Nuova Repubblica - anno V - n. 12 - 24 marzo 1957

4 LAVORO E SINDACATI SCIOPERO DELLA PREVIDENZA di FRANCO VERRA N ON V'E' aspetto della situazione sindacale italiana che non si i·iveli di grande interesse e che non con– duca a constatazioni e valutazioni che hanno del p1u·adossale. Prendete, ad esempio, lo sciopero dei para– statali: quando m8.i, da quattro o cinque anni a questa plirte, s'el'a vista un'agitazione così completa, senza asten– sioni? Sullo spirito di lotta e di resistenza dei parastatali nessuno ci avrebbe giurato. Eppure hanno offerto una me– ravigliosa prova di compattezza e di volontà di resistenza a.i ministl'i del bilancio e del tesoro. Nessuno, in fondo, aveva pensato che facessero sul serio, questi impiegati così « a modo», così attaccati alle tradizioni dell'« ordine costi– tuito» e che, ad essere sinceri, nei confronti dei dipen– denti degli Enti Locali o dello Stato, Possono conside1·arsi privileginti, in quanto a trattamentò econorriico. Prendete invece, ad esempio, per avere un'idea delle strane~zo di questa situazione sindacale, ciò che sta avve- .,nendo a11a. Fiat di 'l'orino, dove la élite della nostra classe operaia ha accettato le angherie della direzione aziendale, senza opporre nessuna resistenza e dove uno sciopero, non corno que11o dei parastatali, ma solo al 50%, oggi come oggi, è addirittura impensabile. Il raffronto fra questi due episodi, per così dire, in fase di sviluppo, dà la misura delle contradçlizioni che si.- agitano nel sindacalismo del nostro pae~e: le categorie di « punta :>, una volta, erano que11e dei metallurgici, dei chimici, dei braccianti 1 erano, per farla breve, le categorie operaie più numerose e a più diretto contatto con il quotidiano sfruttamento padronale. Ora le categorie di «punta» s~mbrano diventare que11e ilTI– piegatizio. Ce lo hanno riconfermato, il primo marzo, i postelegra– fonici e ce lo riconfermano questi vitalissimi parastatali dell'INPS, dell'INAIL e dell'INAM decisi ad ottenere, dalla loro az.ione, il conglobamento con i ~elativi vantaggi ecollo– mici che ad esso sono connessi. Hanno fatto un primo scio– pero senza risultati una ':entina di giorni fa. Ne hanno fatto seguire un secondo che avrebbe dovuto svolgersi in due fasi successive: dal l3 al 16 miirzo e dal 21 al 23 marzo. Ma compiuta frionfalmente, dal lato delle astensioni, la prima IPADRONI DELLA CITTA' (continuaz. da pag. 3) coli e medi... che sono irretiti in una serie di strlltture corporative e vengono coinvolti nell'azione di copertura dei grandi monopoli ». Qualche' dato: l'ortofrutticoltura assorbe oggi I miliardo e 120 milioni di ore lavorative, il massimo del laVoro agricolo diviso per settori, la disponibilità di prodotto è aumentata di un terzo dal 1938 al '54, raddoppiando ad– di ,·ittura per le frutta di uso più comune ( 3 volte per le mele), mentre l'esportazione pare ormai aver raggiunto 1a saturazione quasi totale. La capacità di acquisto del con– sumatore italiano è quindi condizione necessaria per evi– tai·e la crisi di tutto il settore ortofrutticolo. Orbene, l'in– dice nazionale dei prezzi ortofrutticoli rispetto al 1938 era, per il '55, di 75,24 contro 68,43 per i prezzi al minuto degli altri generi alimentari. Come incenti..vo alla dilata– zione della domanda per i generi ortofrutticoli, non c'è male, e, quel che è peggio, il mercato all'ingrosso e quello al minuto formano du8' compartimenti stagni, 'del tutto indipendenti tra loro nella formazione dei prezzi. Quindi, a causa del collo di bottiglia rappresentato dalla concen– trazione artificiosa del mercato ortofrutticolo negli spazi comunali a licenza contingentata, la produzione è seria– mente compromessa e i consumi non posso:p.o espandersi mediante il ribasso dei prezzi. Da notare, poi, che la legge Hl25 riserva ai comuni soltanto il diritto di aprire mercati generali, ma niente affatto quello di vietare le contratta– zioni al di fuori dei suddetti spazi limitati, il che continua tranquillamente ad avvenire, nonostante le circolari in con– trario del Ministro dell'Industria e Commercio. La stessa situazione nei