Nuova Repubblica - anno IV - n. 45 - 4 novembre 1956
(155} iiiruva i-èpubblì~~ 3 RILANCIO DEL SOCIALISMO MONDIALE LA,RICERCADELLAGIUSTIZIA Dove la via parlamentare è aperta, è troppo comodo per quelli che la seguono starsene contenti dei progressi realizzati senza intaccare le fondamenta della società capitalistica ; come al contrario, è troppo comodo per quelli che vogliono raggiu_ngere il socialbmo con -mezzi violenti gabellare il loro regime assoluto per una forma più alta di democrazia I. RIFLESSIONI SUC NQUANT'ANNI DI ESPERIENZA .SOCIALISTA Cominciamo la . pubblicazione · integrale, in traduzione italiana, dell'importante opuscolo di Cole uscito ultimamente in lnghilferra sotto it titolo Word! socialist restated ( a_cura di New Statesman and Nation, luglio 1956). Cogliamo l'occasione per Tingràziare l'Autore della gen– tile autorizzazione accorçtataci. S ONO sociali;ta or~ai da cinquant'anni, da quando - ragazzo - mi convertii al socialismo leggendo News· from Nowhere; e circa quarant'anni sono Pas~ sati da quando, studente di prim'anno ad Oxford, fondai e diressi un giornale socialista. Mi sembra arrivato il mo– mento di dare uno sguardo al passato, e insiem_e anche all'avvenire, per tentar di vedere quel che è accaduto al movimento socialista da quando io vi sono entrato, circa mezzo secolo fa. Per prima cosa devo chiedere a me stesso perchè, in quei. giorni ormai lontani, io di– ventai socialista, e. che cosa mi ha fatto restare fedele al socialismo fino ad oggi - così fedele che mai nep– pure un momento mi è venuto in mente di pater essere qualche cosa di diverso. Sento ancora l'ardore di quella conversione; e mi è difficile parlarne. Diventai social_ista perchè non appena mi apparve la possibilità di una società di uguali, resa libera dalla duplice sventura dei ricchi e dei poveri, dei padroni e dei servi, capi_i che quello era il solo tipo di società che consentisse la di– gnità e la fratellanza umana e che in nessun'altra sO– cietà avrei potuto avere il diritto di essere .felice. La società che William Morris immaginava mi parve espri– mere il giusto tipo di rapporti umani, ed essere al tempo stesso bella e ammirevole; e decisi di lavorare per qual– che cosa che vi si avvicinasse il più possibile, senza, in quello stadio della mia conversione, scandagliare più in profondo le vie e i mezzi. In altre parole, la mia conversione fu essenzial– mente idealistica; e le mie convinzioni socialiste hanno sempre mantenuto questo fondamento di idealismo. Ho sempre guardato al socialismo non come un dato sto– ricamente necessario, ma come l'attuazione di un or– dine sociale che ogni uomo degno deve volere, e ho considerato la sua vittoria come la vittoria non di una classe ma di una idea. Per questa ragione, sebbene ci sia molto negli scritti di Marx che io ammiro, non sonò mai stato un marxista. Accetto la lotta di classe corrie una realtà - sebbene una realtà più complessa di quella che Marx pensava che fosse. Ma non mi sod– disfa, se non come mezzo per raggiungere quella so– cietà senza classi che voglio veder costituita. Io sono, nei termini della famosa distinzione di Engels, un so– cialista «utopista» piuttosto che un socialista « scien– tifico »; e questo mi rende scrupoloso sui mezzi come sui •fini, poiché io non amo far del male alla gente se non per ragioni molto serie, e detesto la crudeltà anche se usata per sostenere cause che credo essere giuste. Possibilmente mezzi pacifici Dopo quanto si è detto appar chiaro che la ragione . d'essere per il socialismo è che esso tenda a un ordina– mento sociale diretto a procurare il massimo di feli– cità e di benessere e a ridurre al minimo il dolore e ,il dis~gio; e !ale ordina'mento pilò esistere solàmente se