva - ed era già questo un conforto - che ili anni passassero· senza sfiorarlo, senza incrinare quel suo cervello sempre lucido, quel suo corpo sempre vegeto, quella sua· volontà giovanile di vivere e di lottare. Altri, che più di me lo frequentò negli ultil11i anni, dovrebbe dirci di lui durante l<l Resistenza e negli anni del dopoguerra, Quando tutta la città gli si strinse attorno ed egli riprese liberamente la sua opera mai inierrotta, con giovanile vigore e con quel" non confor– mismo che fu la sua nota distintiva e che lo portò ad aderire ad Unità popolare e anche a qualche franco dissenso da noi, quando qualche nostro atto gli parve meno opportuno. - ' Ma è il Pieraccini degli anni della sorda battaglia antifascista che ho q'ui soltanto voluto ricordare. Certo, la morte trovò questo grande vecchio quale era sempre vissuto. Lo rividi poche settimane prima della fine, quando il primo attacco del male, che doveva spegnerlo, lo aveva già colpito. Nello Traquandi mi introdusse di nascosto nella stanza dell'ammalato che non voleva più vedere gli amici, perché voleva scomparire in silenzio senza che essi dovessero assistere al doloroso spettacolo . Nascosto nella penombra, sentii uscire dalle sue labbra, quasi a fatica ma con la paterna tenerezza di sempre, il nome di un amico dei tempi lontani e lo sentii espri– mere, in tono pacato con le energiche parole che gli erano sempre state familiari, il suo desiderio di morire. La povera luce che illuminava quella stanza, disadorna come una corsia del suo vecehio arcispedale, scavava d'ombre il volto smagrito e ne accentuava il carattere classicamente toscano, di ardito saggio toscano del buon tempo antico. • Scendendo col cuore stretto le scale,\. mi strinsi istin– tivamente a Nello che taceva: sentivamo che stava sc9mparendo ·con Gaetano Pieraccini tanta parte• (e la migliore) della nostra vita passata e che rimorivano in. lui gli amici caduti nella lunga lotta. BRUNO PINCHERLE nostro ministro della P.I., che sta elaborando una legge destinata a ridare forza alla scuola clericale, di scoprire una nuova tomba etrusca a Cerveteri; e ciò mi fa venire in mente uno scherzo che fèce una ·volta il nostro povero Piero Calamandrei a un suo amico, il quale si occupava,, di etruscologia. 'Egli aveva mandato a questo suo amico un vecchio conto della sua dome– stica, scritto a mala pena su un foglio di carta straccia da macellaio, e gli aveva detto che, avendolo trovato in una tomba etrusca, sarebbe stato curioso di conoscerne l'autenticità e di percepirne più o meno il significato. L'etruscologo prese molto sul serio la cosa e ammise che quell'iscrizione poteva benissimo essere etrusca. Forse anrhe a voi, on. Gaitskell, che avete esami– .nato in buo11a fede le nosti:e difficili questioni, si è riu– sciti a fare credere che molti fogli di carta da ma~ellaio fossero socialisti. lit Cordialmente vostro PAOLO VITTORELLI Avete provato o ~oll(.vartiJa·Uuerp, 221 ¾.~ :!:::.v:c::a~:, ~ .. &cll'lt a •uo. al 1po1ca ocm fpci!M :nu;:_ •~a all' olvQ, •MlgJkf

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