Nuova Repubblica - anno IV - n. 13 - 25 marzo 1956

(105) , nuova, repubblica 7 Le attrattive del.. turismo ( Dis. dì Dino Boschi) Il=: =L=U=C=I=D=E=L=L =A=R=·I=B=, A=L=T=A~" di VITO U N TEMPO fiabe e Lt·agedie si co8lrnivano con i !'e; il palcosctmico sembrava. una sca0chiel'a. Oggi su– bentra il capitano d'indllstria, eroe del nostro tempo, titano e tiranno senza equivoci. Come sempre ca– pita, questi •grandi condottieri di titoli• e di fabbriche, sono moJto diversi da come li si rappresenta. Altra è la loro funzione ne11a socieb\ che assume addirittura l'a– SQ_etto del fato, altL·a appare la 101·0 ,-:ita t:frivata, in cui ~:::ii divengono, solitamente, personaggi grotteschi e squi- 1ih1'ati, grazie appnnto allo squilibrio fra l'enorme po– tenza che accumulano e la sna assai l'elativa utilità nelle vicende quotidiane, affetti, saluti, gioia. cli vivere. Il teatro comunque preferisce guardarli nella !ero ve– ste d'imperio, corile simboli dell'epoca. Alle numerose allegorie espressioniste e post-espressioniste, segue Ol'H questa parabola morale tracciata da Valentino Bompiani e rappresentata, a· diversi anni dalla sua pubblicazione, al Teatro delle Arti, come debutto della « Compagnia degli ltaliani ». Il «padrone» - così lo si denomina - occu_pa un posto cli gran rilievo nella societ:ì. Ne è un vern e pro– prio dominatore. Ma in famiglia - miserie umane -. le cose vanno altrimenti. Il «padrone» coltiva una re– la~ione, e questo crea una barriera _ti·a lui, la moglie, i figli, la suocera. Quando Ja rnoglie viene a morire, l'in– lcrn famiglia avverte quante responsabilità ci siano nel suo operato .. Fra i figli, il migliore, Benedetto, ò cieco e malato fin dalla nascita, 1na studia ed elabora un ar– dito· ritrovato tecnico che porterebbe grandi benefici se potesse venir realizzato. 11 « padrone» resta ·perplesso di fronte al suo progetto, e intanto cerca di non farg(; giun– gere la notizia della scomparsa di Slla madre. Benedetto muo1·e d'improvviso e misteriosamente, tutti sussuJ"rano che lo abbia chiamato a sè lo spirito della defunta. So– praggiunge un figlio naturale del «padrone» che· gli chiede conto del suo operato, lo pone di fronte al suo passato. Anche la sua amante lo sorprende nello studio. ] I « padrone» di fronte alla famiglia, pm· di sentire tutti uniti nuovamente atto1·no a sè, ha JHomesso di abban– donarla per sempre, quasi per espial'e il male Che ha fatto alla moglje, e tenta di 1·espingeda. Infine decide di attuare il progetto del figlio- morto, allo scopo di eter– narne la merporia. I dirigenti della sua· i_ndustria lo scon– sigliano dall'espeHrnento, tanto più che esSo comporta il rischio della vita pe1· un certo nmnero di opei·ai che vi deve prendere parte. Si tenta da ogni pal'te di d.issua– <lel'lo, ma egli non ascolta ragione. Dà il via all'esperi– :monto. La figlia Maria, spinta oscuramente da una forzà ,a lei supe1·iol'e - forse lo spil'ito della rnadre - i-::enetra p,·ima della squadrn operaia nel laboratorio, e fa snltnro PCI' aria quanto era p1·eparato, trovando la morte nel suo gesto, olocausto volontario per salvare la vita agli estranei_. Del finale abbiamo una doppia ,ve1·sione. Quella pub~ hlicHta, secondo la quale il «padrone» esclama « Si– gnore, sono in ginocchio ... hai vinto. Ma vinceresti anche senza ..i morti?»; ..quella rappresentata in cui dorn que– sta esclama:-,ione, il « padrone » fugge, e il. figlio natu- 1·ale assume 'il suo posto, con il suo dominio~e il suo modo di imporsi. 