Nuova Repubblica - anno V - n. 3 - 20 gennaio 1957

(146) nuoi:a repubblica LUCI OELLA R I BAL'lA IL TET~ro di F. DI GIAMMATTEO e HE DOBBIAMO fare? Qual'è il meccanismo che non funziona nella testa degli spettatori? Perchè qual.::osa che non funziona, esiste: cerchiamo di capirlo. Nessuno pretende che abbiamo ragione" noi, o che abbia ragione in tutto e per tutto Zavattini. No, sappiamo perfettamente che la lacuna più grossa nel– l'ultima fase del neorealismo zavattiniano è l'atmosfera 1·arefatta e intellettuale da cui sono avvolte le storie umane dei suoi film: atmosferà che, opponendosi alle normali convenzioni spettacolari, « arriva » con una certa difficoltà al pubblico e non stimola pienamente il suo interesse. Però, detto questo, anche dalla parte dello spettatore debbono esistere lacune e incomprensioni che meriterebbe conoscere bene. Il tetto è uno dei film miglio– ri - più carichi di umanità e più ricchi di proposte sti– listiche - che siano apparsi di recente nel mondo. Eb– bene, quest'opera - incompresa da una giuria di squin– ternati al festival di Cannes - ha incassato nelle prime vi~ioni 44 milioni, mentre per citare .qualche altro esem– pio, Totò, Péppino e La matafemmina ne ha incasSati 72, Mio figlio Nerone 71, Donatella 64, e fra gli stranieri Picnic ne ha incassati 218, IL conquistatore 170, Alessan– dro il grand•z 92 e così via. Si è sempre detto che gli spettatori delle prime visioni hanno gusti più sicuri - o quanto meno - più esigenti di quelli delle visioni successive. Se questo fosse vero, un film come Il tetto - opera in un certo senso raffinata e artisticamente im– pegnativa - avrebbe raccolto la stragrande maggioran– za dei suffragi e quasi tutti gli altri film che abbiq,mo citato sarebbero passati tra l'indifferenza generale. Restano le seconde e le terze visioni, di cui non sappiamo ancora nulla. Ma se un'impressione dovessimo già azzardare, diremmo che il livello del gusto popo– lare sta scendendo e che le << prime visioni )> si stanno rapidamente allineando sulla media delle visioni suc– cessive, con un processo inverso a quello che sarebbe auspicabile. In questa situazione possiamo coltiva1,e solo la speranza che, in contrasto repentino con le consue– tudini, nasca dal bàsso una spinta positiva che ristabi– Esca l'equilibrio, e che siano proprio gli strati per cosi dire più umili (o, meglio, più poveri) del pubblico ad imporre un discernimento critico cui gli spettatori più privilegiati hanno mostrato di voler rinunciare. Ma non c'è molto tempo da perdere, se si vuol salvare quel poco che rimane del cinema italiano. Quan– do gli spettatori non comprendono un film come IL tetto - che ha se non altro il merito di toccare un problema vivo e di presentare alcuni personaggi con una palese e commovente simpatia umana - la situazione va giu– dicata quasi insostenibile. Si noti che le più forti cor– renti d'opinione diffuse in Italia (dai cattofici alle si– nistre) hanno apprezzato il film al di là di ogni aspet– tativa, preparaodogli un terreno quanto mai favorevole. Tutto ciò non è servito, il pubblico ha reagito stanca– mente. Debolezza del film? Sì, anche, e ne abbiamo detta la ragione. La storia di Luisa e di Natale non ha cor– posità sufficiente per reggere il ritmo dello spettacolo; il racconto in se stesso, e lo stile con il quale Zavattini e De Sica lo sviluppano, si ingentilisce e si assottiglia man mano che i fatti si succedono, laddove sarebbe stata necessaria una forza sempre maggiore; la psicologia dei protagonisti e dei personaggi minori (Cesare, soprat– tutto) è talvolta appena accennata - con delicatezza estre·ma, pregio artistico indubbio in questo caso - ed esige quindi daJlo spettatore capacità intuitive non co– muni. Per contro, la freschezza con la quale s~no colte le conseguenze che la coabitazione e la ricerca della casa provocano nella piccola cerchia di questa famiglia italiana (una famiglia come centomila, non un simbolo ma un riflesso autentico della situazione generale), vale per una delle cose più interessanti che gh autori abbia– no realizzato nel corso della loro carriera, per uno