Nuova Repubblica - anno V - n. 15 - 14 aprile 1957

(158) nuova repubblica A u 'l' u Il o :M A Il 'l' l N I se u ], 'f on E UN PROBljEMA APERTO di .ENRICO A DIECI ANNI dalla morte (22 marzo 1947) la for– tuna critica di Arturo Martini, certo uno dei mag– giori scultori .europei del nostro tempo, ed uno dei. massimi esponenti della cultura figurativa italiana fra le due guerre, non sembra davvero migliorata. In una nota, la cui pubblicazione venne proprio a coincidere crono– }ogicamente con la morte del maestro, Giulio Carlo Ar– gan scriveva: (< Intorno ad Arturo Martini s'è fatto, da ànni, il silenzio. Non un ostile silenzio, Martini lo sape– va·; un silenzio che rispettava il ricordo d'antichi entusia– smi e salvava ancora una possibilità d'intesa». Ma quale giustificazione al successivo silenzio di un intero decen– nio? Martini, certo, è stato celebrato, nello stesso '47, in una grande mostra a Treviso (ove era nato nel 1889), ed è stato rievocato .in una notevole retrospettiva nel '48 a Venezia nell'ambito della XXIV Biennale, e quindi, nel 1 51-'52, nella VI Quadriennale romana; irlfine è comparso in un orgà.nico ed eccellente .panorama storico della scul– tura italiana del nostro tempo,. composto da Giuseppe Marchiori, quale effettivo dominatore della nostra pla– stica nell'intervallo cronologico fra il futurismo ed il nostro dopoguerra. La pubblicazione delle sue lettere infine, nel '54, a cur;a di Comisso, ha provocato notevole interesse. Tuttavia l'opera di Martini non ha finora in– contrato un critico disposto ad impegnarsi in una sua ef– fettiva e seria ricostruzione, in una sua cernita ed esau– riente qualificazione. Giace quindi tuttora in una con– fusione critica e storiografica ben espressa nel criterio selettivo che ha guidato l'allestimento della presenza martiniana fra i «Maestri» italiani dal 1910 àl '30 nel– la scorsa Quadriennale. L'indagine per una attenta ed ormai assolutamente necessaria revisione del problema martiniano andrà con– dotta operando una selezione .qualitativa assai rigorosa nel complicato e qualche volta ingannevole percorso sti– listico dello scultore, chiarendo la sua posizione nell'am- · l:>ito della cultura italiana del '900, e specificando le re– sponsabilità che con essa Martini divide e quanto ad essa ha apportato, trasferendo infine la considerazione neJ-più vasto panorama della cultura europea; ed insie– me realizzando la finalmente completa disponibilità del materiale documentario tuttora va·riamente disperso, ed un esauriente catalogo delle opere,_ cronologicamente as– sai preciso. Si avrà allora facilmente una compiuta fiso– nomia del1a complessa personalità martiniaria, ed una chiara idea del suo ·effettivo peso nella cultura figurativa del nostro tempo. 4e primissime opere ·note (1907-1908) di Martini sono legate a modi floreali e simbolisti al1a Bistolfi od im~ pressionisti alla Troubetzkoy ed alla Bazzaro . .rvra due brevi esperienze europee, a Monaco ed a Parigi, allar– gano subito gli orizzonti del giovanissimo scultqre. Le opere fra l' 11 ed il '12 flettono così sensibilmente verso le contemporanee esperienze di Gino Rossi da poter par– lare di dipendenza stilistica. Gli interessi di Rossi erano orientati assai ·sulla problematica della Wie~er Seces– sion, che aveva al1ora fedelisslmi imitatori a Venezia,. nonchè sul simbolismo francese, su' Gauguin soprattutto. Intanto alcune opere di Martini del '12 sperimentavano però modi peculiarmente futuristi. Tutto ciò non è tut– tavia che « preistoria » dell'effettiva esperienza marti– niana, che ha invece il suo valido fondamento culturale negli anni '20-'21 con l'adesione a « Valori Plastici». Già alcune di quelle sculture sono