11 finale «rappresentato» ci sembra di gran lunga migliore. Non è facile precisare il senso di questa vicenda alle".. go,·ica. F'otse non è Tleppure necessa1·io: appl'Odiamù· come ad una nuova specie cli maeterlinkisrno, intriso di tra– gico sociale. Si vuole suggerire, pensiar,no, che non c'è po– ton:e;a. senza rimorso, che il male compiuto chiGde ven- ME PANDOLFI detta, e che ad oscure forze, più potenti di noi, viene af– fidato il compito di trnne giustizia. Difatti in ci:dce al– i' edi:t,Ìone stessa, leggiamo che si tratta di un « te~tro del rimorso», dove si conduce « l'angoscia del pe1·sona.ggio\. ad un audace limite cli delirio». Sal'Cbbe interessante considerare questo drarnrna sotto l'aspetto di ~mtorno psicologico probante per una. detel'minata situazione mo– rnle. jn cui Ja volontù,.. di poten:t,a_--div-iene maledizione del– l'uomo e condanna di ~hi la suscita. Oggi il c'lpitano d'industria muove enormi congegni di t..:ui l'indivi,...'uo ap– pare misero.~hiavo, eppure vion~ condannato a t,n la– voro cli SisiJ\); .. --crndele per gli alt1·i, e ·:nCine per se ~te,,so, cieca e dislÌmana forza che pure viene sconfitta e non soltanto dal l'Ìmorso. In questo senso Bompi~mi vi.,_-egià in un'altra epoca e in un altro sentire rispetto a q'_telli in cui operavano I<aiser e Fritz Lang. Fin qui ci riferiamo alle intem•,ioni. Come si realiz:.-.ano? V A LENTINO Bornpiani ha elaborato con lucidit;~ un suo linguaggio conciso ed esemplarm.en.to drammatico, mos– so con eleganza formale. La sua chiara intelligenza gli con– sente cli sviluppare una vicenda seguendo un preciso filo conduttore dalle inevitabili cofi'seg□enze, giungendo ad un'armoniosa e pul'a geometr-ia di rnotivi. Ma, tutto ciò non è sufficiente. L'edizione offerta dalla compagnia poteva dil'si decorosissima, anche se, per una naturale suggestione,. si è teso ad allegorizzare più del necessario. La regia -di Daniele D'.t\nza bell ritmata ed 01·ganjca.; poeticamente allusivo l'ambiente scenico di Bhettler; tutti i l'Uoli ricoperti a dovere da attori come Arnol– do Fo~ì (il padrone), Ma1·gherita Bagni (la snocel'a: con ottimi momenti drnmrnatici), Giancarlo Sbragia (il figlio naturale), Edda Valente (l'amante: con sincera. e com– mossa dolcezza) ed altri :in genern aderenti ai personaggi. Qua e hì faceva la sua cornparsa i.I melodramma moderno allo. l\rfol'ion Brando, la forma attuale per ricorrnre all'ar– tificio anziché alla ve1·ità psicologica: si voleva dare qual– che b1·ivido con fon~ature d'accenti. Ma ciò in definitiva non ba né ·danlleggiato, né disoi-ientato, che lienmente. Si tratta d'altro, .. in veritù. Non si sente pronuncial'e un linguaggio nostl'o, non si vede palpitàre una, vita che faccia parte della nostra vita. Lo schema ha preso deci– samente il sopravvento sulla realtù. E quello schema che ci può interessare in sede cli lettu1·a per il suo pl'Oceclere raz.ionale, qui lascia un senso cli gelo e d'imba,·azzo. Il caso di Valentino Bompiani pu<) dfrsi tipico della nostra produzione in Jingua, per (tuello che permane il suo distacco continuo da una funzionale fisionomia sce– nica. Non si può non consèntire sulle capacità di linguag– gio, cli fantasia, cli evocazione, messe in atto. Eppure un ostacolo dil'Oi quasi inavvertibile e indefinito