de– gli elementi di maggior rilievo « popolare )> che il neo– realismo abbia offerto allo spettacolo cinematografico. Qui non intendiamo· analizzare il film sino in fondo e stabilire quale posto occupi nello sviluppo della ispi– razione di Zavattini e De Sica. E' la cosa più urgente e pratica del rapporto tra 11 film e il pubblico, in que– sto particolare momento, che ci preoccupa. Dobbiamo domandarci - e se lo debbono domandare i lettori - che cosa s·i possa fare oggi non per il cinema ma per il pubblico. La chiave della situazione è ll. Tutte le. at– tuali forme di cultura cinematografica (cineclub, dibat– titi, pubblicazioni specializzate, riviste e rotocalchi di divulgazione, ecc.) sono evidentemente su una strada sbagliata, che ha un poco il sapore dell'accademia. Gli è, con ogni probabilità, che non conosciamo, o conoscia– mo assai ma.le , gli spettatori; o li conoscemmo un tempo ed abbiamo in seguito tralasciato di seguirne la evo– luzione e gli sbandamenti. La critica deve seguire l'andamento del livello cultu– rale sul quale si trova ad operare. Se no, opera nel vuoto e danneggia anche se stessa, limitando le proprie capacità di giudizio. Come giudicare della « popolari– t,à » (in tutti i sensi) del Tetto senza sapere p.erchè gli spettatori gli hanno riservato una certa accoglienza? 7 Natura morta (Dii. di Dino Bosclii} BIBLIOTECA SAGGIO SULLA RIVOLUZIONE E 9 APPARSO ultimarnente, tra le ristampe 1956 dell'editore Ein~ud_i, il Saggio sulla Rivoluzione di Carlo Pisacane, un'opera tra le più impor• tanti del tardo Risorgimento e tra le meno conosciute dalla sto1·iografìa contemporanea. Nelle pagine del « 8aggio ~ si ritrova una critica mclicale e demolitri<'e conti-o jl sistema proprieta1·io, contrn ogni fo1·ma di governo e ogni fede religiosa; una concezione m~erìalista della. sto1·ia e una dialettica ~n• ticapitalistica·: ~Ite per molti aspetti avvicinano Pisacane a Marx e lo pongono tra i più significativi precursori del socialismo moderno; vi si ritrovano altresì una viva– ci ti~ polemica e una partecipazione spirituale che pon– gono in luce la figura ciel rivoluzionario militante prima ancora di quella dell'uomo di oulturn; una convinzione nella naturole bontà dt'gli uomini e· un am0l"e per Ja liberti\ che lo trascinano fino alle conseguenze estremo di un intransigente e irreducibile· ana1·chismo. Allo stesso modo dei giacobini più cooi·enti, Pisacane non è tanto pl'eoccupalo di costruire .._un ordine nuovo, quanto invece di demolire quello esistente, poichè esso, con. le sue leggi,. sanziona e difende uno stato di perma• nente ingiustizia. lnoltre, assieme ai giacobini non crede nella capacità di autode(•isi-one e nella volontà di risor– gimento delle masse popola1·i, o per lo meno della mag• gioranza del prnleta1·iato, avvilito da secoli nolra miseria e nella più completa e torbida sogge:1.ione ai propri pa. clroni. La «Rivoluzione~ per Pisacane si riso.lve nella pre• sa del pote1·e e nella instaurnzione cli una assoluta libertà, fuori eia ogni legge e da ogni guida arbitrnria; non già ·in una dittatura provvisoria, quale, ad esempio, da Ro• bespiel'l·e a Blanqui, i giacobini francesi intendevano istituire. Non si doveva combattere per la libertà. e sop· prime ria una volta che fosse stata conquistata; chi.I canto suo la giustizia non aveva bisogno di legislatori, pùichè le leggi cli naturn J'av1·ebbe1·0 regolata e diretta. Così Pisacane, per metà uomo del settecento, e per metà dell'ottoce?lto, nut1·ito di cultura riformistica ma, nel contempo, aperto a tutte le tentazioni giac9bine, maz. ziniano nel Procedere e anarchico nel concludere, militare . pe1· vocazione e rivoltrnional'io per elezione, si discosta largamente da Marx fino a trasferirsi nel campo del– l'utopia e in una illuso1·ia visione egualitaria. Ma, a differenza di Marx, la cui màtu1·azione _poli• tica e filosofica era avvenuta all'interno di una società capitalistica e nel clima cli una civiltà· ormai industria• lizzata, Carlo Pisacane era espressione di una società ancora dominata da un sistema feudale o di una civiltà nettamente premoderna. 