Nuova Repubblica - anno V - n. 14 - 7 aprile 1957
2 I l'l'ALlA POLITICA L1' \/11'DELLE- ILLIJSIO~I L E ELEZlO:'JI di, .Rituini hanno. dimostn\to, anche più eloqucnterneùtc di quelle d1 Cremona, che la. 16tta politica italiana pl'Ocede verso una radicaliz– zaz.ione dalla quale bisognerà, con ponderaziOJ1e ed ur– genza, trarre conseguenze pi·atiche. Nessuno si è mera– vigliato sostanzialmente, della crescita della De1nocrnzia éristii01a: la demolizione della destra non può che recare proritto al partito di maggioranza, il quale diventa il deµosita,·io di quHnto, noi partiti di destra, chiede una stabile i-appresentanza di interes);i economici e di con– servazione. Invece si è mostl'ala maggiore meraviglia per rincre– mento comunista. Ci sia lecito non condividere questa sorpresa. Essa deriva, secondo noi, da un complesso di circostanze obbiettivamente favorevoli al I,CJ, e cioè:• J) la situa7,ione internazionale permane sostanzial– mente producente per la lotta politica del PCI. Nel bi– lancio di essa, bisogna pone, da un lato, i fatti d'Unghe– ;.ia, dall'altro la permanente pe1·suasi.one che questa sta– t.:,rionodiplomatica non va evolvendo VCl"SO la guel'l'a calda; in breve, che la distensione - nel suo significato diplo– matico piuttosto che morale - persiste. Siamo in Itali.a di fronte a modestissimi casi elettorali; si ~bbia l'occhio ad alt.1·i, di ben maggiore impegno, in paesi do,·e i fatti d'Unghei·ia sono egualmente e polemicamente stati stigma– tizzati, come l'India; ebbene, nelle ele~:ioni indiane i fatli di Budapest 11011 hanno ugualmente g10cato alcun ruolo, e i comunisti hanno visto~amente moltiplicato i loro voti. J.l fatto è che là dove i comunisti riescono ad alirnentare la crndenza della loro esclusiva rappresentanza di classe, la loro resistcn:r,a è sicura, sintantoché non si determini un'alternativa fra gl"interessi di classe e· quelli nazionali, sotto una minaccia gridante di aggressività sovietica; 2) nella situazione ilaliana il rCI è favorito dal earattere inoperante di due forze: il socialismo, e la De– mocra:t,ia Cristiana. -Poiché questa second<,'l affemtazione può apparire meno giu8tificata, sbrighiamoci subito a di– mostrada. Non siamo certo noi a negare i fatti: la DC c1·esce; ma cl·esce a spese della destra, cop prorne8se o atti tipici di destra. L'i,ltimo è la nomina doll'on. ~rogi1i alle !'1artecipazjoni, nomina tutt'altro che jnnocente, se si pensa che il nuovo mini.iitl'o giù incomincia a c.hiamare alla testa cli aziende JR[ note personalità del mondo in– dustriale pl'Ìvato. Quando si 1·ipensa al 18 aprile, e alla cojncidemr,a, allorn, dei fatti cli Praga, e oggi di quelli di Ungheria con operazioni di consultazione elettornle, bi– sogna riflettere che allorn n.lla testa della DC era De Ga– speri, cioè una prospettiva di 1·iforÌ11ismo, e una gararw,ia OGNI POLITICA H IL SUO COSTO (co11tinuaz. da pag. 1) chiesero delle piazze di sicurezza nell'apparato senza sognarsi neppure di porre il problema sul piano politico. Per un certo periodo, prima della rottura in novem– bre del clima unificatorio si corse addirittura il rischio che, da una parte per eccessivo entusiasmo, dall'altra per rinuncia a qualificare le ostilità in senso politico, l'unificazione si facesse in fretta e !uria senza alcun bilancio storico-pq.litico, ·con la sommazione pura e sem– plice degli organi dirigenti e la conseguente spartizione del potere così com'era organizzato. Contro questo peri– cOlo Unità Popolare si trovò pressochè sola a reagire, e perciò forse commise l'errore di augurarsi quasi che l'unificazione non dovesse verificarsi più. L'augurio divenne realtà subito dopo novembre, allor– chè la crisi ungherese, facendo salire improvvisamente la tensione politica, provocò la brusca catalisi di tutte le incongruenze e cattive coscienze unificatorie: dall'in– cidente Saragat-Vecchietit fu chiaro che da parte di alcuni gruppi dei ,due partiti si era tentato di bararè al g:iuoco e ora ci si gettavano pubblicamente le carie in faccia. La considerazione nenniana sulle ragioni sto– riche socialiste e social-democratiche, e sul bilancio cri– tico che occorreva trarne in sede politica, era dimen– ticata e negletta, per primo da Saragat, e soltanto· Lom– bardi dimostrava di averne compreso lo spirito e di