gli irnpe– clisce di divenire effettivamente vitale. La purezza dei suoi intenti non gli consente le vie facili, e per le vie dell'arte non vi giuqge. Non vuole adottare soluzioni di 1·ipiego, urta cont1·0 l'impossibilitù. comune ormai a gran parte della nostra attuale prnduzione in lingua, di pen..e– tr·are in una schietta vita teatrale che dia ad ogni rap– preselltazione un inte1·eSse di pubblico, e di superare de– cisamente il distacco· troppo evidente .dallo spettatore, rendendola utile. Le cause di tutto ciò? Non è questa la sede pc1· esporle, e del i-esto 11011 ci si può augurare nulla <li meglio che attendere da questa compagnia - messasi coraggiosame"nte suna via della ricerca - di offri1·ci rap– pt·esenta1,ioni e testi che abbiano superato questo grave handicap. Tutto può capital'e. - · A~TRATTO E UONURETO ILLINGUAG DEL REALISM L ,. ARGOMENTO svolto dal Crispolti in seguito alla. 1 nostra risposta al suo primo articolo sulla Qua• driennale ( L), merita di essere approfondito: non solo per chiarjre certe nostre posizioni, ma specialmente per l'importanza stessa che la questione riveste, come pre• liminare ad ogni sJ.)ecifica. considerazione critica. , La risposta. del C., per demolire in partenza l'articolo di F': .Amodei, lo riduce alla testiil1onianZa di un « disa• gio » psicologico, unicamente pel'sÒnale e privo di validità c,·iticn. Troppo facile: a noi pare che questa interpretazione ti-adisca completamente il significato dell'articolo, che non rifletteva una reazione psicologica, ,na una. scelta quaH .. ficatamente 01·itic~,·e non soltanto pm-sona.le ma «comune», del'i-vata. cioè da una discussione nella quale si sono incon• tl'ate differenti esperienze. Per venire all'impostaziorie genoJ"ale che il C.- ben rivela 11el suo articolo, noi ritroviamo in essa il « leit motiv » della critica formali"8tica di derivazione crociana, che subor .. dina al raggiungimento della « forma> ogni « capacità .... di persuasione>, di comunicazione, cli socialib\, il1udendosi per di più che « tutti i più pressanti nroblemi dell'uomo contempol'aneo » possano venir espl'essi in < termini for• mali». La forma come autosufficienza perfetta e soprasto– rica, è propria della cultura J'ea:-,ionaria, e non importa. cl'Cde,·e nella sua ulteriore capacità. socia.le (sempre deri– .vata), quando la sua esistenza è legittimata pl'oprio da un atto (pet1 i crociani irrai,ionale co,ne l'intui:.-.ione) che si pone p,·ima e fuori di ogni rapporto. La •« forma » non sa di relativo, è tutto (e perniù t1·a l'altro comunicazione}, particolare-universale, prodotto dello ·Spirito, e via di questo passo: ma andremmo troppo 1on:tano. Inutile ag– giungere quanto poco una simile definfaione riguardi l'uomo « qui ud ora», nei suoi problemi e nelle sue lotte concrete. Circa la pretesa « antistoricità » realista. ( e sarebbe, come non ha specificato il C., antistoricità linguistica per~ ché i suoi ten1i sono quanto mai storici _e attuali), noi chiedemmo con che metro si giudica qt1esta storicità. lingui• stic:l. Se .