Nuova Repubblica - anno V - n. 12 - 24 marzo 1957

(155)' 11uo11a repubblica NEL 250° ANNIVEltSARIO GOLDONI E LE MASCHERE N EL MONDO ~ell'~rte diffi~il~e~te le << quérelles » si chiudono e d1ffic1lmente s1 hm1tano alla loro epoca. La polemica suscitata dal Goldoni e alimentata poi dal Gozzi e dal Chiari, dal secondo Gozzi, dal Baretti e da infiniti altri, su.Ila legittimità o meno della commedia all'im})'rovviso, giunse allora a termini accesissimi, a in– giurie violentemente plebee e pHtoresche. In prosieguo di tempo, dopo la scomparsa dei principali protagonisti, prese un tono più ragiònato e meno passionale, ma non accennò mai a spegnersi del tutto, perché continuarono ad alimentarla, naturalmente in fazioni opposte, gli stu– diosi della Commedia dell'Arte e gli studiosi di Gol– doni, gli interpreti di Goldoni e del Gozzi in chiave di libertà affidata alle Maschere, e quelli invece fedeli al realismo invocato da Goldoni nelle sue prefazioni in nome della Natura e della naturalezza. Sbaglierebbe però chi pensasse a una polemica tra formalisti e contenu– Ùsti nel senso che queste accezioni, in modo del tutto particolare, possono prendere nello spettacolo teatrale. Si tratta di un contrasto di ben altro genere: quello, connaturato alla sostanza stessa della rappresenta– zione teatrale, tra le esigenze teatrali nel senso stretto del termine, e quelle letterarie, a cui, sia pur riluttante, l'uomo di teatro deve fare ogni volta appello se non vuole esaurire in breve il giro delle sue possibilità. Che nell'espressione letteraria abbia poi prevalenza l'aspira– zione contenutistica o quella formale, la poesia o l'arte, per dirla in altri termini, è questione in questo settore considerata successiva. Conta qui anzitutto la precedenza da accordare al gioco teatrale, al divertimento che si deve offrire con esso al pubblico, al modo con cui si può a~– solvere questo compito, all'abilità degli effetti. Ora, per quanto riguarda l'opera di Goldoni, risorge ad ogni pié sospinto la domanda: occorre comprenderla nel suo si– gnificato artistico, solo in funzione anti-Commedia del– l'Arte e cioé in base al1a sua più volte conclamata poe– tica ~ non sarà invece più giusto sgombrare il tei.-reno dall~ intenzioni goldoniane, per venire a stabilire il reale rapporto instauratosi tra la sua produzione e il gioco delle Maschere? E nella sua stessa poetica, non sarebbe logico constatare anzitutto se il suo discorso polemico sia diretto contro la Commedia dell'Arte in genere o non piuttosto contro la cattiva Commedia dell'Arte allora imperante in Italia, e soprattutto contro la sopravvivenza di un genere che non aveva trovato modo di rinnovare i suoi ar– chetipi? Si deve in primo luogo considerare l'avvenimento costituito dalla Commedia dell'Arte nel1e sue ori– gini, come venne a svilupparsi. Gli stessi concetti che Goldoni svolge a proposito della sua riforma, avevano certamente vita sulle labbra dei primi Zanni. E' vero che gli innamorati e il Capitano e n·Dotiore ricorrevano, in base alla propria condizione sociale, ad· un linguaggio parodisticamente goffo e ampolloso. Ma Pantalone e so– prattutto gli Zanni, portavano invece sulla scena diret– tamente il linguaggio popolare, parlato, quel linguaggio che stenfava a farsi luce e soprattutto a prendere consi– stenza effettivamente teatrale nella commedia erudita. In altri termini, avevano le stesse inclinazioni alla « na– tura », alla verità, di cui si fa portavoce Goldoni, e che si ripetono in ogni epoca, come stimolo rinnovatore, non . solo, ma come necessità per legarsi il pubblico, lo spet– tatore, desideroso di riconoscere sulla scena la realtà di ogni giorno, nei suoi mutamenti intervenuti, nella s~a segreta attualità. Vive, nei partigiani della Commedia dell'Arte, un non dissimulato rancore verso Goldoni come artefice' della morte del genere. Se ne può comprendere il motivo sentimentale, non quello logico e storico. Si è trattato di un fenomeno destinato a non più ripetersi. In Italia operò Goldon·i. Ma in Francia dove il genere del– l'improvvisa fu fiorentissimo, che cosa agì se non l'esau– rirsi stesso della singolare manifestazione? La realtà della sua opera appare oggi ben diversa da quella che preconizzava Goldoni con la sua riforma. E' vero che scomparvero le Maschere: ma è an~he vero che proprio nell'opera di Goldoni ne troviamo oggi la testimonianza più viva, il frutto più maturo. Il germe postavi, e sia pure polemicamente visto, dalle