Nuova Repubblica - anno V - n. 8 - 24 febbraio 1957
(.151) nuova r.c1mbl11'ca 3 PER UN NUOVOOIUENTAMENTO ])ELLA POLITICA INTERNAZlONALE ILCONTRIBUTO DEI SOCIALI Divisi eia interessi particolaristici, impo~enli a elaborare una loro politica autonoma, i partili socialisti europei sono stati costretti a subire impostazioni politiche dellate eia forze estranee senza riuscire a imporre una loro originale iniziativa di ENZO COLLOTTI Dopo l'articolo di F'erdinando Vegas pubblicat.o nell'ultimo numero di « Nuova· Repubblica», con– tinuiamo la pubbticazione delle relazioni che in– trodussero i.L dibattito di politica internazionaie t1muto il 25 novembre 1956 a Milano per i·riizia– tiva del << CircÒto deHa Riforma >t. S COPO della presente relazione è l'esame della po– litica dei principali partiti socialisti europei nel periodo intercorso dalla fine della guerra .ad oggi, al fine di preciSare se nella loro azione passata e quindi in quella dell'Internazionale socialista, alla quale la mag– gior parte di essi è affiliata, sia possibile individuare i principi di una politica estera coerente e unitaria e in quale misura sia pos'sibile fàre affidamento sulle forze che essi rappresentano per una nuova prospettiva politica che miri a .far uscire l'Europa dalla condizione di minorità in cui è stata rigettata· dall'urto tra i due blocchi, statunitense e sovietico. A questo proposito bisogna premettere, come si ve– drà meglio in seguito, che anche l'azione in çampo in– ternazionale dei partiti socialisti è stata strettamente vincolata dalle condizioni esistenti all'interno di cia– scun paese, fatto questo che è bene richiamare all'at– tenzione e sottolineare perchè non sempre se ne tiene il giusto conto. Tutti sanno, ad esempio, quali diversi compiti, diverse responsabilità e diversì atteggiamenti abbiano assunto i partiti socialisti dei paesi scandi– navi, che sono partiti di governo, o il Labour Party neJ periodo della sua permanenza al governo, e tutti vediamo quale disastrosa politica stia perseguendo la Francia auspice un presidente del ConsigUo che si -dice socialista, o, viceversa, partiti come il socialdemocra– tico tedesco, l'unico partito socialista ·d'Europa che sia rimasto costantemente estromessO dal governo, o lo stesso Labour Party dai banchi dell'opposizione. E' noto che la politica estera è sempre stato il punto debole di tutti i p·artiti socialisti, che nella loro lotta per la giustizia sociaJe si preoccuparono essenzial– mente delle trasformazioni della società capitalistica al– l'interno dei singoli paesi, affidando il collegamento in campo internazionale dei vari movimenti operai e so– cialisti più a un generico messaggio di fratellanza e' di internazionalismo proletario che ad un vero e proprio coordinamento organico della loro azione. Per giungere. 1 a un collegamento di questo genere tra i partiti pr~· letari bisogna arrivare. alla costituzione dello Stato so~ vietico e alla fondazione dei partiti comunisti, così c me soltanto la prima guerra mondiale, sconvolgendo le ipotesi e le prospettive del movimento socialista, richia– merà l'attenzione dei partiti socialisti sui problemi della politica estera. Oggi l'importanza della politica inter– nazionale non ha più bisogno di essere sottolineata, essa non è soltanto un sottinteso, è nei fatti stessi; oggi se mai è la politica internazionale che tende a sover– chiare la politica interna, capovolgendo e ribadendo quel rapporto di interdipendenza. • L'indagine sulla politica dei partiti socialisti euro– pei, che sarà centrala principalmente sul partito labu..: rista britannico, sul partito socialista francese, sul par– tito socialdemocratico tedesco e sui partiti socialisti italiani, si pùò dividere nei due periodi che hanno ca– ratterizzato le vicende della politica internazionale nel decorso decennio: dalla guerra fredda alla distensione e, tanto per intenderci, dalla distensione alla destali– nizzazione, che è la fase drammatica che stiamo ancora vìvendo e nella quale forse siamo appena entrati. Dovendo semplificare ed esemplificare, per ovvie ragioni di tempo, diremo éhe il periodo della guerra fredda, che grosso modo possiamo fare andare dal 1947 - attuazione del piano Marshall - alla morte di Sta- ...lin, è stato caratterizzato all'interno come su piano in– ternazionale da una contrapposizione puramente pole– mica dei partiti socialisti democratici ai partiti comu– nisti, contrapposizione che ha avuto la sua più grave ripercussione in Italia con la frattura del socialismo italiano in due tronconi, votato runo al protettorato delle forze clericali e conservatrici, e l'altro a quello del partito comunista. In linea generale non temiamo di poter ~ssere smen– titi se affermererho che i partiti socialisti non sono riu– sciti nè ad esprimere sul piano interno una loro ine– quivocabile fisionomia, se si esclude l'erperienza del tutto particolare del laburismo britannico. nè ad eser– citare sul piano internazionale, per mezzo del loro or– ganismo di coordinamento, una posizione sufficiente– mente forte