condividerne i propositi. Per la verità, Nenni aveva contribuilo in parte ::l1 proprio insuccesso: convinto dalla necessità d1 por– tare il dialogo tra i due partiti del piano patetico e manicheo a quello storico e politico - e chi poteVa es– serne convinto più di Nenni, in fondo, sulla cui storia personale pesano assai più il salvataggio del PSI dalla fusione coi comunisti nel '23 e la riunificazione socia– lista del '30 che non la scissione del '47, voluta e rea– lizzata dai Basso e dai Saragat, dai Morandi e dai Mat– teotti, ma non certo da lui? - a tutto doveva ricorrere, fuorchè all'abbraccio persona.le con Saragat. L'abbrac– cio è cosa umana, impastata delle debolezze e degli affetti dell'uomo: dopo Pralognan, chi non era auto– rizzato a yedere incarnata in Saragat tutta la storia positiva della social-democrazia, e quiridi assolto i1 lea– der social-democratico da ogni passato e presente errore? L'opiTlione politica nazionale tendeva già a raffigurare in lui, e non senza ragione, tutto quanto il PSDI - i sa– ragattiani -: da parte di Nenni occorreva una inizia– tiva politica verso il PSDI come fatto politico, mai verso Saragat come uomo, perchè, quando agli abbracci fos- (relativa 1)1:-\ non -contoHtabilc) di laicitl, cristiana; oggi alla testa della DC vi è Fa11fa11i, che la seconda garanzia llOH può dare perché non vi crede, e la prima. non· può assicurarn anche perché il tasso d'incremento del reddito nazionnle è in· lieve decrescita, nel tempo stesso in cui la polivalenza tattica clel1"11omo toglie credibilith anche al suo antico <lossettismo. Per queste ragioni, la. DC risulta, sì, operante ai fini della sua caratterizzazione statica– me11'te interclassistu, e in ..ealtà conservatrice; ma ha pe1·– cluto lo slancio necessa ..io per opporre una resistenza cli fatto, .o anche di opinione, al elassiSHlO del PCI. L'altra circostanza favorevole al PCI, ci si scuserà di ,ripetedo, è la situazione equivoca deWunificazione. To– gliatti lo ha sct'itto, natur·almente a suo modo: il PSI perde voti perché si dubita de1la sua decisa solidariet.ù classista verso l'elcttol'ato e la base del l?CI, schietti elet– torato· e base di· lavol'atol'i. C'è in que"sto modo di rico– struire le cose un certo strnvolgimento del vero: baste– rebbe che Togliatti tenesse presente il travagliato ma non scosso leali-smo sindacale dei Santi e dei Foa. Ma in 1·ealtà, ciò che ormai evidentemCnte dist:urba l'elettorato socialista è di non sapel'e vèrso quali mete sari'l condotto. Il problema, pel' i socialisti, è quello del 4: che fare». Affrettare l'unifica:.-,ione, per non prolungare questa con– di:.-.ione di equivoco maltollcrato dall'eletlornto. Questa sembra la risposta ovvia. Noi non vorremmo che ci si cul– lasse nella facile illusione di questa semplice possib.iliU1.· Quasi ce1-tament:e essa uon discenderà dal nrossirno con– g,·esso del PSDL Attendern di qui la risposta positiva al Congresso di Venezia pot1·ebbe costituire un passo innanzi in u11a via di fatali illus.ioni. Occorl'e all'uopo rammenlal'e schematicamente la stn,ttura del PSDI. Si t,ratta di un partito che, mentre presenta una sinistra unificazionista al 33 per cento della base, e una destl'a anliunificazionista capace di produrrò sca ..si seggi in direzione (due soli, Simonini e Canini), ha poi un elettorato di tendenza. opposta: un solo depu– tato di sinistra (Bonfantini), quindici pal'lamentari di centro destro o di destra, otto di centro sinistro, di cui forse non più di ll'e prenderebbero posizione, non diciamo, per la sinistra, ma per ?\'Iatteotti. Questa situazione del pal'lito è dovuta al suo leader, Saragat, il quale rappre– senta la forza moltiplicati·ice del PSDI nei riguardi del- . J'eleltornto; non solo pel' la sua superiorità di prestigio, ma perché la sua .lJOt~ persOl.Jftlo si diffo11de sino alle radici della 'prnparar,ione elettorale 'perifel'ica attrave1·so i coadiuto,·i stessi di Matteotti nella gestione del partito: Santoro e Righetti, 'fanassi e Ippolito. Queste figu- ,~ sero succedute - e questo spesso è inevitabile - le incomprensioni e le impuntature, sarebbe stato forse troppo tardi per restituire al dialogo la politicità e la storicità che in gran parte aveva perduto. Si può obiettare, an·che in· questo caso non senza ragione, che le valutazioni rigorosamente storiciste - come per esempio quella data da Lombardi a Venezia sui passati errori del PSI e del PSDI - presentano per forza delle lacune nella va!