Maschere della improv– visa, generò in Goldoni una spontanea e fresca teatralità, e come suo logico sviluppo - sviluppo, si badi bene, dello spirito di osservazione realistica e parodistica con– naturato alla nascita delle Maschere - generò la pittura in chiave comica, ma con un fondo patetico, del mondo veneziano, dal popolo alla nascènte borghesia. In definitiva Goldoni riprese nella sua ormai di– menticata sorgente l'ispirazione che aveva suscitato la Maschera, rinnovandone naturalmente la forma, renden– dola consona al nuovi tempi. Dai grandi attori dell'Arte della sua epoca, dal Sacco e dal Darbes, accoglieva il senso dell'umorismo e dell'arte teatrale, la capacità di metterne a frutto ogni possibilità. Erano gli eredi viventi nella grande tradizione delle Maschere che gli passa– vano parola. Goldoni, giungendo dal canovaccio al testo completo della commedia, traduceva in limpido linguag– gio teatrale le virtù migliori della loro improvvisazione: portava la Maschera all'arte della pagif:1a 1 traendo linfa daHa sua esperienza scenica. VITO PANDOLn 7 Inviti e partecipazioni (Dis. d( Diuo Dose/ii) BIBLIOTECA VECCHIO E NUOVO NELLE CAMPAGNE ITALIANE T RA i << Problemi del giorno », presentati d~gli Editori · Riuniti, è uscito poco tempo fa Vecchio e nuovo nelle campagne italiane, di Emilio Sereni. L'autore, già noto per precedenti studi sull'argoment<:, passa. in rassegna la situaz~one attuale della nostra agn– coltura, cercando di mostrare quanto di nuovo ~ di mo– derno si sia sostituito o sovrapposto alle vecchie strut– ture proprietarie e produttive, e quali interrelazioni cor– rano tra il vecchio e il nuovo equilibrio, fino a dedurre le « leggi di tendenza » che regolano l'evoluzione in atto e la politica agraria da seguire da parte delle sinistre. Si può affermare che, in gran parte, egli sia riuscito nell'intento, se non altro per la raccolta di dati ampia e ben ordinata che fornisce e per la correttezza logica e la perspicacia d~analisi. Quest'ultima, ovviamente in_sp~– rata a presupJj~ti marxisti-leninisti, ha se non altro 11 pregio indubitabile di svilupparli seriamente e scientifi– camente, poco cqncedendo ai luoghi comuni della pr?J?a-. ganda spicciola e alle viete giustificazioni della politica agraria perseguita in varie occasioni dal PCI. Non sempre però H· Sereni riesce a svincolarsi dalle pastoie giustificazioniste, e in questi casi l'analisi scien– tifica scade a pubblicistica apologetica. Non urtano af– fatto, per la verità, le frequenti citazioni in inizio ~i capitolo - tratte soprattutto dal terzo volume del Capi– tate di Marx e dalla Teoria deUa questione agraria di Lenin - perché sono ben scelte e meglio collocate e discusse per interpretare i dati della realtà, evitandosi quindi di relegarle a quella funzione ornamentale cui troppe altre volte i santi padri del marxismo si trova_no condannati. Ma molto meno convincenti paiono le gm– stiflcazioni della politica agraria comunista « maturata e tradotta in atto con la decisiva collaborazione di Togliatti e poi con quella di tutta una schiera di quadri del Movi– mento per la Rinascita ». Si direbbe quasi che la politic'a del partito comunista e degli organismi di massa strettamente controllati - sappiamo che per dieci anni è stato così, e del resto nep– pllre il Sereni lo nega - sia stata la traduzione fedele della ben nota analisi gramsciana della questione meri– dionale, Il che non è avvenuto per due ragioni: primo che Gramsci aveva espresso sì de11e intuizioni geniali, ma non aveva certamente fornito una piattaforma di politica agraria nazionale e meridionale elaborata e precisa, adatta per tutti i tempi e per tutte le situazioni (quanto i tempi siano cambiati e quanto le situazioni locali siano diverse ce lo conferma l'autore con dovizia di dati); secondo che, c0me denuncia più volte proprio il Sereni, si è commesso a più riprese, e da parte degli stessi comu– nisti l'errore di separare dalla lotta fondamentale per la p~oprietà terriera (« la terra a chi la lavora»), l'azione contrattuale in strutture agrarie e situazioni date, come ad esempio ·1a « giusta causa» e l'imponibile di mano d'opera, L'assunto centrale dell'analisi del Sereni è, invece, la valutazione della importanza sempre crescente dei c~pi– tali e delle tecniche nella produzione agraria moderna, e come, dal mantenimento di strutture semifeudali e della rendita terriera non imprenditrice, nonché delle barda– ture corporative e di una struttura