gli uomini sanno imparare a trattarsi, gli uni verso gli altri, con lealtà. e gentilezza e- non provando piacere nell'infliggersi pene. Essi probabilmente non impare– ranno questo comportamento se, nel loro sf~:>rzoper ri– costruire la società su migliori basi, si permetteranno di prender piacere nel fare del male a coloro che gli si opporranno. Una comunità di amici e di compagni non può essere costruita sull'odio o valendosi della forza e della violenza come mezzi principali per ed.ificarla. Di– cendo questo, io non nego che possa essere anche neces- di G. D. H. COLE sa rio usare la forza e la violenza: ma dico che esse de– vono. essere usate il meno possibile, e sempre con il vivo sentimento del danno che esse provocano a coloro stessi che le usano e a qualsiasi causa vinta per mezzo loro. on può essere buona quella società in cui gli uo– mini si siano abituati alla violenza come al mezzo nor– mal"e per raggiungere i loro fini. Dove il socialismo si è imposto con la· violenza, esso porterà i segni di questa origine è avrà bisogno di una lunga espiazione prima di poter liberarsi di una così ingrata eredità. Non credo che ci sia stato niente di eccezionple nel géne,re di conversione per .la quale io divenni socialista cinquant'anni fa. Son certo che molti dei miei coetanei che ebbero una simile conversione furono mossi da sen– timenti strettamente affini ai miei - per lo meno in Inghilterra e in altri paesi in cui, genericamente par– lando, il socialismo, come movimento, sOrse dal radica– lismo b6rghese e da una qualche tradizione di libertà di pensiero e di libertà personale. E' stato probabilmente diverso nei paesi in cui, non avendo una tradizione di questo tipo, il socialismo potè svilupparsi solamente co– me rivolta contro l'intero ordine costituito, e i socia– listi dovettero diventare rivoluzionari perchè l'oppres– sione non lasciava aperta loro altra via di 'azione. Ma 1 vivendo in Inghilterra, io non ho mai avuto dubbi sul fatto che certi elementi della società esistente, lungi dal desiderare di distruggerli, io dovevo desiderare di tra– sportarli intatti nella nuova società, e svilupparli ul– teriormente anzichè sostituirli. Certo, non posso ragia--: nevolmente pretendere che debJ:)ano aver condiviso si– mili sentimenti un cittadino della Russia zarista od uno della Prussia degli Hohenzollern come, più di recente, un cittaq,~g_ della Germania nazista o della Spagna fran– chista. Gi¼cèhè, pur essendovi anche in codeste soc.ietà degli elementi positivi, di carattere culturale, degni di esser salvati, essi erano talmente sopraffatti in senso negativo dalle istituzioni politiche ed economiche, da contare ben poco nel determinare l'atteggiamento poli– tico di còloro che vagheggiavano itj.eali di una umana dignità di condotta. Posso comprendere i sentiinenti di Lenin verso la Russia zari:sta; ma non posso e non po– trei mai capire sentimenti simili verso la Grnn Breta– gna, sebbene io mi ribellassi cp;!itro tanti aspetti del modo di vivere inglese, come mi apparve nei primi tempi del mio socialismo. Qualcosa di u 1 ù dello "Stato del berws~ere,. E tuttavia, essendo un idealista, con la visione di una possibile società mollo diversa da quella nella quale fui educato, io consideravo - e ancora consi– dero - me stesso più un rivoluzionario che un rifor– mista. Poichè il socialismo significa per me assai più dello « Stato del benessere», dal quale ·siano banditi i due estremi della ricchezza e della povertà e nel quale la grande maggioranza - per non dire la totalità - dei cittadini sia in grado di godere di un tollerabile li– vello materiale di vita. Secondo il mio modo di sen– tire, il socialismo implica uguaglianza non necessaria– mente nei senso di assoluta