Nuova Repubblica - anno V - n. 12 - 24 marzo 1957

(155) nuova repubblica 3 VERSO L'INDIPENDENZA· DELL' ALGERIA UNA BARRIERA DI ODIO Al di fuori del puro e s~mplice massacro, restano tre sole soluzioni possi!Jili: la creazione di due stati algerini; il collegio unico con prevalenza mussulmana; l' iute,·venlo del!' ONU. Le altre proposte del governo francese sono fuori della realtà di SERGE PARANE P ARLANDO, verso la fine di novembre, davanti ad un auditorio quasi ufficiale in cui ministri passati e futuri erano seduti accanto a giornalisti diplo– matici e a consiglieri di governo, il professore alla Sor– bona Raymond Aron, collaboratore tra l'altro di un'in– finità di pubblicazioni economiche e politiche tutt'altro che estremiste, provocò un certo chiasso nell'assemblea afiermando che « a più o meno lunga. scad.enza, nascerà uno Stato indipendente d'Algeria». Qualche giorno dopo, l'organo del Fronte di Liberazione Nazionale, Ré– sistance Algérie-nne, che è diffuso clandestinamente in Francia, riprendeva questa ·frase e la riproduce_va a grossi caratteri. Questo fatto dimostra che, a dispetto delle dichiarazioni ufficiali, del tono conformista adottato dalla maggioranza dei giornali francesi e di una appa– rente apatia dell'opinione pubblica,, 1a situazione si è evoluta in Algeria fino al punto da non lasciare altra prospettiva che una autonomia .più o meno spinta, a scadenza più o meno prossima, dei territori dèll'Africa del Nord ancora dipendenti da Parigi mediante la fin– zione amministrativa dei dipartimenti algerini. I comunicati governativi ripetono ogni giorno che la calma è tornata nelle città e nel << bled », c'he i ribelli sono stanchi, che le riforme promesse hanno conqui– stato i cuori dei musulmani; ma essi non ingannano più nessuno, neppur Coloro che li redigono .. Qualche mese fa il Residente generale Robert Lacoste dichiarava che la ribellione era terminata e che il terrorismo nelle città non i'appresentava orlllai che un ultimo tentativ0 per masche.rare la disfatta dei nazionalisti. Ora non passa giorno che le comunicazioni-stampa, per quanto censurate ed edulcorate, non segnalino combattimenti, imboscate, incendi, sabotaggi, esplosioni. Nella stessa Algeri, in quella casbah che è · come un'enorme ulcera ·simboleggiante la malattia colonialista, diecimila uomi– ni di truppa sono stati concentrati per ripulire il quar– tiere indigeno, casa per casa, e tentare di estirpare i segni più appariscenti della ribellione. Non è una ope– razione di guerra e neppure un'Operazione poliziesca; è, più semplicemente e più atrocemente, una misura desti– nata a rassicurare gli europei contro una possibile insur..– rezione della capitale stessa. Algeri vive nella paura: l'Algeri degli europei e quella dei mussulmani. La più piccola scintilla potrebbe provocare una esplosione, un massacro generale. E numerosi sono i colonialisti, civili e mi1itari, che sognano un bagno di sangue che chiari– rebbe la situazione eliminando problemi. troppo nume– rosi e lasciando sovrano il diritto del più forte. Le poche misure disciplinari prese dal governo~nei riguardi dei generali comandanti in Algeria non cam– biano niente alla natura dei sentimenti e delle passioni che animano i diversi strati sociali dell'Algeria; sono in– dici e non fattori. L'opinione dei quadri militari non è unanime per quel che riguarda la posizione della Francia nell'Africa del Nord: gli ufficiali stessi sono divisi, es– sendo gli uni partigiani di una autonomia amministra– tiva dei dipartimenti nord-africani, gli altri portati a difendere prima di tutto la « presenza francese>>. Sol– tanto tra i capi delle unità comb·attenti (paracadutisti, blindati, Legione) è possibile trovare degli « ultras >) tendenti al colpo di forza, tentati di farlo. Al contrario, tra gli ufficiali della riserva l'opinione è contraria al– l'egoismo e alla ristrettezza mentale dei •coloni. Altret– tanto accade in seno alla truppa; se 1e unità di cc ba– garre » si preoccupano poco dei problemi locali e sono portate -unicamente a imporre la loro superiorità ai « bicots », i richiamati, venuti dalla Francia senza entu– siasmo e senza convinzione, sono faVorevoli a un nego– ziato, persino all'abbandono dell'Algeria. Presso i civili l'opinione è meno contradittoria, perché gli interessi sono comuni, ma esistono tuttavia delle differenze di tono, delle divergenze tattiche, dei « duri» e dei « mol– li », a seconda che la prospettiva di una coabitazione pacifica tra europei e mu,ssulmani è giudiç,ata impossi– bile senza prima una repressione, possibile a condizione di una prudente evoluzione politica. L'errore generale di quanti fanno l'opinione