Nuova Repubblica - anno V - n. 5 - 3 febbraio 1957
6 (148) 1111eva repubblica .ATOMO E E LE T T R I CI 1 1 .A' cono msieme all'energia anche nuovo combustibile nu– cleare. Scegliere la prima soluzione vuol dire scegliere una via (chiamata « via facile:,) che non presenta molte im– mediate difficoltà. L'America è disposta a fotnirci insieme all'Uranio anche gli impianti ed eventualmente i tecnici adatti a produrre dir~ttamenté l'energia atomica. Sce– gliere invece la via (chiamata·« via difficile») della com– pleta utilizzazione dell'Uranio e del Torio vuol dire anda- 1·e senz'altro incontro a colossali Investimenti ~1a anche alla più completa indipendenza economica. Perché nessuno può assicurnrci che gli Stati Uniti continuino a clich-ia– i·arsi disposti a fornirci Uranio arricchito per molto tempo; e poi, una volta imboccata la « via facile » 1 come risolveremmo il problema. di fronte a un·a improvvisa im– pennata cli quel governo costretto a non tener fede a11e prnmesse, magari per giU'Stifìcatissime ragioni militari? Una volta scelta invece la « via difficile:,, e: iniziato il processo di utilizzazione dell'Uranio naturale sfruttando il combustibile nucleare arricchito fornito dagli Stati Uniti, saremmo sempre relativamente al sicuro, se non altro per~ ché è ormai accertato che anche i'.Jtalia può disporre di una ce1·ta quantità di materiali come l'Uranio naturale e il Torio. DeL.resto tutti i paesi che hanno iniziato prima di noi lo sfruttamento dell'ene\.·gia nucleal'e, hanno preso la strada difficile, consci di scegliere la via giusta tenendo fra l'altro presente che il problema dell'utilizzazione del– l'ene1·gia nuclea.re per fini industriali può assumere una rilevante importanza economica alla condizione che si renda possibile lo sfruttamento di tutto l'Uranio e di tutto il Torio esistenti in natura, essendo l'Uranio 235 di scar– sissime quantità e di difficile e costosissimà. separnzio11e dall'altra massa del materiale. LA SCOPERTA DlURANIO di PIERO A SSEGNARE allo stato il controllo e la gestione (( · delle ope1·azioni fondamentali per la produzione e soprattutto per l'uso dell'energia nucleare è veramente una misura di libertà: è l'unico mezzo per garantire a tutta la strnttura produttiva. del paese eguali posizioni di partenza, per quanto riguarda l'approvvigio– na,nento dell'energia, che è la. vita stessa di un qualsiasi sistema economico. Col proporvi la nazionalizzazione del– l'eneI"gia nucleare, intendiamo proporvi una politica libe– rale >. Così Eugenio Scalfari, uno dei relatori al V Con– vegno degli « Amici del Mondo> svoltosi a Roma il 12 e 13 gennaio sul tema « Atomo e elettricità>, concludeva la sua relazione dal titolo « Le leggi nucleari dei paesi moderni ». Qùeste frasi esprimono a grandi linee l'am– biente in c~i si è discusso del problema della nazionaliz– zazlone dell'energia elettrica e nucleare. Esse pr;ospettano un indirizzo di politica economica che non è necessfµ'iO condividere, ma che tuttavia è serio: fiducia nella inizia– tiva privata ed in un regime di mercato, salvo ad ammet– tere l'intervento dello Stato quando qualche mostro mo– nopolistico, figlio degenere di un simile regime, venga a turbare la struttura della nostra economia. Ma tutto que– sto non poteva 1·iuscire gradito a coloro che dei monopoli in Italia sono a capo, ed il giorno dopo :24 Ore uscì con nn articolo dì fondo dedicato agli « Amici del Mondo» che definire velenoso è poco. Il vedere dei pubblici di– pendenti ficcare il naso negli affari degli elettrici, procurò all'estenSore della. nota una tale rabbia da farlo uscire in una serie di corbellerie. Per esempio: « Lo Stato irnpren– dilo1·e è, in sostanza, il loro (degli « Amici del Mondo:, - n.d.r.) idolo ed in ciò non si differenziano in nulla daì so– cil'\'.listi, dai comunisti e _dai fascisti ». La cosa può ap– parire di scarsa importanza e qualcuno può anche ritene– re inutile ricordarla: essa é purtuttavia capace di darn un'idea della ottusa· mentalità della nostra classe im– pl'enditoriale che, ormai saldamente a cavallo della no- · stra economia, non intende cedere, non dico una staffa, ni.a neppure una b1·iglia. ]l fatto è,che oggi lo Stato italiano pnò essel'e in grado di rompere l'accentramento del potere economico, il 1·e– gime di prepotenza della plutocrazia - come lo definì FRANCIA O EUROPA~ (continuaz. da pag. 5) e rischiosa, perchè può dar luogo a schemtttizzazioni tanto suggestive quanto fallaci. In complesso, tuttavia, il Llithy è riuscito a tratteggiare un panorama che non diremmo del tutto nuovo, ma nel quale sono ben mar– cate le linee salienti della realtà interna e permanente della Francia: la separnzione tra politica e Stato, la continuità secolare dell'amministrazione attraverso il mu– tare dei regimi, la prevalenza quindi della burocrazia; d'altra parte, ma sullo stesso versante fondamentalmente conservatore, l'individualismo retrivo dei meschini .inte– l'essi privilegiati, quella fittissima rete di sit-uatfona ac– . quises che avvolge, fino a soffocarla, la Francia. Per questo attaccamento disperato a posizioni ormai fotenibili la Francia dei piccoli bottegai di provincia o dei mercanti delle Halles parigine si mostra tenacemente 1·efrattaria alle necessità. del progresso tecnico ed, econo– nomico; assorbe, sì, le nazionalizzazioni od il « piano r.-Ionnet >, crea anche delle opere all'avanguardia come Donzère-Mondragon o le modernissime fabbriche d'aero– plani, ma tutto ciò si disperde e si annulla nelle strut– ture pietrifica.te d'una economia, addirittura d'una con– cezione di vita, corporativa e mercantilistica. l;a Fran– cia, insomma, continua ad ostina1·si a voler vivere nel passato, a far segnare ai suoi orologi un altro tempo (come suona il titolo originale dell'opera) ; e questo «qualunquistico> rifiuto alla dura realtà dell'ora at– tuale spiega come sia stato facilmente fittc.cato lo spi- , 1·ito « azionistico > della Libera.zione (ci si passi l'uso della classica contrapposizione italiana, data l'affinità di situa2,ioni nei due paesi, rilevata dallo stesso de Ca– pra1·iis nell'Introduzione). Co8ì in luogo della République vw·e et dm·e si ebbe dapprima l'impossibile convivenza del tripartito fra cat– tolici, socialisti e comunisti, finchè, nel settembre '48, noh spuntò fuori il dottor Queuille, a 8ignificare, anzi a simboleggiare, il « ritorno alla normalità,. Da. allora Ja situazione si. è sempre più impantanata nell'immobili– smo, non rotto realmente neppure dal breve esperimento di Mendès-France e ineno che mai dall'ultimo anrio di governo soci1;tlista. Incapace, per impossibiliti\ oggettiva, a dare corpo al mito della grandeur, la li'rancia non ha SRputo trovare alcuna soluzione ai due problemi capitali dell'Impero !si veda tutta la p. III) e della politica estera (p. IV); e non è certo « in questo ripiegarsì su se stessa che la Francia può ritrovarsi. La F'ra'hce seule è divenuta troppo piccola per la Francia ,. R.imane solo, secondo il Li.ithy, la via della salvezza attra,·e1-so e nel– l'Europa; vorremmo dttvvero poter condividere senza. Tiserve ·questa fiducia. ERASMO BAR UCCI l'Amoroso - almeno in un settore chiave della nostra economia: le fonti di energia. L'energia atomica, che ne!Ja mente di ognuno di noi è associata a spaventose im– magini di paesi interi completamente distrutti, può anche servire per fini pacifici e può, fra l'altro, servire a p·ro– durre energia elettdca. Ecco perché gli elettrici sono su– bito insorti quando hanno sentito dire che lo Stato avrebbe anche potuto instaural'e un rigido monopolio nel campo dell'energia nucleare. 