memorabili: « La pulzella - d'Orleans», « Il giovane centauro >), << Busto di ragazza )> ••• Non sarà difficile riconnetterle, per evidehti suggerìmènti, alle tele post-metafisiche di Carrà, come a diversi episodi culturali del passato, dalle sculture di Francesco· Làu– Tana ai reliquiari a busto medioevali, ai canopi chiusini. Ma si avverte anche come a Martini non fosse sfuggita l'importanza di Maillol, cioè della migliore esperienza figurativa ed umanistica della scultura moderna. (Del resto gli interessi del gruppo di << Valori Plastici» erano ancora francamente europei). · E' NEL '26 CHE in terrecotte famose, « Il bevitore>>, « La ma~re folle i>, . ~ Ef,~bo_», « Figura seduta», ed in· m·~11:~ajHe ceraniithe;J é~poSie' a Monza ed a Milano, Martini cl-ìiarisce defipitivamente gli effettivi interessi deHa sua ;icerca, ormai del lutto personale e specifica_ Ivi infatti la dislocazione aerea delle masse plastiche è ulteriormente ·accentuata, e le 'masse stesse assumono nello spazio definizioni quasi stereometriche. Vi compare già dunque appieno il Martin.i « scultore-regista», se quelle sculture intendono chiaramente far presa sullo -spettato{·e, 'legarlo.-.. quaSi .;tll'imrtlediatezza stessa della loro impro:vvisa P,JogettaziQile µlastica. V'è dunque pure esplicita l'avvenuta risoluzione martiniana della proble– matica aperta anche i scultura dall'impressionismo. Co-– me ha chiarito l'Argiri nella nota citata, sviluppando al.. cuni acuti rilievi Pi;,p~psti già nel '30 da Lionello Venturi, Martin! ha sostituito infatti alla mutevolezza del mo– dellato impressionista l'improvvisa articolazione spaziale di masse plastiche', non eludentisi nello spazio per una univoca apparizione luminosa, come. in Rosso, bensì pe– rentoriamente definite nelle loro torniture. CRJSPOLTI La zona centrale,-e. certo complessivamente la più pro..: flcua, della vicenda artistica martiniana include la produ– zion,e fra gli anni '29 e '35: da (<Maternità» del '29,, -.l (<La Pisana », « Il pastore )>, << Donna al sole», « Il sogno», « L'attesa », « La «sete», « Il bevitore», ai bassorilje– vi per il monumento al Duca Q'Aosta, ai bronzetti bellis– simi del '35 appunto. Accomuna queste opere un na– turalismo d'approdo anziéhè di Partenza, e cioè non acquisito per diretta visione, bensì attraverso l'elabo– razione di una forma autonoma e mentale, propostasi 'anzitutto alla fantasia dello scultore quale arabesco spaziale di ampia articolazione, o, al contrario,. quale den– sa e bloccata entità plastica. M·artini dunque, ancora, non vi affrontaVa direttamente Ja vita quotidiana per ritrarla o restituirla nella sua discorsività o in certe sue supposte ideali interne strutture, nè intendeva de– mandare la sua cronaca ad un'aulica stor~a vestìta di panni imperiali e romani, come già era diffuso e spesso imposto costume. Preferiva bensì agire. in un'attualità tutta ideale, che significava la presenza quotidiana, tangibile quasi, di un mito che altro non era se non il mito stesso dell'umano, al quale Martini riconosceva una tragica dignità di grandezza. Il naturalismo spic– ciolo allora corrente nella scultura italiana offendeva Martini non per la sua <<irrealtà)>, in nome di una diversa << realtà » d'ordine psicologico o subconscio o comunque di natura tutta ideale, come poteva avvenire ad uno scultore che rappresentasse o proponesse solo forme « pure )>, bensì propr.io per la sua distanza dai dati ideali che lo scultore affermava invece Propri alla stessa vita umana. Ed è perciò che la problematica di Martini rientra tuttavia sempre nel circolo di interessi di uria mentalità « natm,alistica ,)>,di chi cioè crede in una verità morale del mondo ((reale >), anche nelle sue