Nuova Repubblica - anno IV - n. 11 - 11 marzo 1956

4 IL CONGRESSO DELLA CGIL GENERAZIONI VECCHIE ENUOVE Le finalità puramente dimostrative della lotta operaia, perseguite nel passato, sono state il bersaglio delle critiche di. Lai11a che, insieme a l<oa, rapp)·esenta forse èon nJaggiore convinzione la nuova generazione sindacale : bisogna dare fiducia ai lavoratori investendoli dei metodi cli lotta, facendoli partecipare direttamente alJe decisioni sindacali, anche - egli ha riproposto - pe1· mezzo del "referendum,, Q UESTO CONGRESSO della CGIL è stato assa; più vivo dei due pl'0ceclenti: qpello di Genova del 1949 e quello di Napoli del 1952, svoltisi entrambi nel clima settario e intransigente del più piatto conformismo. Nelle discussioni dell'EUR sarebbe eccessivo scorgere, sin d'ol'a, un radicale mutamento di metodi e di atteggia– menti, rna senza dubbio qualche fermento di democrazia, qualche tentativo di uscire dalle linee di un freddo sche– matismo precostituito, qualche divergenza di opinioni sono emersi. E Sf: ciò permette di•s 0 perare in uno sviluppo favo– revole della dcrnoci·a:r,ia interna nella· CGIL, non può. di per sé, essere. ritenuto, allo stato delle cose, ancora suflì•, ciente. Il compagno Marion Vivoda, segretario del con– siglio centrale dei sindacati jugoslavi, rappresentante al congresso d('.ll'unica federazione straniera non affiliata alla :FSM, in un amichevole colloquio che abbiamo avuto con lui, commentando i lavori del congresso, ci diceva: « C'è stata troppo poca c1·itica ». Infatti, il congresso è stato ancor·a più una manifestazione che un congresso. Si pensi che gli inte1·venti veri e propri si sono quasi alternati ai saluti di un enorrne numero di delegazioni « folkloristi– che», de'i pi1'1 diversi paesi e delle più diverse categorie, eia quella degli sc1·ittori a quella degli spazzini o dei vi– gili urbani. Ed i battimani, a ondate successive, si sono sp1·ecati. Non vogliamo certamente sviluppare la nostra critica su questi aspetti formali del congresso, ma non vo– gliamo nemmeno fal'li passa1·e sotto silenzio. In realti'1, sop1·attL1tto in un momento tanto travagliato e difficile per i lavor~tori, tm indirizzo sindacale serio e consapevole non può scaturi1·e che da un dibattito di idee 1;1:-:,;solutamentelibero, condotto sulla base delle esperienze. Ed ecco perché la den.1ocrazia interna di nna organizza– zione è g1:na·nzia 1 cli un'azione scev11l, il più possibile, da enori. Nel congresso un cei·to dissenso: fra socialisti e CO· munisti, sul modo di valutare questioni non marginali, c'è stato, ma anziché analizzarlo criticamente, si è cercato di attenuarlo con espedienti interni. A proposito di ciò, Di Vittorio, prendendo la pal'ola a conclusione del dibat– tito congressuale, ha poi:tato nn conhibuto di falsa oppor– tunità politica; non certo di chiarificazione. Egli ha detto. infatti: « I pili esaltati fautori di scissioni operaie e di reazione, hanno voluto fingere cli scorgere dissensi e con– trasti, forie1·i di fntu1·e scissioni, persino nei due• rapporti presentati al congresso dai compagni Pessi e Santi, che sono stati elaborati. coll~gialmente dalla segreteria confe– cle1·ale». Ora, le scissioni ci sembl'a che maturino nel clima degli « accomodamenti per linee interne» e non già della critiea costruttiva e necessaria che pone i fondamenti del– l'unità sostanzit,le. Noi, per es., abbiamo la pretesa di non essere « fau– tori di s~issioni e di ren·zione » e, •ciononostante, abbiamo scorto, fra le relazioni di Santi, socialista, e di Pessi, co• munista, àlcune differenze non trascurabili. Pessi, criticando, con a1 1 gomentazioni che in .gran ..parte potremmo sottoscl'ivere, la politica economica govemativa, ha lament ato che il piano Vanoni « fondi le sue possi• ·bi lit.