e di coloro che li seguono è di continuare· a pensare in ter– mini di dialogo - o di antagonismo - tra popolazione autoctona e popolazione europea beneficiante dell'ap– poggio di Parigi. L'isolamento del governo francese è quasi totale mentre i nazionalisti algerini godono in tut– te le par.ti del mondo di. numerose simpatie. Non è in funzione del problema algerino che le auto- rìtà francesi ottengono ancora il beneficio di un giudi– zio favorevole o di una certa neutralità da parte delle potenze occidentali, ma per considerazioni di strategia; mentre il movimento algerino, che mira all'indipendenza o a una larga autonomia, è riconosciuto valido e moral– mente accettabile non solo dai due vicini immediati, Tunisia e Marocco, che hanno di recente ottenuto la sovranità, ma anche dall'insieme delle popolazioni del– l'Africa e dell'Asia, e dall'opinione pubblica della mag– gioranza delle nazioni d'Europa ·e d'America. Da parte di Rabat e di Tunisi il sentimento è chiaro: i nuovi stati dell'Africa del Nord non saranno vitali e stabili che nella misura in cui l'insieme dei territori maghrebini potranno cooperare tra loro, sotto una forma giuridica da determinarsi, allé:l quale l'Algeria deve· par– tecipare. Gli avversari dell'autonomia algerina sono quelli stessi che sperano d~ conservare o di recuperare un certo controllo sulla Tunisia e sul MarOcco. Per Bourguiba come per il Sultan6 il sostegno, perlomeno diplomatico, e la solidarietà, perlomeno morale, alla resistenza algerina costituiscono al tempo stesso il mez– zo di garantire la loro propria sovranità e di preparare l'equilibrio economico del Nord-Africa in generale. I di– scorsi del capo del Neo Desfour come le dichiarazioni del Sultano non possono lasciare alcun dubbio a questo proposito,. e già si delinea su piani così diversi, come il movimento sii:idacale (con l'incontro al Marocco dei de– legati dell'Unione marocchina del lavoro, dell'Unione generale dei lavoratori della Tunisia, e dell'Unione ge– nerale dei lavoratori dell'Algeria) e I-e prospettive di una federazione nord-africana (abbastanza recentemente delineate da Bourguiba quando ha parlato di riunire i due vecchi protettorati francesi, Algeria e Libia), una concezione federale dell'Africa del Nord. Che molti ostacoli si inseriscano sul cammino del- ~ la cooperazione tra le regioni maghrebine o su quello della loro unificazione nessuno ne· dubita, neppure ira i promotori. Il Marocco è ancora dilaniato tra un potere · centrale e le potenze feudali del Sud e del Rif, e le città-fuhghi- della costa vi contrastano stranamente con le borgate dell'interno; l'Algeria addensa su un terri– torio sovrapopolato più di un milione di europei; in Tu– nisia le aspirazioni moderniste urtano con l'insufficienza delle risorse, mentre la Libia è ancora quasi deserta; è ovvio che i legami geografici e linguistici fra questi paesi siano meno forti dei molti contrasti di altra na– tura. Esiste tuttavia un denominatore comune, la cui importanza è sottovalutata e che può servire da fattore di unificazione, e cioè la tendenza - comune alle quattro regioni - a voler e~trare nel circuito mondiale degli scambi e ad assimilare la tecnica industriale ed agricola. A dispetto di certi elementi in senso contrario, la cor– rente dominante spinge verso la collaborazione con l'Eu– ropa e l'America. Se i socialisti francesi fossero qualcosa di diverso che lamentevoli gestori di un passato, comprenderebbero che la concessione della libertà all'Algeria e l'aiuto offerto alle nuove nazioni indipendenti dell'Africa del Nord co– stituirebbero la garanzia stessa di una collaborazione vantaggiosa per la Francia non meno che per il Maghreb e per le democrazie in generale. E invece i loro rifiuti, le loro menzogne, le loro meschine astuzie, contribuiscono a risvegliare e a consolidare le forze del passato, le in– fluenze feudali, Ja demagogia senza uscita del panarabi– smo. Sono i torti fatti a Bourguiba che dànno il successo a Nasser, e sono gli incendi dei gourbis (capanne) nella campagna algerina che provocano, presso gli uomini senza terra e senza dicitti, la speranza di un aiuto dei comitati del Cairo, o anche la nostalgia di un Islam po- (segue a pag. 4, 3.a coi.) I P1'DRO~I DELL!I C TI/I' di FRANCO FESTI ,, E , APPARSO reccntemcnt?, n.ei « Libri dc~ t?mpo > • dell'Editore Luterzn, il volu me che rmmsce le relazioni tenute a suo tempo - quasi un. anno fa - da Leone Cattani, Angelo Conigliarn ed Eugenio Scalfari sui Padroni della città. Seguono alle relazioni i pilt importanti interventi nel Convegno e il progetto di legge Cortese sulla regolamentazione .dei n1e1·cati generali. '11 volume si divide