e autonoma· che potes~e fare individuare nel movimen~o socialista internazionale un vero e pro– prio elemento attivo per una politica di superamento dei blocchi. Le ragioni di questa c_arenza più che di questo fallimento vanno ricercate a nostro avviso, in due circostanze fondamentali: 1) l'assenza di motivi e di obiettivi unitari dei vari movimenti socialisti e quindi la prevalenza al di sopra dei principii, di interessi par– ticolaristici di ciascun partito e di ciascun paese, inte– ressi particolari più !orti di qualsiasi comune aspira– zione; 2) il clima della guerra fredda che, esasperando la polemica con il comunismo su basi esterne alla pwro– blematica soèialista o di pura concorrenza elettoralisti– ca, ha .finito per provocare la convergenza della posi– zione dei socialisti democratici con quella dell'antico– munismo più acceso, confondendosi quindi con l'atlan– tismo più o meno oltranzistico. Per illustrare il primo punto basterà tichiamarsi ai dibattiti per l'unità europea, in cui tra laburisti, so– cialisti francesi, tede_schi e italiani non è mai stato possibile raggiungere un linguaggio comune, per ragio– ni sia pure obiettive, e non è stata tentata neppure una analisi approfondita dal punto di vista socialista dei termini e delle forze reali in gioco. I socialisti francesi non hanno mai affrontato seriamente il problema, e per la preminenza di altre più urgenti questioni, e per la speranz3. di allontanare in tal modo il riacquisto della sovranità da parte della Germania; i laburisti hanno dovuto preoccuparsi sempre molto più del Common– wealth che dell'Europa; i socialdemocratici tedeschi sono sempre staù troppo occupati dal problema deU'unifica– zione ted'èsca, che è condizione vitale della loro esistenza, per non vedere tutti gli altri problemi sotto questo pro– filo; i socialdemocratici italiani infine non hanno mai - avuto nulla di particolarmente interessante da dire al riguardo se non riecheggiare le tesi del federalismo più bigotto, mentre il timido neutralismo del partito socia– lista italiano è andato orientandosi sempre più nell'or– bita del comunismo soVietico. Anche dove sono andati al governo, come in Gran Bretagna, il tentativo dei laburisti. di fare una politica ·nuova è sta o::-::assai debole, avendo essi sacrificato ogni altro obiettivo e ogni altra alternativa alle esigenze della trasformazione interna della società britannica, sicché.· se si toglie l'avviamento dell'India all'indipen– denza, i laburisti non hanno fatto gran che per modifi– care la situazione ereditata dai conservatori e in gran parte da questi già predeterminata e compromessa. In definitiva, i laburisti al governo hanno fatto la stessa politica estera che avrebbe fatto un governo conserva– tore, apportandovi solo Quei temperamenti, quelle cor– rezioni e quegli spunti nuovi che uomini di parte labu– rista, per la semplice circostanza di~,;sSere tali, non po– tevano non apportarvi. JNFINE l'azione della Francia e dei socialisti francesi nei confronti dei territori d'Oltremare, dall'Indocina al Nordafrica, ha contribuito a svuotare in partenza di ogni significato, suscitando le giuste diffidenze dei popoli di colore, un possibile avvicinamento dei partiti socia– listi europei ai problemi dei Paesi sottosviluppati, in lotta per l'emancipazione dai residui vincoli coloniali– stici e per l'innalzamento del loro tenore di vita. Acco– stamento que"sto che solo avrebbe potuto consentire al socialismo europeo di elaborare una sua posizione auto– noma, inserendo tra i due colossi della politica mondiale una zona intermedia dall'Europa all'Asia, dotata di suf– ficiente elasticità e permeabilità nell'azione politica con– creta e portatrice nei confronti dei popoli nuovi all'in– dipendenza di un onorevole patrimonio di idee e di principii. Divisi quindi da interessi particolaristici, impotenti a elaborare una loro politica autonoma, i partiti socia– listi europE>i sono stati costretti a rimorchio di altrui iniziative e a subire impostazioni politiche dettatè da altre forze senza riuscire a imporre una 1oro originale iniziativa Donde, se $i eccettuano sempre i socialdemo– cratici tedeschi per la nota ragione già ricordata, e il partito socialista italiano per la sua alleanza con i co– munisti, l'accettazione passiva della NATO, ossia della politica dei blocchi statunitense, la debole e incerta po– sizione nei confronti delle prime istituzioni comuni europee e 1a divisione nel dibattito sulla CED, che ha visto paradossalmente, proprio i socialdeinocratici tede– schi isolati nella loro dura opposizione assieme a qual– che altro autorevole esponente del socialismo europeo, da Moch a Bevan. Per quanto riguarda poi l'azione del Comisco, i1 Consiglio delle Conferenze Socialiste internazionali diventato nel 1951 Internazionale socialista, si deve dir che una azione del Comisco· e dell'Internazionale com tali in realtà non è mai esistita, non avendo questi or– ganismi alcun potere determinante nella vita dei sin– goli partili - alcuni di essi, non dimentichiamolo, pas- sati