Nuova Repubblica - anno IV - n. 49 - 2 dicembre 1956

· (159) nuova repubblica (E' stata organizzata di recente 1111amostra di medici-pittori) (Di$. di Dino Boschi) AVVENIRE DELL'ARTE: La mostra dei pittori-medici SOCIOLOGIA E CULTURA di ANTONIO CARBONARO L EGGENDO il libro di Filippo Barbano (Teoria e ri– ce:ca nella s~ciologia contemporan~a. Milano,_ Giuf– fre, ·1955) v1en fatto naturale d1 pensare unme– diatamente alla strana situazione culturale italiana: una cultura che è o solidamente leg'ata ·a· fissi modelli ideo– l6gico-politici, ricavabili dall'interpretazione dei sacri testi màrxisti o cattolici, o arroccata a livelli di generico mo– r.alismo, tra filosofico e letterario, che continuamente ri– producono se stessi in ciclo chiuso, tirando a campare su un minimo di originalità creativa. D'altra parte la particolarissima situazione del nostro ultimo dopoguerra, passato ìl morpento dell'emergenza e della ricostruzione essenziale, e realizzatasi la· convergenza di propositi de– mocratici e di riforma,· ha ravvivato il desitlerio di cono– scere la realtà delle cose concrete, la strutturazione reale della vita sociale, i bisogni veri, le necessità urgenti, gli stati d'animo e le opinioni. Tutto ciò, se da un canto ha aggiunto alcuni accenti problematici alla cultura ufficiale, dall'altro canto ha alimentato tutto un sottobosco di cultura non ancora ufficiale: ricerche in loco, saggi su metodologia d'indagine, valorizzazione delle statistiche come tecnica di ricerca, diffusione di manuali sociologici francesi inglesi e americani, studi di comunità in colle– gamento coi piani regolatori, ecc... A poco a poco si è andata riesumando la disciplina sociologica, non solo ricollegandola al punto in cui fu abbandonata col cadere del positivismo con cui si era identificata, ma anche cercando di proporre una scelta tra i sistemi, i mezzi, Je tecniche e le ipotesi el'aborate dalle culture statuni– tense o inglese o francese. Il libro del Barbano, che è il primo manuale sociolo– gico di autore italiano, fa parte di questa attività di ri– '.:iveglio. Non avendo eccessive pretese, essendo una esposi– zione sufficientemente chiara di elaborazioni sociologiche ormai classiche (il Lewin, il Merton e il Parsons), mi pare che la sua fatica meriti un caldo elogio. Ma direi che il suo contributo al1a cultura, quello più attuale, è per certe implicazioni di fondo, che ogni tanto nel suo libro 1·iescono a prendere la forma di tematiche personali, per quanto solo accennate. Voglio dire per tutti quegli aspetti educativi, che sono legati alla natura della disciplina sociologica. Per fare qualche esempio, posso citare la pre– dilezione del lavoro in équipe,, cioè del lavoro e della .ricerca in gruppo, piuttosto che del lavoro individuale; d'abbandono del preconcetto della scienza come creazione del genio individuale o della scienza come « narcisismo del pensiero>>, cioè speculazione fine a se stessa; la pre– ferenza per l'atteggiamento attivo e aperto, non solo come disposizione amorevole verso i propri simili e il tatto sociale, ma anche come integrazione tra teoria e ricerca e 1 quindi, tra teoria e pratica. L'Autore accenna ad un certo punto, a proposito di queste ultime relazioni tra conoscenza e azione, alla convergenza delle posizioni del pragmatismo· americano c'oll. quelle del comunismo diale!tico e, naturalmente, fa le dovute distinzioni tra la natura democratica del primo rapporto e la natura direttortale del secondo. Secondo me queste distinzioni sono troppo formali. E' vero che Marx disse: « fino ad ora i filosofi non hanno fatto che interpretare il mondo, ora si tratta di cambiarlo»; ed è anche vero che Gramsci negava una funzione e utilità alla sociologia, risolvendo tutto in « politica », come del resto faceva Croce, risolvendo tutto in « storia »; ma queste non sori~1:he manifestazioni periferiche di atteg– giamenti di fondo. - Anche la democrazia può tradursi in un abile controllo e nella manipolazione dell'opinione pubblica. Dicevo gli atteggiamenti di fondo. Considerate, ad esempio, questo I,'apporto: ipotesi di ricerca-osservazione, raccolta e analisi dei 'fatti-teoria _interpretativa-ulteriore ipotesi di ricerca: ecc ... Risulta chiaro che questo è un rap– porto di una conoscenza che si adegua alla realtà, e sposta e corregge continuamente il suo. angolo visuale. Considerate ora quest'altro rapporto: ipotesi di ricerca– osservazione, raccolta e analisi dei fatti-teoria interpre– tativa sistematica-interpretazione della teoria-interpreta– zione della realtà alla luce della teoria sistematica. Con la cultura marxista siamo a quest'ultimo punto. Non si è ancora ricominciato il ciclo. Idee come << classe », « ca– pitalismo», « dittatura del proletariato», ecc. manten– gono anc<?ra il senso che hanno ne] testo sacro e pre– tendono di essere ancora strumenti validi a conoscere la realtà d'oggi. La teoria è diventata misura di tutte le cose, non elemento di un rapporto e momento di una operazione complessa. Esistono modelli di situazioni che si sono modificate ed in cui tuttavia ci si sforza di' far entrare il più che sia possibile della realtà. Quando poi, nonostante gli sforzi, la realtà ribelle fuoriesc-e dagli schemi, allora la si ripudia, la si considera non essen– ziale o non pertinente;· allora si ca~biano anche i fatti, si ricorre all'informazione elaborata, alla rigida disciplina di governo o di partito. · pRÒPRIO in questi giorni abbiamo avuto un esempio di questo atteggiamento di fondo, legato a un tipo par– ticolare di cultura marxista, in rapporto ai dolorosi fatti d'Ungheria. Siccome non si riesce a concepire che due posizioni antitetiche - il bene e il male, il vero e il falso - allora si ha il sacro terrore di riconoscere i i propri errori e si continua a proclamarsi nella verità, incompresi o perseguitati. Cosi si spiegano le scomuni– che, le espulsioni, le chiusure ideologiche e la pretesa di 'monopolizzare tutta la cultura. Un atteggiamento più umile, più probabilistico e più apertamente problematico può insegnarlo 1a sociologia. Una visione pluralistica del fatto sociale, realmente di– namica delle interrelazioni. tr~ teoria e ricerca e· tra teoria e pratica, può darla· la- sociologia. .Cioè quella scienza che in Italia ha ancora pochissime cattedre uni– versitarie (forse quattro o cinque in tutto), pochissimi editori, p<>Chtssimì autori e pochissimi cultori. 7 • BIBLIO'l'ECA LO SCRITTOIO DEL PRESIDENTE R ICONOSCIAMO bene, in questo volume (Luigi Einaudi, Lo scrittoio del Presidente, Todno, Einaudi, 1956), l'anima di certo vecchio l:)iemonte, con le sue virtù tradizionali, dall'austera probità venata di rigorismo giansenista all'onore per i demagoghf, i rotori, i, ven– ditori di fumo, o dal senso altissimo della responsabilità personale alla. virile capacità. di guardare la realtà senza facili illusioni. E vi 1·iconosciamo altt'esì il migliore Einaudi, cioè il combattente della battaglia anti-protezionistica, il precursore e strenuo assertore del federalismo europeo, il denunciatore coraggioso di tante storture della nostra eco– nomia e tante magagne del nostro apparato burocratico. Ci auguriamo dunque di cuore che qUest'opera· venga letta e meditata attentamente da.gli uomini politici del nostro paese (supposto che abbiano ancora il gusto di certe Jetture e certe ineditazioni ...) ed in modo particolare da quelli della sinistra. Chè basterebbero pagine, come quelle dedicate alla Federazione Europea od alla libertà di movi– mento dei lavoratori, e magari soltanto una memoria, come quella I diplonii scolastici devono essere obbligatori nei concorsi st'atali!, per renderne la lettura indispensabile a chiunque propugni una seria politic~ di riforme. Ma trattandosi dell'opera di un grande galantuomo, non v'è miglior modo di rendere omaggio alla sua onestà che quello di dichiarar onestamente che la- sua lettura, pure fapiratrice. di tante utili riflessioni, ci lascia per altri ve ·si più che insoddisfatti. Non è senza disagio, invero, che pos– siamo vedere invocata la morale e addù·ittura Ia religione a difesa della sacra proprietà fondiaria: forse che uno studioso delraltezza dell'Einaudi può credere che davvero tutto olezzi di candore virtuoso nella storia della pro– prietà terriera italiana? o forse che nelle sue meditazioni religiose non ha mai gettato l'occhio sulle espressioni piut– tosto drastiche che ìl Vangelo