ùtà:zione del problema del male, e quindi lasciano insoddisfatta quella componente etica e patetica che resta pur sempre di non secondaria importanza nella determinazione della volontà •politica degli individui e delle masse. Il discorso di Lombardi, infatti, proprio per la sua olimpicità crociana, dove non si dava ragione nè torto ad alcuno, passò sull'uditorio veneziano quasi come acqua su un incerato e fu rac– colto da pochi, e per lo più da estranei osservatori che da militanti impegnati. La politica non è dissociabile dagli impulsi morali e affettivi che ne sono insostitui– bile fondamento. Ma proprio per questo l'iniziativa di uomini come Nenni, che si trovano ad adoperare un prestigio indiscutibile pei; superare in una sifltesi poli– tica dieci anni di errori e dì rancori, non deve concedere che l'indispensabile ai complessi eticO-paletici, e diri– gersi enèrgicamente a superare questa difficoltà. Oggi, dire che tutto è perduto - o compiacersi del fallimento della unificazione - ha lo stesso significato che continuare a dire che tutto va per il meglio: pur– troppo ci si stanno già provando con successo troppi e.sponenti unificatori e anti-unificato.ri che hanno sem– pre ragione. Subordinare ogni iniziativa politica alla unificazione o ·a1 congresso del PSDI, come - nonostante le contrarie affermazioni di coloro che pongono l'accento sulla iniziativa propria del partito, facendo di tutto per dimostrarne l'inesistenza effettiva - pare stia avvenen– do in qualche settore del PSI, è quasi ridicolo. Condurre avanti polemiche pseudo-moralistiche - i principi - unitamente a iniziative sabotatorie, come si riduce a fare Saragat, rischia di essere, oltre che ridicolo, rovi– noso per tutti e due i partiti. Alimentare per colpevole ic furbizia» - o per non riuscire a superare risenti– menti e repulsioni - le polemiche o i « veti » personali vefso esponenti e grupÌ;>i socialisti, è vera follia. Non ha senso pensare di risollevare l'iniziativa socia– lista facendo una mezza unificazione senza Saragat - che resta, nostro malgrado, il simbolo dell'altro socia– lismo di fronte al paese -, o escludendo Codignola per– ch,è ha delle idee, o distruggendo l'apparato del PSI per– chè un partito socialista i< non dovrebbe averne biso– gnò». Quello che conta, oggi, è riportare il dialogo in termini rigorosamente politici, e il leader, o semplice- (157) nuova repubblica re, e soprattutto -il Ta11assi, mantengono continuo il nesso t,1·a la, posizione e la pe,·sona di Saragat, e i notabili so– cialdemocratici che rrelle federazioni provinci,di di ..igono ed eseguiscono la politica elettorale del partito. Questa configurazione del rapporto partito-eletlorato, al centro della q1rnlc sta Saragat, 11011 consente probabil– mente al Congresso grnndi n1ovimenti. Esige, coito, da parte di Saragat, una manovra, ma già ben conosciuta, ed .a lui agevole per lunga esperienza: quella di captal'e al cc11trn del partilo un s11cces·so da portare poi in depo– sito alla destra cli esso. Per Sal'agat si tratta, in altre pa– role, di persuadere il Congl'esso che egli è, ai fini della condotta pratica, in posizione affine a Matteotti, o !-ll– mcno conciliabile con Matteotti. Ora l'operazione è meno diHièile di quanto si creda. Matteotti e Saragat hanno già in partenza un punto in comune: sono convinti che di unificazione si debba trattare solo dopo le elezioni po– lit.içhe; ed hanno un punto di discordia: Matteotti crede, ,, Saragat contesta, che la· migliore impostazione eletto– mie sia quella antidemocristiana e anticentrista. Sono dunque d'accordo su un terreno intorno al quale Sara– gat può poi astenersi <lui fare qualsiasi cosa - l'unifica– zione, e disputano sul permanere nel govemo e nella maggioranza democristiana. Saragat dimostrct·à ancora una volta che ciò su cui sono d'accordo è esse1w,iale (non affrettare un equivoco, come egli dice, sul piano della democrazia politica), e ciò intorno a cui discordano ·ò n1arginale (una decisione cli schieramento parlanle11tare), e quindi rimetlibile ;tlla futura direzione. · C'è un dato dj fatto, non dimentichiamolo, che aiuta