\ di realiz:1.az, ione ,sul mantenimento del potere mono– polistico ed i: i.nr, iconsegni alle fol'ze economiche più rea– :r,ionarie la swt direzione e la sua attuazione». Per il se– gretario della CGIL, quindi, il piano Vanoni è stl'Umento <lì involuziont', contro il quale dunque i lavoratori devono combattel'C. Santi, non ne ha invece retto alcun cenno; ed _, è notQ che la snn posizione coincide con quella enunciata eia Ne1llli: « Il piano deve essere integrato, studiato, ap– profondito, ma è un mezzo efficace per avviare a pro– g,·essiva soltnione i problemi italiani». Su questo punto contl'ale av1·ebbe dovuto dunque ,esserci discussione. Ed è 8tato un e1·1·01·e non promuoverla. RELAZIONE chiara., solida, del resto,-quella di Santi, che · ha messo a fuoco una serie di problemi importanti, in– qua,shandoli nella situazione econon1ica generale caratteriz– :r,ata, da una parte, dallo strapotern del monopolio, e, dall'ultra, dalla c1·isi e dalF-an·etratezza delle medie e delle piccole imprese. l">e1·cni, nel rivendicare raumento sala~ · 1·iale, ha precisato che esso·pe1· fol'za di cose dovrà essere necessariamente differenziato. Per i grandi complessi ha posto del!~ l'i,1endicazioni tipiche: « La unicità delle retri– buzioni di fatto di tutte le fabbriche di uno stesso grnppo; ]'eliminazione dei contratti a termine e degli appalti; .il rnigliornmento delle ferie e delle prestazioni su scala azien– dale; il computo su tutti gli istituti contrattuali delle va– rie indennit.\ in den.aro e in natura a qualsiasi titolo ero– gate in via. continuativa e, fra di esso, in primo luogo, l'inclennith cli mensa >. Per le piccole aziende ha richiesto il l'ispetto delle nom,e contrattuali e della legislazione sociale. · Tale differenziazione lascia comprendel'C che la CGIL non 1·espinge le trattati,·e a livello aziendale (o per gruppi dì aziende), anche se « il contratto nazionale resta uno clei cardini della politica conti-attuale, in quanto rappre– senta un minimo tanto per la parte salariale che per la pa1-te normali va, in funzione deJ..quale si articola l'azione differenziata di gruppo». Argomonta:r,ione ripresa un po' da tutti gli inte1'Yenti, che è valsa a dimosfra.re l'esigenza di un ·1:idimensionamento delle attuali strutture sinclacali,– sì che siano pili aderenti all'evoluzione ra.pidissima che si sta verificando nel settore della produzione. In Italia i sindacati sono vecchi. Non è una frase fatta: è la verità che iÌ coÌigresso della CGIT~ ha dimostrato e che ha di– mostrato· anche di aver capito, compiendo uno sforzo « autocritico, per porre le basi di un ringiovanimento di metodi. _Magli è che una organizzazione formata di uomini e uomini· nuovi, di idee fresche, snelle, stenta. ad emer– gere da una mediocrità conformista, consolidatasi in anni di inel'zia intellettuale, incoraggiata da una disciplina fa– ziosa. Lo stesso Di Vittorio, per il quale non abbiamo mai tacinto la nostra considerazione sul terreno della sensi– bilità politica-, dell'umanità che gli è connaturata, de.Ila capacità tattica, è un uon.10 in parte superato dai sistemi di lotta che deve adottare il proletariato in un mondo così razionalizza.to dal tecnicismo in rapido progresso. L AMA e Foa hanno forse rappresentato COtl maggior con– vin:t.ione h,. nuova generazione sindacale: i loro inter– venti hanno sviluppato una serie di motivi critici proprio sugli enori di valutazione e di interpretazione compiuti negli scorsi anni dalla Confederazione del lavoro, e ai quali sono da ricondurre le sconfitte dello scorso anno, nella maggior parte dei complessi monopolistici. Il primo ha criticato le finalità puramente dimostrative della lotta operaia, che nel passato si sono perseguite sottovalutando « la· possibilità dei lavoratori di incidere sostan~ialrnente sul 1'>ro{itto padronale in modo da accompagnare alla pres– sione esterna una effettiva azione dentro le fabbriche. Na– turalmente, la lotta di siffatta natura è più dura e non si può effettuare se non mediante la fiducia .dei. lavoratori nei suoi scopi. Il modo di dare ai lavol'atol'l questa .fìduçia è quello d'investidi dei nietodi di lotta e di proporzionare questa a.zion·e ai suoi obiettivi. L'intervento dir.etto dei la-.,. voratol'i in tal senso non escluèle - anzi rende indispen– sabile in talune situazioni - il ricorso al referendum, che serve ad impegnare anche la responsabilità individua.le» ; Chi ricorda il dissenso fra comunisti e cattolici a propo– 'sito {,l,el «referendum», non potrà che stupirsi deHe pa– role 7èh-Lama. Ma oltre il loro significato