macelli: la legge 1928 è stata c~ncepita soltanto in base a preoccupazioni sanitarie, col difetto fondamentale di concentrare la macellazione nei centri di consumo, e non in quellì di produzione. Prima conseguenza l'impossibilità di ·cernita dei diversi tagli cli carne ~ seconda delle esigenze del mercato, ragion per cui, nelle città dove è maggiore 1a richiesta di quarti posteriori (t.agli di prima qualità), finisce assai spesso che il detta– g_lia!1te spaccia per polpa carne di seconda qualità, du– r1ss1ma e·callosa. Il peggio è che- ci guadagna sopra di "più, a tutto scapito del produttore e del consumatore. In \ftalia, infatti - e non ultima causa ne fu la sconsiderata t battaglia del grano »- è sempre mancato un allevamento intensiv_o, e. pertanto i produttori di carne, sempre piut– tosto p1c_coh,_ sono totalmente indifesi di fronte ai grossi co~merc1a~ti che opera.no protetti dalla privativa dei ma– celli. Le licenze s on<> anche qui .limitatissime, al punto che, per esempio, i « commissionari» - categoria-chiave che anticipa i capitali e colloca il bestiame dai sensali ai macel_latori e di nuovo dai macellatori ai dettaglianti - sono m tutto appena 14 a Roma., con redditi fino a.i 14 mi~ lioni annui, e addirittura tre a Firenze, uno dei quaU, certo fase, il governo Ji ha invitati a trattare. E il congloba– mento lo otferranno. In fondo è giusto che lo abbiano, visto che sono gli unici ad esserne rimasti esclusi. Le loro condizioni economjche però ci commuovono assai meno di quelle degli statali: prima di tutto perchè sono ogget– tivamente molto migliori i e in secondo luogo perché pen– siamo che sia forse eccessivo un nuovo aggravio di 10 mi– liardi annui per i tre istituti prevideiiziali che non sanno adempiere - specie l'INAM r- in modo adeguato ai fini per i quali sono stati costituiti. Ma, sotto questo profilo, il discorso si farebbe lungo e complicato e non privo di con– truddizioni poiché se è vero che i dipendenti previdenziali, tutto sommato, non sono trattati male, i loro dii-igenti hanno stipei1di 1 gratifiche di bilancio ed emolumenti vari che, in un anno, ammontano a molti e molti milioni. Il discorso che volevamo fare non è questo. Volevamo piuttosto dai due fatti sindacali di maggior rilievo del mese di marzo - lo sciopero dei parastatali e le elezioni per il rinnovo delle commissioni interne negli stabilimenti FIAT -, trarre argomento per alcune valutazioni che è bene siano sottolineate. A Torino, i Javoratori del grande compleSso monopolistico sono una classe politica e non una categoria economica. Non conta conceder loro dei be– nefici salariali ragguardevoli quando siano stati sconfitti come classe po1itica, come antitesi del monopolio. Su questo terreno - sul terreno cioè della rinuncia alla loro funzione naturale di lotta - hanno potuto ottenere dei vantaggi apprezzabil.i. Ma come classe, come fatto politico hanno perso, e le elezioni che si terranno Ira qualche giorno non hanno che un significato: dimostrare che essi, quale forza autonoma, non esistono. E' il trionfo del– l'automazione: schiacci lm bottone e ti vien fuori l'auto– mobile bell'e fatta. Tutto però deve essere automaticÒ 1 anche gli uomini, poiché anch'essi fanno parte di un enorme colossale ingranaggio, il cui bottone può esser schiacciato solo da Lui. Un Lui con Ja elle maiuscola, che, entro le mura delle fabbriche, non ha limiti alla sua po– tenza i e nemmeno fuori delle fabbriche. In altre parole 1 là dove la lotta sindacale è inequivocabilmente un fatto poli- .... Bianchi, assolutamente prevalente sugli altri. Analoga la situazione delle maestranze, organizzate in modo stretta~ ment.