usa a proposito dei ricchi? Né senza un certo imbarazzo possiamo vedere ripetuto ad ogni piè sospinto che Io sblocco dei licenziamenti nelle indust1·ie e nelle campagne sa1·ebbe il toccasana dc11'econo– mia. e della società italiano e mai accennato, viceversa, neanche per inciso, a quel che si dovrebbe fare in tal caso per far campare i lavoratori licenziati, in attesa del loro riassorbimento in normali occupazioni. Ma queste potrebbero essere ancora, sino ad un certo punto almeno, ragioni relativamente marginali di dissenso. li punto fondamentale da discutere resta non solo quello di sapere che cosa si abbia da fare in Italia, per ri.m.e– diare a tanti mali quanti ne denuncia coraggiosamente l'Einau di, ma altresì di sapere con qmtli mezzi e quali for.te si abbia da lavorare. I guai, che a giudizio dell'illu– stre autore affliggono l'economia e Ja pubblica ammini– strazione del nostro paese, non' possono certamente es~ sere piovuti dal cielo, per virtù di stelle maEgne: deb– bono pure essere il prodotto di forze umane, storicamente identificabili e politicamente responsabili. Posto questo, è possibile proporsi seriamente Qelle riforme, sia pure in termioi rigorosamente liberali, come quelli cari all'E~1an– di,. senza proporsi a.ltresl cli sbarazzarci di coloro, CJ.Ù i guai- che vogliamo riformat'e sono da attribuire? L'Einaudi somiglia ad un g~antuomo, che davanti alle gesta vergognose di ladri e truffatori proclami altamente i1 proprio sdegno, ma non si senta poi né di dire nomè e cognome dei delinquenti, né di chiamare dei carabinieri robusti abbastanza da· agguantare per il collo i ma1fattori e costringerli con la forza a smettere. Purtroppo, i nomi e cognomi pohtici e sociali dei responsabili della mancata evoluzione in senso democratico ed autenticamente libe– J"ale dello stato italiano o dello sviluppo della nostra eco– nomia verso forme corporatjve, e magari simili a quelle dei tempi di Colbert, anzichè verso forme socialmente più progredite o· quanto meno verso un capitalismo moderno ed evoluto, sono sulle bocche di tutti: son quelli delle forze politiche che ci hanno governato sinora, a comin– ciare dalla democrazia cristiana, e dei gruppi egemonici della più potente e rapa.Ce borghesia nostrana. Come pos– sjamo sperare di arrivare a tante belle mète, quante ce ne addita l'Einaudi, dalla Federazione Europea alla difesa del consumatore cd al rinnovamento della macchina sta– tale, conservando al potere la medesima classe dirigente e le medesime forze politiche? Che dai rappresentanti poli– tici degli zucc.herieri venga fuori .la difesa del consumatore o da quelli èlelle industrie protette venga fuori la Fede– razione Europea è volere la luna nel pozzo. O si chiamano i carabinieri,- cioè si inVocan0 ferie nuove politico-sociali, le quali incarniitò le esigènze· di quelle masse popolari che sono le prime ad avere interesse ad una seria politica di riforme, e· siano capaci di esprii:nei-e dal proprio seno una classe dirigent.e nuova: oppure· ci si può risparmiare il fiato necessario per gridare al fadi·o. "Di cel'te grida impo– tenti, i ladri saranno serilpi-e 'felìcissimi: servono a far tanta confusiçme che basta loro a far nian bassa impu– nemente. Lungi da noi l'idea di svalutare gli ammoni– menti che Luigi Einaudi dà in queste pagine ai ·suoi connazionali o la serietà delle critiche che egli rivolge ai troppi faciloni e venditori di chiac·chiere, che esistono indubbiamente nelle file deila sinistra. Ma lungi da noi l'idea che possano essere davvero gli amici politici di Luigi Einaudi, a cominciare da quelli che dirigono· il suo partito, a realizzare quanto di più vivo e valido v'è nelle sue pagine. Ancora una volta.., l'onore e la responsabilità di attuare quanto v'è ancora di valido nel 1·etaggio del liberalismo italiano, spetta a noi rossi. Che se ne abbia sempre chiara l'idea o adeguate le capacità, in seno allo schieramento della sinistra, purtroppo, è un altro discorso. Ma è anche questo un problema che si risolve non nel– l'astratt.o della predicazione moralistica, bensl nel con– creto della quotidiana bat.taa:lia politica e sociale. · GIORGIO SPINI

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