uguaglianza di redditi ma nel senso di una eliininazione delle classi, che tengono divisi· gli uomini e impediscono loro di mischiarsi su piano di parità. Di conseguenza, io voglio por fine al– l'intero sistema capitalistico, che implica s{ruttamento e divisione di classe, ed è inconciliabile coi rapporti di uguaglianza tra uomo e uomo. In questo senso, io sono un socialista «rivoluzionario»; ma non ne consegue che io creda che il socialismo si debba necessariamente realizzare con mezzi violenti. Questo dipende piuttOsto dalla situazione che esiste in ciascun particolare paese, ed è sciocco essere su questo problema dogmatici a priori, come è stato il Comintern, per lo meno nei primi tempi della sua attività. Ma è altrettanto sciocco proclamare dogmaticamente che il socialismo può so– lamente affermarsi attraverso li:l strada della demo– crazia parlamentare, come fecero i protagonisti della risuscitata Seconda Internazionale reagendo al concetto di .dittatura del proletariato; giacchè la via democra– tica può. essere sbarrata dall'autocrazia feudale o ca– pitalistica al punto da non lasciare aperta nessuna strad~ diversa da quella della violenza. Inoltre, anche dove la via parlamenlare è aperla, è troppo comodo per coloro che la seguono abbandonare l'esigenza del socialismo e starsene soddisfatti di quei progressi ottenutj attraverso lo Stato del benessere, che possono raggiungersi senza attaccare le fondamen– tali ineguaglianze della società capitalista; come è, al contrario, troppo comodo per coloro che sono determi– nati a realizzare il socialismo con mezzi violenti, sa– crificare la libertà e l'uguaglianza alle esigenze del– l'autoritarismo e scambiare il loro regime assoluto per una forma più alta di democrazia. Non pretendo di essere stato fin dai primi tempi del mio socialismo -così consapevole come oggi di am– bedue questi pericoli. Ero, indubbiamente, molto pil( consapevole dei limiti del riformismo c}:le dei possibiH abusi dél potere rivoluzionario. Entrando nel movimentQ socialista, aderii all'.ala sinistra; e nell'ala sinistra sonct serrìpre rimasto. Ma non ho mai avuto la sensazione di diventare comunista, come mi sarebbe potuto acca– dere se fossi stato un russo o anche un tedesco. Mi è sempre sen:ibrato del tutto ovvio che si facesse intera– mente uso dei metodi parlamentari, e di altri metodi non rivoluzionari, per realizzare delle riforme .sociali, anche se tali riforme non avrebbero potuto, a lungo andare, assicurare da sole l'edificazione del socialismo; ma volevo che i partiti socialisti e i sindacati, pur se– guendo questa strada, attaccassero anche gli istituti fon– damentali della società capitalistica, e non si tirasserc, indietro se questi attacchi venissero respinti con vio--– lenza da parte dei. loro avversari. Fui aspramente cri– tico verso la condotta seguita fino al 1945 dal Partito Laburista per non aver esso mai attaccato le fonda– menta del capitalismo e per aver mostrato troppa poèa Volontà di far causa comune con i socialisti di alfri paesi in una crociata mondiale per il socialismo. _Ma vedevo anche i metodi comunisti come interamente ina– deguati alla', situazione inglese e a quella di altri paesi. nei quali la via parlamentare era aperta e la libertà di parola e di organizzazione largamente presenti. Avete provaw • ,cri..- 1utfa Wt!e,-a tt, Urw ,iri•-THo e,wrgico • v•loo•. scottaada/lir,e'Gn,&tt_parote:• t. imprim.e··co>l la nilidez;:a 11"'1 fl l'Ìchiede ad un pensi"!!ro pn,çÌSQ. Avete ,provato a aoU.ivaM «I ·U>ttera ez, Un diw la trasporta. 09nl angoro~ del IO.volo• dello. ca,o pu-0 diPI!:~ lare il suo. •i spor1a con (acilit<I da W>'MlIIO~ o1ra1,ru. ~iaggwl can..-oi. -
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