►.e,orporativo - una sola funzione per categQria chiusa"":=...,che arrivano a percepire fino alle 6000 lire al giorno per un lavoro di mezza giornata, se non addirittura di tre ore. E poi si nota nelle statistiche che l'allevamento incide ancora nelle attività agricole per valori minimi, e che, causa i prezzi trçippo fllti, il consumo medio di carne della popolazione italiana è uno dei più bassi di Europa. Le proposte del Conigliaro e dello Scalfari, sostanziai~ mente condivise dagli intervent\ti nel dibattito - tra cui particolarmente autorevoli i profes~ori Rossi-Doria 1 Orlando e Ernesto Rossi - si conc'retano in poche misure: a bolire i monopoli corporativi al livello- dei mercati g enera.li e dei macelli (anche a livello della pànificazione, hanno aggiunto alcuni), favorire l'autonoma organizzazione dei produttori ortofrutticoli e degli allevatori (come avviene in tutti i paesi a più alti consumi alimentari, nel risultato di stan– dardizzat·e i prodotti e garantire· anche su questo pii\no i consumatori). portare 1a macellazione nei centri di pro– duzione ovunque possibile, ridurre l'ingerenza dei Comuni in limiti meno vessatori,· abolire addirittura le licenze di commercio all'ingrosso e al dettaglio, lasciando campo li– bero a tutte le iniziative e rendendo più elastici - e perciò stesso più realistici - i controlli sanitari, che oggi molto spesso sono soltanto il pretesto di limitazioni corporative senza effettuarsi neppure nella realtà. Di particolare interesse, infine, alcuni scottanti riferi– menti politici. Il Conigliaro ci informa che la legge Giolitti del 1903, la prima ad aver autorizzato finte1·vento dei Co– muni in materia di mercati alimentari, fu concepita con la preoccupazione di « deviare verso le amministr3:zioni co– munali, alla periferia, per esaurirle, le aspirazioni colletti– vistiche delle forze sociali che venivano affermandosi nel paese :r>. Resta il fatto che, allora, la produzione agricola era ben lontana dal poter soddisfare le esigenze del con– sumo, a differenza di oggi, ma l'aspetto più curioso della situazione è senz'altro l'intervento, verificatosi anch'esso un anno fa, dell'assessore social-democratico S()alla Ìh favore del monopolio comunale del rnercato ortofrutticolo a Milano. In piena coerenza coi tempi d'oro del riformismo para– giolittiano - e perciò desolatamente fuori del tempo oggi-:– è questa una manifestazione di quel socialismo distributivo, rparginale é deliberatamente subalterno, che 1·inuncia in partenza al controllo dei processi produttivi - e qtùndi delle strutture - per puntare su piccoli vantaggi corpo– rativi per alcuni settori delle classi lavoratrici. Non con– testiamo affatto l'efficienza di certe strutt ure assistenlliiali create dai socialisti a Milano, soltanto ci pa.re che il noc– ciolo del probl ema non s ia qui, ma che risjeda piuttosto nel giungere a controlla.re nell'interesse dei più ]a struttura. produttiva e distributiva, lasciando libero campo all'inizia– tiva dei singoli - che è certamente benefica quando non è tanto forte da dettar legge. alla collettività - nel com– mercio degli alimentari, o almeno a determinati livelli di · questa. FRANCO FESTI (155) nuova repubblica tico, ]a classe lavoratrice è stata battuta. Si risolleverà ma, per ora, è stata battuta. I sindacati operai in tanto sopravvivono in quanto accettino questa realtà, altrimenti scompaiono. E' il caso della CGIL, a Torino, ove i pochi comunisti che vi son rimasti non sono che una delle cel– lule inerti del loro apparato. Per i parastatali, per gli statali, per le categorie del– l'impiego pubblico· in generale, la lotta sindacale è possi– bile i anzi, proprio ora ne acquistatlo coscienza, ne ricono– scono la necesSità. Perché questa diversa situazione? La risposta ci pare semplice: gli impiegati non hanno, nella presente situazione italiana, una funzione di antagonisti di classe e nei loro riguardi la fermezza del governo o dei consigli cli amministrazione dai quali dipendono si esercita in forme che, pur essendo non di rado illiberali 1 non sono mai comunque brutalmente repressive. Sì, talvolta, si mi– nacciano misure disciplinari, si arriva persino all'annota– zione « ha scioperato» nel loro carteggio personale, ma la lotta e l'opposizione del governo alle rivendicazioni im– piegatizie. non esce da questi limiti! Non è, né da una parte, né dall'altra - a meno che non si tratti dei ferro– vieri - lotta di classe. I previdenziali non solo non pen– sano di non essere qualcosa di più di una categoria econo– mica, ma hanno realizzato tutte