11 fatto costituirebbe infatti una se– ria limitazione al loro strnpotere 'e, di qui a breve t.empo, una delle principali leve di comando di una moderna economia - quella della produzione dell'energia elettrica - potrebbe anche essere portata via dalle loro mani. La classe imprenditoriale italiana non perde mai l'occa– sione di definirsi liberale e di dirsi fiduciosa nel meccani– smo della libera concorrenza, ma quando si tratta di tro– vare i mezzi perché l'attuale forma çli mercato d.iveng& davvero, non dico simile, ma almeno parente di un re– gime concorrenziale, allora il discorso cambia: ognuno, attaccato alla propria posizione di privilegio, si batte disperatamente perché la sua condizione di strapotere sia non limitata, ma addirittura ampliata e consolidata. « L'industria elettrica, in Italia, è in mano di una decina di persone - disse Ernesto Rossi nella sua rela– zione -, strettamente collegate nei consigli di ammini– strazione delle grandi società capo-gruppo (Edison, Sade, SME) e delle finanziarie (la Centrale, Bastogi). Questi "padl'Oni del vapo1·e ", a seconda della politica degli in– vestimenti che decidono, accelerano o ritardano il pro– gresso economico in intere règioni; attraverso la poli– tica· dei prezzi molteplici fanno fallire o prnsperare mi– gliaia di aziende indipendenti, ecc. ». Se non fosse stata sco'perta l'energia nucleare, almeno in ltalia ci sarnbbe stato poco da fare: o giungere alla nazionalizzazione della industria elettrica, o subire l'at~ tuale stato di cose. Oggi però che anche noi possiamo essere capaci di t1·asformare l'energia nucleare in energia elettrica, ed in attesa cli nazionalizzare ql1esta industria. 1 lo Stato ba la possibilità di limitare lo strar:iotere di que– ste decine di persone, dalle cui decisioni dipendono le sorti di tutti gli italiani. · Questi aspetti sono ..stati trattati al convegno degli « Alllici del Mondo> e dai 1·elatori e dagli intervenuti, al– cuni dei quali autori di interventi assai seri ed approfon– dit" Da ricordare, fra tutti 1 quello dell'onorevole La Malfa eh~ e~pose con calore e precisione la situazione di favo- 1·itisrni che si è creata in seno all'IRI, (! quello di Paolo Sylos Labini che inserì il problema delle fonti di energia nel quadro della realizzazione dello schema Vanoni. Nes– suno o pochi degli intervenuti cònoscevano i termini stret– tamente tecnici della questione: ma questi furono forniti dalla relaziorie della prof. Ageno, di una chia,·er.za davvero più unica che rara. Le due ,,fo Tutti così potemmo sapere che combustibile nuc1eare è soltanto l'Uranio 235, non solo assai scarso in natura, ma inoltre fortemente diluito nella massa di un altro ma– ·teriale, l'Uranio 238, nella propor.tione di L/ 140 del totale. L'Uranio 238 non è di per se stesso un combustibile nu– cleare, ma può divenirlo assorbendo i neutroni che _un J'eatto1·e nuclear·e può fornire nella combustione <lell'Ura– n.io 235. li fatto è che, a differen~a di una. comune fornace che produce soltanto calore, il reattore nucleare produce sia i neutroni che ene1·gia elettrica. Nei reattori moderni, utilizzando i neutroni per bombardare l'Uranio 238 e il Torio e trasfo1·mandoli quindi in combustibili nucleari, si può giunge1·e ad un fenomeno davvero impressionante: il combustibile prodotto è maggiore di quello consumato. E' neces$a1·io 1 maga1·i 1 per abbrevia1·e e rendere più conve– niente questo processo di triisforruazione, poter dispoi·re di una certa quantità di Uranio arricchito che può con– tenere combustibile nucleare fino ad una concentrazione del 00% {si pensi che nell'Uranio naturale, l'Uranio 235 rappresenta soltanto il 7,1 per mille della massa totale) e che in questo momento è possibile avel'e, sia pure in prestito, dagli Stati Uniti. 