convenzionali apparenze visìve, e insomma di quel mon– do possieda ancora un concetto pienamente realistico. Anche l'esperieìna ultima di· Martini, il suo cosiddetto «cubismo», sia nelle opere che negli scritti (che con un ritardo di_ q,ualche anno teor~zzano quei modi fon– damentalmente dettati da un bisogno di libertà ritmica, e .dunque ancora di idealità di contro ad ogni obbliga– zione descri_s:J,.yistica), non mi sembra aspirare vera– mente più cb~~d una nuova veste di idealità che possa contrassegnare. il mito della natura umana. Quasi che allora Martìni Si fosse accorto di una non sufficiente nobiltà del suo ·precedente ideale « naturalismo». Quest1:1, esperienza <<neo-cubista>> occupa, dopo l'in– fausto prevalere di impegni monumentali e retorici in . una serie di opere fra il '34 - '35 e il '40 ( « Cristo Re >), « Vittoria Atlantica », « Minniti >>, « Ritratto di Lorenzo Viani », (<La Giustizia Corporativa)>, (< Gli Sforza», i bassorilievi dell'Arengario, il « Tito Livio)) ...), gli anni fra il '40 e il '43'- '44, evolvendosi ~in.fine piuttosto in un violento espressionismo plastico~-'che segna, dal '43 al , '44, l'estrema• conquista martiniana ( « Amanti », <(Toro», « Donna che nuota sott'acqua»,. « Toro sdraia– to», (< :Nuotatrice che esce dall'acqua», <(Vacca», (< Pe– gaso caduto», (< La madre» ...) Da allora· alla morte, nel '47, conteranno soprattutto le pitture, tuttavia mo– deste e finora pressochè ignote alla nostra critica. I N QUANTO detto è implicito il riconoscimento della piena appartenenza di Martini alla problematica propria alla cultura figurativa italiana fra le due guer– re: evasione astoricistica, ritorsione dell'arte dal .reale e dalla contingenza, rifugio nella <epoesia )>... Ma occor– rerà riconoscere che dalle massime personalità di que– sta cultura, Mafai, Scipione, Morandi, De Pìsis, Tosi, certo, Martini si distingue poi per una non esigua ces– sione al «novecentismo» retorico ampiamente favorito dal regime fascista. E tuttavia da quelle si differenzia pure per un' apertura ed irrequietezza assai maggiore di interessi e di ricerche (ed in questo sperimentalismo saranno da giustificare in buona parte i suoi episodi di monumentalismo, autèntico sempre comunque), per una notevole consapevolezza cioè della chiusura e dei limiti dei quali doveva soffrire nell'ambito dell'intera problematica morale ed anche peculiarmente figurativa contemporanea a quella nostra culty.ra . Non per nulla Martini fu il primo, l'unico anzi, dei « maestri » a rom– pere con la <( routine» di quella cultura, ed in un modo allora indubbiamente più proficuo persino della pole– mica, ancora così culturalistica, dei giovani di <( Cor– rente». Del resto spetta ancora a Martini, oltre che di avere a suo tempo portato la scultura italiana .al livel– lo della migliore figurativa europea, cioè di Maillol, di Despiaux, di Barlach, di Bourdelle, e persino di Ma– tisse e di certo Picasso, di aver infine riaperto in Italia, con risoluta fede una discussione sulla v·alidità del mi– to dell'umano poi protrattasi pur entro la rivoluzione formale operatasi dopo il '45 (intendo citare Marino e , :M'anzù, Cassinari ed il migliore Greco, Viani e Mirko). Un problema dunque .quello martiniano di estrema complessità, e certo finora criticamente:.del tutto in$oluto. Sarà bene perciò, prima di dare un· giudizio dèfinitivo de}la sua opera, valutarne meglio motivi e aspetti. · 7 Prog-ettò per un mausoleo al centrismo (l>i.1. di JJi11n muchi) • BlllLIO'fJ<~CA • L'AUTOMAZIO~E N ELLA ORi\t/\ [ benernetitl'I collana del Cali'o; le edi– zioni Avanti.! p1·esentano 1/outomozione di Giu:--eppe De Flo1·entiis, notissimo· cultol'e di volgarizM;i;ion,! seiPntifica, gii~ direlto1·e della l'ivista Sapere. La collr.rna dol Gallo, di cui non p~rTà superfluo sottvlineare ancorn una volta la nitida e indovinatissima V('ste editoriale, ha vo– luto condensare in una ~sposi;,,ione elementare - e qui.ndi accessibile a tutti - e nello stesso tempo estremarn<'nh~ Tigo·rnsa. sul piano scientifico, le caraiterisliche tecniche dei nuovi ·pl'Occ<li1nenti di pl'oduzione indusfriale e le conSt!