creditizia fortemente accentrata e jugulatoria, il controllo sull'agricoltura ita– liana tenda sempre più rapidamente ad acce1!trarsi nelle mani del capitale finanziario e dei grandi monopoli indu– striali, nonostante le contrarie apparenze di frazionamento sempre più pronunciato della proprietà. Le banche e i consorzi di bonifica, i consorzi agrari e la Coltivatori Di: retti, la Montecatini e la Fiat, i prezzi agricoli e i prezzi industriali, gli Enti di Riforma e la pi<;_colaproprietà coltivatrice, l'agricoltura capitalista e la mezzadria tra– dizionale il latffondo e il problema demografico, i mon,>– poli zuccherieri e conservie1i e i vari «Enti» sfruttator!. sono tutti elementi che entrano via via nell'ampio di– scorso dell'autore. Si conclude, in modo assai convincente, che il pro– blema agricolo è innanzi tutto un problema nazionale, strettamente legato al1a politica della grande industr.ia e alla sua volontà di restringere il· mercato, e che una risoluzione si accentra nel favorire to sviluppo capitali– stico-imprenditoriale deU'agricoltura, rimuovendo le in– crostazioni della rendita a vantaggio del profitto e del– l'investimento di capitali, nonché della c~pacità contrat: tuale dei lavoratori; spezzando la «forbice» tra prezzi agricoli e industriali che è sempre più sfavorevole ai pri– mi; organizzando diversamente il credito da 11.arte dello Stato e di libere iniziative mutualistiche, in modo da dare una effettiva indipendenza alla proprietà coltivatrice e alla cooperazione; Iegando•ogni intervento al criterio di una più ampia assunzione di potere direttivo sulla pro– duzione agraria da parte di tutti coloro che, in situa– zioni economiche e sociali diversissime da caso a caso, si trovano comunque nella condizione di applicare diret– tamente alla terra la propria capacità di lavoro. Analoghi difetti avevamo riscontrato, qua e là, anch: nelle altre pubblicazioni della stessa collana - La rt– forma della scuola di Mario Alicata, Atomi pe_r la pace di Renato Mieli, I lavoratori e il progresso tecnico, frutto quest'ultimo del noto convegno tenuto all'Istituto Gram– sci. Ma, specialmente coi due volumi sull'industria _e suH'agricoltura, dell'Istituto Gramsci e del Sereni, sia pur diversamente impostati, la collana costitui~ce un contributo di prim'ordine alla conoscenza e alla divulga– zione di problemi politici scottanti e fondamentali. Ultima considerazione, di ordine generale, sulla poli– tica agraria. Per dieci anni la sinistra italiana è andata avanti a tentoni, cosa tanto più colpevole, in quanto la realtà sociale del nostro paese è fondata ancora in gran parte sull'agricoltura e sul mondo contadino. Nessuna meraviglia quindi, che il movimento cattolico e la destra . proprietari~, con l'assoluta maggioranza dei. tecni~i sott.o il loro controllo immediato o mediato, abbiano fatto Il bello e il cattivo teihpo in materia, al punto da riuscire a ridurre in termini sostanzialmente conservatori e co– munque accentratori di potere economico e so~iale anch~ quella riforma-stralcio che apparve, e resta, uno degli atti più importanti di rottura politica, causa il supera- mento del principio di proprietà. • · Come al solito, i comunisti dimostrano di avere dei tecnici e di essere abbastanza documentati anche su ·que– sto problema, ma di non s:perne fare uso corretto ed adeguato con l'esprimere un conseg_uente _p~ogra~a agrario nazionale, per la preoccupazione_ d1 ~d~bohr~ qualche aspetto dello sterile contesto agitatorio m c~1 amano collocarsi. Da altri settori di sinistra, e nella fatti– specie dai radicali, si preannuncia un programma agrario a cura del professor Rossi-Doria e del proprietario conte Carandini: sarà in ogni caso un utilissimo contributo, degno di essere attentamente valutato, anche se proba– bilmente .risulterà ispirato da preoccupazioni di conserva– zione illuminata - sempre migliore comunque dell'attuale caotico parassitismo - più che da radicali _istanze d~ rinnovamento. E i socialisti che fanno? Oltre a1 pregevoli interventi dell'on. prof. Sampietro, poco altro è stato finora fornito. Eppure dobbiamo ben renderci conto che, senza un programma agrario documentato e c~~rente - soprattutto coerente nei riguardi della modermta e de11~ produttività - non possiamo presentarci agli elettori per richiedere il governo del paese, e tan~o meno allar– gare la nostra influenza nel mondo contadmo. GIORDANO PARODI

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