le condizioni perché non lo pensi l'opinione pubblica. Essi hanno costituito le loro giunte intersindacali fra rappresentanti delle tre organiz– zaz ioni orma i note, fino ai rappresentanti della CISNAL, dei sindaca.ti laurini e di non sappiamo quale altra orga– nizza.zion~ di destra. Il che, anche nell e pre senti difficoltà democratiche, sarebbe impossibile alla F.IA' l', ove il gioco del padrone si reali~za nelle forme del rispetto socialde– mocratico della cl~sse lavoratrice, che porò socialdemo– c1·atica spontaneamente non sai.:ebbe. Ecco dunque a che punto d'involuzione sindacale siamo giunti in Italia. Le categorie di «: punta » non sono pili quelle degli operai, ma quelle dei dipendenti degli enti pubblici la cui unità passa, per una percentuale non del tutto trascurabile, per la CISNAL, demagogica e reazio– naria, bolsa di motivi c.orporativi e nazionalistici, soste– nitrice dei monopoli, nei quali comunque· non può entrare con un'azione diretta perchè scoprirebbe la vasta opera di ridimensionamento deniocratico dei padroni. Tutto ciò non può non essere valutato con senso di re– sponsabilità dalle forze vive e operanti della democrazia. Evidentemente non perchè i previdenziali riescono a scio– parare al 100% - il che ci fa piacere - ma perché deve 'ess.ere restituito, mediante un riequilibrio dei valori demo– cratici, il diritto e la forza de1lo sciopero agli operai, speeie in questo momento, in cui sussiste Ja minaccia attualis– sima che siano assorbiti dal processo di automazione, strumenti di un mondo tecnologico dal quale si vuole esclu– derli come portatori di speranze in una vita migliore per tutti. UNA BARRIERA DIODIO (continuaz. da pag. 3) tente che renda loro personalità e dignità. Ogni volta che la Francia si oppone al funzionamento di istituzioni de– mocratiche locali, sono le organizzazioni liberali e i sin– dacati operai che si ·trovano scavalcati dalle tendenze estremiste, religiose o feudali. Quali sono, a tutt'oggi, le prospettive concrete di una evoluzione della situazione algerina? Al di fuori di un massacro generale di cui noi prospettavamo la eventua– lità alll'inizio di · questa nota, e che non risolverebbe niente, ecco quello che rimane. In primo luogo, la solu– zione preconizzata da diversi .ambienti tecnici: creare due Algerie, l'una costiera, con predominio europeo, l'altra interna, a maggioranza mussulmana; in secondo luogo, la soluzione avanzata dai circoli parlamentari: un col– legio unico, con una inevitabile maggioranza mussulmana ma col vantaggio di fornire un interlocutore ufficiale al governo francese, e qi.lesto entro l'ambito della Repub– blica francese, almeno nel periodo iniziale; in terzo luogo - infine - un intervento diretto, ancorché ufficioso, del– l'ONU e degli Stati Uniti, che ingiungerebbero alle auto– rità francesi di garantire la autonomia algerina a rapiç:le tappe e otterrebber·o, da parte dei capi della rivolta, l'accettazione di un armistizio su questa base, sotto la garanzia di Washington. Ognuna di queste soluzioni è nell'ambito del possi– bile; nessuna delle proposte governative francesi tien conto della realtà, poiché sono tutte formulate in modo ambiguo da Ùn presidente del consiglio sprovvisto di un programma politico e da un Residente generale scaval– cato egli -stesso dall'amministrazione civile e militare algerina. · Il problema algeri.no non può più essere risolto da Parigi, e l'Algeria stessa, divisa in due campi opposti da una barriera di odio, attende che le capitali del mondo libero intervengano. SERGE PARANE ERRATA CORRIGE Per una involontaria svista, nel n. 10 di NR si è parlato della on, Badaloni come sottosegretario alla PI. L'on. Badaloni non ha tale carica, che è invece ri1>estita dalla on_ Jervo– lino. Ci scusiamo coi lettori. PREMIO Ci compiacciamo coi nostro collaboratore En– ---- rico Crispolti, che ha condiviso ex-aequo con Albino Galvano il 2.o premio per i migliori saggi critici apparsi stilla Biennale di Venezia, ·per gli articÒli suH'argo– mento da lui pubblicati su Nuova Repubblica.

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