– gue11ze politiehe e sociali della loro inlroduzjone. Non c1·11 molto facile riuscire nell'intento, e per questo ri.,n1ll11 ;rnche pili pieno il successo del!a pubblicazione. ] I De F'lorentii~, infatti, n6n è caduto nell'e1·1·01·e ùi voler raggiunge"~ la semplicitit col 1enol'Si ai discoi·si gene- 1-ici, e ai giudi;,;i politici che già corrono sulla bocca di tutti colo1·0 che sono minimamente .Rl co1Tente dei fotti e delle idee: Ha esposto, invece, con la maggioi-e preci.--ionc possibile, i dati tecnici fondamentali :del problem<-1, cer– cando di spiega1·e R! prnfani corne è costruito un comple:-:so pl'oduttivo antom111i½zato e come /un=·iona, non t1nestan– dosì neppu1·e di fronte all'ardua spiegazione del funziona– mento di 1ma calcolatr.ice -elett-rnnica. Cosa quest'ultima piuttosto difficile da capire - e peggio da ricorcbne - a tutti i pl'ofani come noi, ma !ottura utilissima pe1· i111- pachoni1·si delle dimensioni lbgiche, afiatto sconosci1ite, d1~i nuovi p1·ocedimenti e, insieme, manualetto di consultazione indispensabile per ogni occonenza, quando, come inevita– bilmente accade, ci si accorge di aver tutto di nuovo di– menticato pur rimanendo in grndo cli ricordarne il posto - e•it va.fo1'e - nel contesto delle cose. Nella tratta;,,ione si corn;iderano tre distinto e s11cces– siYe rivoluzioni indust .. iali: la. p1·ima dalla rnanHattma Hlla nrnccliina, la seconda dalla )11acl'.'11inaausiliaria alla macchina antornatica, e cioè nlla la,·ora½ione in serie dove il lavol'o umano deve soltanto rifornire e comandare - e perciò sottoporsi pii:, sttettamente e pesantemente fll 1·itrno della ~acchina -, la te1·za dalrautornatisrno alla ,·era. e propria automazione~ cioè. alle rnacchine capaci di J·ifor– nirsi e di comandarsi da sè, con l'uomo ridotto soltanto alla funzione di intelligente sorvegliante non più legato .a · alcun l'itmo obbligato. Questo giudi½iO non è condiviso da coloro che, ispì r·andosi a c1·ito1·i storico-economici per lo pili marxisti, sostengono che si può padare di una sola rivol11½ione indui,striale, ·quella classica legata all' av\'ento della macchina o al- capitalismo irnprenditol'iale, mentre i mutamenti tecnici non sarebbe1·0 clie successivi adeg11a– menti del medesimo sistema sto.rico. E' ,evidente che il De Florentiis e i suoi conlrndittOl'i rngionano partendo da presupposti diversi: in(atti s11l piano deJla tecnica 'produttiva e dell'organiz½azione del la– YOl'O -.e quindi di bmti alt1·i problemi assai complessi a quelle collegati - dall'istruzione al mercato - si può ben parlare di distinte 1-i.voluzion'I. indusfriali. Sul piano sto1·ico– economico, poi, è ben vero che l'automazione - come oggi si affaccia nell'indushia - è una forma di adattarnon.to dél capitalismo alle esigen½e c;lei lempi 1 se pure (come eflìcacernente climo8fra anche qui in breve il De Flo1·en– tiis) l'organiz½~zione delle struttui·e economiche e sociali, dalla produzione al l'isparruio e dagli investimenti alla occupazione gurnntita e all'incremento dei consumi,. ne può essere profondan1ente modificata in modo quasi inelutta– biie. Sta,·à alle forze del lavoro - che stllnno poi anche alla base ~lei consum? - ese ,rcita.re il loro peso nel punto e nel senso adeguati. F. F.

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