'fra Pisacane e Marx corrono dunque due tipi di. versi-di rivoluzione, l'una contadina e antifeudale, l'altra operaia e anticapitalistica; anarchia e comunismo sono le conclusioni cui esse intendono condurr~, ma quanto la prima risiede nelle illusioni e nelle speranze utopi• stiche cli una cultura settecentesca, tanto, invece, la se• conda scatrn·isce da una ideologia moderna, strettamente connessa ad alcune leggi interpretative dello sviluppo della storia e della società civile. La lotta di classe, che per entrambi i pensatori muove Ja storia, dura immutata da secoli tra padrone e servo, t1·a- p1·oprietario e nullatenente, secondo J'anar~ chico napoletano; ment.re il com_unista. tedesco ritiene giustamente che essa abbia seguito la ·evohw,ione econo,o, mi('a via via ·differnnte delle classi. l")isacane non riconosce neppure Ja rivoluzione bor~ ghese, non approfondisce i problemi che si connettono allo sviluppo delle classi al potere o subordinate; cono• sce soltanto la contrapposi:--,ione frontale tra chi detien9 le ricchezze e la proprietì~ della terra e dei beni, e chi invece ne è totalmente privo. Lo sviluppo del copitali~,;10 è sonetto da una cat– tiva distribuzione delle ricche;,;ze~ cioè a dii·e da una condi:-:ione ingiusta di padenza, consentita dal sistem5. p1·op1·ietario. Una volta eliminata la proprietà., secondo la dialettica pisacaniana., cadrebbero tutte le struttr.~ che su cli essa si Sono edificate, quindi lo stesso capita. li:-;mo e la religione cristiana, anch'essa espressione, nei suoi principi e nei suoi riti, cli una società non organiz– zata secondo un criterio cli giustizia. E in modo quasi stucchevole Pisacane insiste a dire che la lotta non si doveva tanto fare Cont1·0 il capitali– smo, ma contrn l'ordinamento feudale che l'aveva deter• minato e il diritto di prop ..ietà che sta alla base di . ogni male. · , La critica economica al capitalismo, pur Allineando le migliori e le pili complete acquisizioni del socialismo di quel tempo, non pare sufficiente e genuina., 1na di riporto ed anacr0nistica con la realtà italiana. Non si CRpisce cioè fino a che punto la scoperta cli ce1-te leggi che presiedono realmente idio sviluppo del capitalismo, sia. frutto cli intuiz.ione o di rielaborazione in chiave radi. cale di concetti appresi a contatto coi socialisti inglesi: Dai docum.enti clie si conoscono non traspare nessun elemento che oertifichi un contatto di.-etto o indir2tto cli J'isacane con le dott1·inc elaborate contempornnea• mente da Marx ed Engels. E' di(ficile spiegare come Pisacane abbia potuto dE>clurre dal corso del suo pensiero delle verità cui era difficile giungei-e, senza ulilizzal'e una metodologia scièn tifica adegtiata e sen;;'.a avei-o dinnanzi un tipo cli societa e una struttura economica che si prestassero ad un'., indagine rigorosamente orientata nel senso del pili m__,• clerno anticapitalismo. Pe1·(?, il fatto che egli ritenga il capitalismo come una appendice moderna del secolare e perdurante prolungarsi dell'esperienza feudale e del– l'assetto proprietario, rivela una valutazione di fondo talmente insufficiente del fenomeno, da far pensare seria· mente ad una meccanica utilizzazione della c!'itica. owe• niana. Ciò nonostante, e per quanto affiorino di continuo nella problema.tica di Pisacane le suggestioni onnai re– sidue del settecento, il Saggio sulla Rivoluzione ri• mane, nella storiografia del ·Risorgirnento, l'opera forse pili signifìcapva tra quelle rivolte a mantenere inscindi– bilmente uniti il problema politico dell'indipendenza nazionale e il problema economico del riscatto da UJ1a miseria secolare. 1 La. morte 'di Pisacane nella disperata impresa di Sapri segnò la del·ìnitiva scomparsa cli una problematica socia.le impegnata nel corso degli ultimi anni della lott.a risorgim entale, mentre il vago socialis,no repnbblicano del Mazzini, procedendo om1ai liberamente 1un$O la sua strada, finirà per affidare le sorti dell'Italia ad uria mo– narchia tradizfonalmente non illuminata e a forze bor• ghesi congenialmente propense alla conservazione. FRANCO BOIARDI

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