01·a questo cornbustibile nucleare arricchito può essere usato o in impianti di modeste dimensioni e dai costi di impianto relativamente ba.c;si per produrre soltanto ener– gia elettdca oppure in specia,li tip'i di_ reattol'i che produ- Iniziativa publ;)lica o privata Scegliere questa via vuol dire impegnarsi a investiro somme impressionanti per poter realizzare in Italia il ciclo completo di ·utilizzazione dell'Uranio e del Torio. Perch6 il pl'oblema n·on si esaurisce nella costruzione di reattori plutonigeni à. Uranio natul'ale od arricchito, ma anche nel fabbricare gli impianti ausiliari che, per il loro costo assai elevato, dovranno essere unici in tutto il paese. I>uò l'industria privata intraprendere la costruzione di simili impianti! Certamente no 1 se non altro perché è sprovvista dei capitali sufficienti. Ma anche se potesse avere a disposizione i capitali, esistono altre ragioni cho consigliano di costituire un rigido monopolio pubblico che escluda senz'altro la pa1-tecipazione dell'indm;tria privata; ragi.oni che esamineremo in un altro at-ticolo parlando della legge presentata ed approvata dal consiglio dei mi– nisti-i su iniziativa del ministro dell'industria e commer– cio on. Cortese. Del resto, •affermare ch8 in Italia l'energia. nucleare deve essere sottoposta ad un regime di completo mono– polio pubblico, non vuol dire certo abbandonarsi a pro– poste demagogiche o massimalistiche: tutti i paesi elio hanno iniziato le ricerche nucleari da tempo ci hanno pre– ceduto su questa strada. E non sembra che abbiano a lamentarsene. Soltanto negli Stati Uniti, lo sfruttamento dell'energia. nucleare è regolato da una legge che ha in– stauralo un regime concessionario. Ma c'è da dire che anche in quel paese, dal 1946 al '54., il problema dell'ener– gia nucleare fu regolato da una legge cbe aveva invece costrnito un rigido monopolio statale e che tale regime fu abbandonato perché ormai gli Stati Uniti potevano di– spone di eccezionali quantitù di Uranio arricchito che non sapevano come sfruttare e che dovevano per forza espor– tare o comunque dare in p1·estito. E l'Atornic En.ergy Oom– rnission, l'organo esecutivo del governo federale nello sfruttamento dell'energia nucleare, non era adatto ad in– traprendere un'opera di penetrazione dei mercati stranieri, cosicché si ritenne opportuno affidare questo compito ai privati. G'li USA del resto non hanno bisogno di trasfor– mare l'energia nuCleare in energia elettrica 1 se si tiene conto che le loro fonti convenzionali sono tuttora più che sufficienti a far fronte alla pur grandissima doma_nda di energia cui sono sottoposte da· parte di una incluStria sempre più in espansione. Nei paesi ove l'energia nucleare è stata vista come un elemento capace di risolve,·e il Problema delle Conti di energia sempre pil1 scarse e costose, non v'è stato dubbio sulla necessità di ricorrere al monopolio pubblico. Così è successo in Inghilterra, in Francia, in Canada. L'unico e8empio contrario sembra essern dato da uh progetto di legge che sta per essere discusso al parlamento di Bonn~ che però noi non conosciamo. In Francia e in Inghilterra., dove la produzione e la distribuzione dell'energia elettrica sono nazionalizzate fin dal 1046, il processo di nazionaliz– zazione dell'energia nucleare è avvenuto senza discus– sioni. Non così in Italia, dove l'indust1·ia privata che per sua natura non può che conoscere la «. via facile> (quella cioè del consurno del combustibile pregiatoL avanza le sue credenziali per introdu1·si ·nel mercato dell'energia nu– cleare. Sembra che siano per ess ere accettate. E' ora di dimostrare che sono false e di fa.do sapere all'opinione pubblica. - QUADERNI DEL PONTE Sono raccolte in questo volume quattro relazioni presentate al Convegno su « Li– bertà religiosa e libertà costituzionali », promosso dal circolo « La Riforma >1 di Mi– lano nello scorso luglio.· "PIERO CALAMANDHEI,, LALIBERTA' RELIGIOSA INITALIA di G. PEYI\OT • L. BORGHI • G. MAGNI A. CAPITINI LA NUOVA ITALIA EDITRICE - FIRENZE PIAZZA INDIPENDENZA, 29 , I saggi riuniti in questo volumetto of– frono un serio contributo alla formazione di una coscienza civica che voglia e sappia difendere le libertà previste dalla Costi– tuzione. Pagg, Vlll-84 - L, 350
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