letterale, ·esse attestano - se si vuol fare del se1·io sindacalismo e non della demagogia - l'esigenza che le decisioni sindncAli vengano pl'ese mediante la pal'tecipazione direttà. dei la– voratori. Foa, dopo aver posto in luce che la lotta antimo– nopolistica deve adeguarsi alla realtà del regime aziendRle delle fabb,·iche, ha sviluppato il problema dei rapporti fra operai e tecnici: « Le nuove tecniche determinano una di– va1·icazione in seno alla classe operaia, tendendo da un lato a squalificare il settore degli operai, dall'altro a porre l'elemento tecnico sotto la diretta influenza del padronato, cosicché da controllori della'· ._produzione, i tecnici fini– scono per trasformarsi in controllori e custodi degli ope– rni ». Da questa• considerazione •ha tratto lo spunto· per collegare la que$tione dei t·apporti fra tecnici e op~rai allo sviluppo della produzione e della vita democratica. J>er Foa, le preyisioni per il futuro sono « di maggiore diffi• coltà nelle fabbriche», ma proprio per questo di maggiori possibilità di collegamenti, di azioni più lunghe e persi– stenti, suscettibili cli consentire l'isolamento del monopolio e l'ape1tura verso migliori condizioni generali di vita per la classe lavoratrice. Di Vittorio, nel sno breve interve.nto conclusivo, ha 1·ipreso gli Argo,mmti più significativi della discussione, ammettendo anch'egli che « se alla base di alcuni colpi cl1.ni inflitti alla CGIL in determinati complessi monopo-~ listit'.i, vi ern la forte pl'essione padronale, col ricatto della fame, era vero altresì che lo stesso padronato aveva po– tuto utilizzare nostri gravi errori d'impostazione sindacale e grnvi deficienze del nostro lavoro, specialmente sul ter• reno aziendale. Ci accorgepnno cioè di non aver studiato a fondo i nuovi processi produttivi introdotti nelle aziende e le nuove condizioni di lavoro 1 le nuove forme di retri– bu:1.ione a incentivo, le pili complesse forme di super• sfruttamento, r'nolto differenziate da un'azienda all'altra, spesso da un l'epado all"alfro, che n'erano derivate per gli opel'8i, e che continuano a modificarsi incessantemente,. Da ciò è derivato l'errore di perseguire schemi non corri-· spondenti alla realtà. del mondo del lavoro, non elaborati con la collaborazione degli stessi operai. Ed ha precisato in questi· due obiettivi la politica sindacale da perseguire: l) porre un limite al ritmo massacrante del lavoro,,·· anche per porre un limite alla catena insanguinata degli , infortuni sul lavoro; 2) far sì eh.e tutte le forme cli rehibuzione a incen– tivo siano soggette a regolamentazione collettiva, da parte dei sindacati o delle commissioni interne, a seconda• dei casi. Nel corso dei lavori congressuali è intervenuto anche H compagno Tagliazucchi, che ha illustrato i pl'incìpi in– formatori del documento redatto, in occasione del con– gresso, da ~111 gruppo di amici di UP, sviluppando, con estrema libertà di giudizio, alcuni argomenti critici suf- · fragati dall'espo,·ienza quotidiana della vita di fabbrica e 1·ecando altresì un. sincero contributo democratico e di me• (101) nuova repubblica, todo al processo· evolutivo della CGIL. Due compagni di UP, Tagliazucchi e Biançoni, s_ono entrati a far pàrte del nuovo comita.to dire\t.iyO dell'organizzaziQm,. Fel'ruccio Parri, fra grandi ovazioni di affetto, è sa– lito alla tribuna per ricollegare l'unità ideale che unisce il movimento della resistenza al movinlento dei lavoratori. Non possiamo chiudere questa breve nota senza far cenno a due intel'venti interessanti: quello cli Saillani, se– gl'Ctario della FSM, e quello di l\f. Vivoda, segretario dei sindacati jugoslavi. li primo ha dichiarato pubblicamente che il provvedimento di espulsione adottato dalla Fecle• J'a;,;ione mondiale, nel 1950, nei 1·iguardi dell'organizza– zione della ,Jugoslavia. è stato un enore e che aveva il piacere di comunicarne la revoca. Vivoda, in un simpa– tico discorso, ha fatto « òl'ecchie da mel'Cante, a tale an– nuncio, dicendosi lieto di pa1tecipare al congresso, ma ribadendo il concetto « della non interferenza negli affmi interni dei singoli paesi» da parte di chicchessia. Con · questo non ha fatto alcuna