dallo stato di opposizione dell'anteguerra alla con– dizione di partili di governo - e potendo al più emet– tere delle raccomandazioni o delle diclliarazioni di prin– cipio abbastanza generiche per non scontentare nesSuno. Nato come contraltare al Cominform, alla fine del 1947 il Comisco, pur non mancando di sottolineare l'esigenza di una riduzione generale degli armamenti e dell'aboli– zione della bomba atomica, non ha mai assunto una po– sizione di battaglia nei confronti dell'impostazione stessa della politica dei blocchi, limitandosi a denunciare resi– stenza nel mondo non comunista di « quinte colonne in·– teramente agli ordini del Cominform ». Nei confronti del cosiddetto « m0ndo libero )> il Comisco, abbandnr, ·::itnog·1i linguaggio di lotta di classe, auspicava il controll0 <"lel capitalismo, poiché un capitalismo incontrollato « crea divisiorli tra le classi sociali, tra gli Stati, tra le potenze imperialiste e i popoli sfruttati e dà luogo a tendenze aggressive in certi ambienti )>. E r:a evidente in queste così generiche enunciazioni Jo sforzo di conciliare talune tendenze, tanto per inten– derci, più neutraliste e le tendenze più. pronunciata– mente occidentalistiche, senza tuttavia che ne risultasse enucleata· una vera e propria piattaforma di politica estera socialista, non più di quanto non potesse risul– tare dalla generica proclamazione che « l'imperialismo deve fare luogo all'associazione dei popoli liberi e uguali». Sui problemi specifici dell'Europa va segnalato in– fine il tentativo dei partiti socialisti di superare gli schemi della cosiddetta << piccola Europa >> per contro– bilanciare le forze cattoliche predominanti nei Paesi della CECA ottenendo la partecipazione alle iniziative 'europeistiche del laburismo _britannico e scandinavo. Per definire in sintesi quella che è stata nel periodo della guerra fredda la politica dei partiti socialisti non assorOiti come il partito socialista italiano nella sfera , d'inHuenza sovietica possiamo ricorrere a una citazione tratta da un noto libro program'matico di Bevan dal · titolo assai significativo « Al posto della paura >L Al posto della paura, della paura che ha disarmato l'Eu– ropa nella lotta tra i due blocchi inducendola alla rinun– cia di ogni compito e funzione mediatrice, Bevan pro– pugna una politica coraggiosamente socialista. Dice dun– que Bevan, a proposito dei paesi sottosviluppati, che « è un grave e_rrore considerare le nostre relazioni con i p0poli arretrati come un aspetto della lotta con l'Unione Sovietica. Se il sistema sovietico non esistesse, il pro– blema rimarrebbe immutato )>. Qui Bevan ha colto per– fettamente nel segno di una politica troppo spesso pole- i micamente ispirata dall'anticomunismo, intendendo sot-, tolineare a ragione come i· socialisti non debbano affron– tare certi problemi in quanto anticomunisti ma in quanto appunto socialisti. Conseguenza fra l'altro, per 1·estare all'esempio assai calzante di Bevan, di un tale modo di impostare i rapporti con i Paesi sotto sviluppati, che propugna un intervento dell'occidente solo per impedire che dell'indipendenza dei Paesi nuovi si faccia paladina l'Unione Sovietica, in altri termini per non fare il gioco dell'avversario, è in definitiva proprio il riconoscimento di quella politica delle sfere d'influenza che a nessuno potrebbe essere più fatale che all'Europa. Se dunq_ue nel periodo della guerra fredda i pro– gramn'li e l''l:lzione dei partiti socialisti democratici eu– ropei sono stati impostati su una base. essenzialmente negativa, come puro strumento di disturbo e di difesa nei confronti del Cominform e del comunismo intern~– zionale, senza un minimo di audacia e di iniziativa, senzu che essi fossero neppure capaci di approfondire l'espe– rienza originale del socialismo jugoslavo dopo la rot– tura di Belgrado con il blocco orientale, che cosa si può dire della loro posizione di fronte ai problemi della di– stensione e della coesistenza e infine della destalinizza– zione? Che cosa si può dire del loro atteggiamento nei confronti dei pr◊bÌemi di più immediato interesse per ciascuno di essi'? E' indubbio che, come in tutti i settori della vita pubblica internazionale e all'interno dei singoli Paesi, anche sui partiti socialisti si è ripercosso, con la disten– sione, l'- alleggerimento della pressione e della compres– sione ideologica e pratica tipica del periodo di più rigida contrapposizione dei blocchi e della politica di forza. Vale la pena d nctare tuttavia come proprio da alcuni partiti socialisti, troppo lanciati nella concorrenza anti– comunista per conservare intero il senso della realtà, siano provenute, e provengano tuttora, le più forti re– more a uua smobilitazione dell'armamentario propagan– distico e politico della guerra frf•dda. Per quanto riguarda più da vicino i partiti socialisti europei la distensione ha significato la crisi del sistema atlantico e il crollo defi-: nitivo, con il fallimento della CED, che ha scisso i ran- •
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