in due psuti, corrispondenti alle due giornate del convegno, l'una dedicata alla specnlazione sulle aree fabb1-icabili e l'alt1·a alle taglie sul consumatol'e (mer· cati ortofrutticoli e macelli). Il tutto è collegato da una introduzione, dovuta al Conigliaro, dove si indica il nesso profondo tra i problemi della abitazione o dell'alimenta• zione, e si fa il plinto sui ptimi risultati ottenuti nella polemica sulle aree fabbricabili: l'assolu:done dell'Espl'esso nella causa promessagli contro dalla Immobiliare, e la ri• mozione del sindaco Rebecchini da parte della stessa DC. · Infatti sull'argomento allora trattato dall'on. Cattani, è piovuta, in quest'ultimo anno, ampia notoriet1\. Il processo Immobiliare-Espresso, la campagna amministrativa a Roma, le frequenti discussioni tuttora in corso - ricordiamo quella di pochi giorni fa a Firenze sulla città satellite di Sorgano e su11a commissione nrbanislica - su problemi di fabbricazione e di urbanistica hanno posto dovunque in evidenza quello che lo Scalfa"i-i ha definito « il grande mo– nopolio immobiliare, con un volto abbastanza delineato e direi abbastanza ·odioso, il quale però svolge un'opera tecni• camente efficiente >. Dando per conosciuti i termini- generali del problema, notiamo che le proposte formulate dall'on. Ca.ttani (forma- 1.ione d'ufficio dei piani regolatori qualora. i comuni tra• scurino ulteriormente i loro obblighi, divieto tassativo di lottizzazioni in zone extra-piano, subordinazione delle auto. rizzazioni a lottizzare al compimento dei piani particola– reggiati di zona., determin~zione delle aree riset·vate all'~i– lizia popolare soltanto all'interno dei piani regolatori e in armonia con essi, intimazione r. costruire ai proprietari di aree già comprese nei piani particolareggiati e nrba• nizzato) rientrano compleb1mcnte nelfo lcgisla.zione già in -viiore, e. si limitano a richiedere un rigoroso adempimento delle 1·ispe' tive funzioni al ministero dei LLl'P o ai comuni. A'J.olti degli intervenuti, invece, e in particolare il 1lrof. Vi• sontini e l'on. Natoli, non si sono accontentati dei mezz.i attualmenle offerti dalla Jcggc, e, Ì11entre il primo ha esa• minato specialmente gli aspetti fiscali del pl"Oblema, co-:i– cludendo per J'inacleguntezr.a intrinseca degli strurncnti __ f}.· scali a risolvere il problema ui·banistico - e tldombn1.nqo la necossitù di a.ltri ·strumenti, di carattere espropriatorìo, in contrasto col principio di proprietà - il secondo ha. parlato addirittura cli « latifondi cittadini», sottolinca~do il « deperimento progressivo dell'istituto della esprop-rià– zione per pubblica utilità, c·he pure fu un secolo [a il vanto dell'Italia. liberale> e richiedendo < uni riforma radicale della proprietà del suolo urbano », in !'_ienso analogo a quanto si proponeva su NR a proposito dei demani c9- •munali (v. L. G. Boccia, 'J.1errenimt-ri/eri, in NR, n. 21 del 20 maggio 1956) .. Nella risposta di Cattani si accenn~\;a, molto a proposito e con una notevole dose di onestà, a « c1-fsi molto più grosse che riguardano in genere l'organhzfi– zionc dei pubblici poteri, dal Comune allo Stato, e riguar– dano anche, non ce lo nascondiamo, la nostra coscienza civica >. Tutti d'accordo, quindi, nel chiedere un inter– vento immediato quanto efficace contro la speculazione, ma in netto dissenso sui principi fondamentali della. proprietà elci &uolo. . Molto meno noto il problema dei moreRti o dei mB.– celli - le « taglie sul consumatore» -, e marcatamento diverso nelle sue caratteristiche. Infatti, per dirla cOl Coniglia.ro, « nel caso delle aree fabbricabili, l'iner.1;ia del Comune porta a una ll)ancata difesa della collettività; nel caso dei mercati si ha un intervento dei Comuni ecces– sivo, e tale da portare ad una oppressione della collet· tività >. E ribadisce poi lo Scalfari: « sono i residui -c;H una vecchia struttura economica, i quali 1·iescono ugual– mente a fissare prezzi e a manovrare quantità-, ma di solito per altra via; non già con la superiorità tecnica, nQn già con la potenza finanziaria., bensì attraverso una serie · di accordi più o meno dichiarati ed espliciti o pia~zandoSi in quei canali obbligati, in quei punti di passaggio 'stro~- ~ zati dai quali sia più facile prelevE1.re taglie sui consuma– tori. Tra i due fenomeni esiste un collegamento. Una dello maggiori difficoltà delle forze politiche che vogliano espli• car.e nna concreta azione antimonopolistica è proprio nel · fenomeno di corporativizzazione, che impedisce ad esse di · riscuQtere q.desfoni e consensi .in.quel ceto di operntori J)ic– (segue u pcig. 4, 1.a col.)

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