è storica queU'eSJ)l'Cssio11e in cui si ritrovano o possano ritrovarsi le forzo nuove, che quella novjtà hanno già socialmente realizzato o sono in procinto di realizzare, jl li.nguaggio del realismo è stoi·ico, perché ·p1·op:·io lui tiene conto della comunicazione eflettiva, la più aperta possibile, nel rist,)etto cioè di quegli schemi figurativi elio permettono l'azione anche in q_uelle classi notorian-iente tagliate fuoi·i dalla cultura ufficiale: e la. novità di questa << storia » non è di mitizzare que:,,ta o quella classe, ma di comprendere che senza quella parte di pubblico che va dalla. piccola borghesia, agli operni, ai contadini, non ha senso parlare di cultm·a efficace. Che se « la squallida. umanità» che il C. vedrebbe risulta,re è soltanto una più modesta lirnita.zione dell'estro soggettivo e dello ,sfrapo~ ten~ della materia pittorica, niente di male: ò doverosò per·ò dirn che sarebbe troppo voler vedere in questi primi tentativi realisti una già foltn real.i:.-/1,azione di grandi opern quando è pili che legittimo che un nuovo progetto incontri difficoltà a trovare i suoi strumenti, senza ag– giungere· cbe affrontare e risolvet·e un problema di reali– smo figurativo è ben più difficile clie non organizzare con un certo gusto sulla tela cei-ti rapporti cromatici. Il reali-– smo poi oggi è una rjuali6ca molto ampia e nient'affatto 1·idueibile al « realismo sovietièo » o al « neoreali1:,mo) co• munista: si potrà tJa.rlare di un J"ealismo espl'essionista (dall'esempio di v~m Gogh a. Carlo Levi). di un rea.li- smo satil'ico (Grosz, Maccari), ecc. e si dovranno così 1·einter~ pt·etare tutte quelle personalit,\ che, indebitamente aggiunte alla causa della, 1·ivoluzione formale, l'ivelano un auten• tico temperamento realista. E allo1·a questi tentativi rea• Hsti di cui pai-lavo ·saranno « primi» solo nel sen"so che affrontano problemi nuovi, pur riallacciandosi ad una posi• zione dell'artista di. fronte alla societ.\, spesso già praticata.. B' pe,·ò ill11sione credere che, soltanto perché vengono adottati alcuni soggetti « di contadini, operai, fabbriche, 1·isaiq, alberi, piante, ecc.» (corn'ò il caso di Dirolli), ti-aditi poi nella stesura pittorica, in una derorq1azione cioè 1.:hesi rif.\ a principi an'titetici a quelli necessari per una vera comprensione di quegli ambienti, il pittore ò « pili rea.lista». Il. problema non risolto del linguagglo– coh1unicaz.ionc, proprio di questi pittori (i Birolli, V-0dova,. ecc.), fa sì che la loro azione, anche se sincern, rimanga. sterile. Quei principi antitetici di cui parliamo sono i risul– tati più o meno fedeli di tutta n11a tradizione negativa, anarchica, distruttrice, fondatnentnlmcnte anti-sociale; e non si vuole certo negare l'impo1·tanza di quelle rottul'e, di alcune chiusure nella psicologia personale e nel mito del!'« io», della critica all'i•pocrisia ni4:>rrtli::;tica,ma si vuole l'accogliern non la ripetizione ma la lezione da quei fatti che, se ben capiti, ci aiutano n1 non ricadere più nei vecchi ei-rori: il romanticismo 'ha eoi1fess-ato tutto di sé, e l'ultima sua crisi; l'esistenzialismo, cl ha indic,ito la strada che non dobbiamo battere ma ci ha.· anche Mrnito ·quelle cautele necessarie per intl'aprertdeè0 ·ogni ,·nuoYa strada. L'importanza dei rappol'ti ·sobfo.li • e d~i°.'fehomeni cMlettivi ha dato una tinta diversa al ·« cnM ··<lì coscienza». Posta la relazione inters'ò"ggetiva, es"Sa dève venir risolta, non aggirata, e la sua soluzione pnù 'pv1-tare all'abbandono di ogni « tradizione recente» ·(di ·cui il C. vorrehbe fare tesoro), perché la tradizione non è mai _un filone unitario e (I) Si veda Nuova Repubblica, "tn. 6, 9, lL

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