decisamente Sarngat nella sua linea antiunificazionistica, ed è la condotta della sinistrn socialdemocratica. Quando questa, chiedendo 'r,mificazione subito, avverte che non esistono nel partito se non la sua posizione politica e quella della destra, essa cerca, è vero, di scavalcare tanto Matte0;tti quanto Saragat: nta in realtà scavalca solo Matteotti, essendo la posizione di Saragat identica a quella della destra. ll 1·isultato è che la sola posizione seriamente unificazionisticà (mettersi subito a preparare l'unificazione, con il passaggio all'opposizione, ed una piattaforma elettorale concol'data ·con il PSI) del PSDI viene effettivamente frustl'ata; e Matteotti, lasciato solo alla mel'cé di Saragat, ne 1·isulta incalcolabilmente in– debolito. Ecco perché, a conti fatti, sarebbe illusol'io contare sui risultati u11ificazio11istici del congresso del PSDJ. Non solo sarebbe illusol'io Cl'edcl'e che il congresso di giugno abbia a decidere l'unificazione; ma che abbia a "decidere un indil'i~zo di azione che possa condurvi. Ecco perché, a nostro avviso, o il PSI si decide a tradurre in atto, e in forme vistose, impressionanti, la sua decisione di Venezia di una politica propria, lungo la quale può incontrarsi, o può anche non incontrarsi, l'unificazione socialista - ; oppure esso andrà incontro a -nuovi• sac,·ifici elettqrnli, a vantaggio dei, comunisti, e, indirettamente, dei demo– cristiani. Non è precisamente quello che ci· Si ripromet– teva come e:. alte1•nativa democratica». ALADINO mente il quadro, che non sappia o non voglia riassu– mere le istanze morali e passionali dell'impegno poli– tico per tradurle in termini àdeguati, o, peggio, indulga agli odi e li rinfocoli per finalità di piccolo momento, si dimostra inadatto aUe funzioni che ricopre e, presto o tardi, andrà incontro a inevitabile liquidazione. Altro errore capitale è la persuasione che l'unifica– zione socialista possa, una volta avvenuta, conseguire rapidamente un forte successo elettorale. A questa spe– ranza si ricollegano gli atteggiamenti degli aperturisti a oltranza e di quanti sperano che il << colloquio con i cattolici » porti ad assidersi anzi tempo sulle poltrone del governo. Questa persuasiÒne è infondata: se infatti non è possibile, come non è possibile, unire i due partiti come sono oggi senza una forte reazione di rinnovamen– to politico, è altrettanto assurdo volere la sommazione e l'accrescimento indifferenziato di due elettorati pro– fondamente diversi tra loro e tutt'altro che omogenei . anche al loro interno. Esiste, bene inteso, un nucleo - la grande maggioranza degli elettori del PSI e per lo meno la metà di quelli del PSDI - che è tale da costituire sin dall'mizio un appoggio sicuro per il socia– lismo unificato. Per il resto, però, le perdite ma:rginali di elettorato frontista, e ancor più di elettorato conser– vatore, potranno essere s-znsibHi, e non andranno troppo rimpiante. Su questo elettorato - ne11'un caso chiusa– mente tradizionalista e nell'altro socialmente disinte– grato - il socialismo non potrà fondare mai molte spe– ranze, mentre invece esistono, a compenso, ampie zone di elettorato - ogf}i comuniste, cattoliche o anche lai– che - molto più. sensibili e moderne. Solo un lento lavoro di partito, assai più della pro– paganda elettorale, potrà raccogliere la solidarietà di certi strati. oggi comunisti e cattolici, che sono legati a precisi interessi economici e a ben definite ist nze civili e morali. Non ultimo, poi, il voto delle giovani genera– zioni e dei nuovi elettori, direttamente interessati al rinnovamento della società e dello stato sul piano dei metodi e degli uomini prima ancora che delle cose e deUe strutture. Per H socialismo italiano, certamente, le elezioni deci– sive potranno essere al più presto quelle del '63, e non quelle prossime, anticipate o meno, del '58. Per queste ultime, però, occorrerà. aver realizzato l'operazione poli– tica - e non elettorale - della unificazione, per essere · in grado di coHaudare lo strumento cui affidare i neces– sari anni di laVoro. Il dialogo tra i socialisti deve venir restituito alla politica, al di sopra degli intetessi parti– colari e delle pur legittime passioni degli uomini. GIULIO CHIARUGI
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