concessione alla F'SM, dalla quale i sindacati jugoslavi continuano e, per quanto ab~ biamo potuto capii·e, continue.ranno a non fai- parte. , Ecco, per finire, i dati ufficiali del congresso, che cia– scuno valuterà a suo modo: iscritti alla CGIL 4.669.033, votanti 4.045.517. Nei 98 congressi delle Camere del la– voro provinciali e delle 51 fe(\erazioni nazionali di cate– goria, sono .stati designati 1525 delegati. I delegati pre– senti al congresso eran'o J 492. La composizione profes– sionale degli organizzati <tlla CGIL è la seguente: ope– rai, 61 % ; braccianti e mezzadl'i, 26%; impiegati, 9%; pro– fessionisti, f,6%; categorie varie, 1,4%. FRANCO VERRA LETRESCIMMI DI BENE\ 1 ENTO M I PERDONINO i compagni di UP se non lascio pas..: sare sotto silenzio l'avventura polemica del dr. Be– nevento, direttore dell'organo ufficiale della UIL ( 1). Non lo posso fare perché, disgra:,,;iatamente per lui, io sono un iscritto alla UIL, tremendamente in regola con diritti e doveri. Il suo modo di rispondere alle cL·itiche è un po' un male d'ambiente. E non solo di quell'ambiente, ma di tutto l'apparato governativo o viciniore, per il quale coloro che non la pensano secondo i cl'ismi della dottrilla ufficiale sono dei comunisti o compagni di viaggio. Forse egli pensa che i miei rilievi, i malumori, che sento tra la base della UIL, io debba renderli noti con lettera personale, magari con lette1·a raccomandata, così come trat– terei un affare privato. Il f~1.tto,è che, personalmente,.. non ritengo la UIL organizzazione personale di nessuno, ma di tutti gli iscritti i quali hanno il diritto o, meglio, il do– vere di difendere la loro organizzazione nei modi che, essi iscritti, l'ltengono i più adeguati. Siccome nessun articolo dello statuto della UIL vieta di segnalnre certi inconve– nienti pubblicamente, il dr. Camilla Be!levento è invitato, se ritiene di prendere in considerazione un attacco, per cat- ~ tivo che sia, riportarlo integralmente lasciando agli aderenti la Jibe1tà da valutarlo. Dive1·samente farebbe la figura di quel prete che predica .va: fate quello che dico e non quello che faccio: usando i sistemi eh.e, secondo lui, sono in uso presso i comunisti. Egli ironizza sul· pane e mo1·tadella del, costo di cento lire. E non sa, povel'O sindacalista, che qualcuno l'isolve il problema del· pasto con pane e cipolle, pane e pomodori. A quanto pare non degna di uno sguardo le foto che pub– blica sul suo giornale. Non ci si può stupi1·e. Le condizioni della classe lavo– l'ati·ice italiana non si conoscono vivendo trn le hostess de~ gli aerei (accusa alla qua1e non ha 1·itenuto di rispondere). T1·iste destino di sindacaliSti usciti dalla redazione dei giornali o dalla seg1·ete1·ia di qtrnlche partito chiamati a di– scutere di 1·elazioni umane, di produttività,. di au.tomation senza conoscere nessuna fase cli la,·oro prnduttivo, Non ho ma.i c1·eduto alle accuse di finanziamento degli industriali; se così fosse stato, dalla UIL me ne sarei an– dato con gran gioia, credo, del signor direttore. Per il mo. mento attendo e spern. Attendo che la Magistratura si pro– nunci sulla causa Viglianesi-Avanti. Spero che non si speri· nel dimenticatoio, oppure che con un emb1:assons-nous al- .. l'inizio dell'udienza tutto si risolva in una bolla di sapone. Per gli aiuti della Confedel'azion.e ln.ternazionale dei Sindacati Liberi, non farei tanto l'ipocrita. Sono noti: sono lo slogan dei sindacalisti ~ella CISL italiana. Se lo ha am– messo l'on. Pastore, perché non possono ammetterlo i diri– genti della nostra organizzazione? Ed è perché la CISL in– temazionale aiuta la UIL e.non, a titolo tJersonale, i suoi dil'igenti, che certe denunce tji favoritismi a favore di una Camera Sindacale piuttosto che di un'altra non si dovreb 7 ., bero sentire tra i sindacalisti di base. O forse si crede che Co.loro che vanno 'in via Lucullo., siano come le tre scimmie: non vedono, non 8entono, non varlq,nof Avviene che, rin.graziando Iddio, sentono, vedono,· parlano e, volel'e o no, cl'iticano, e fanno termini di para– gone tra i co1nuni sac1·ifici. Il tutto con pieno diritto. Per finire, un consiglio a questo ,iilesperto sindacàlista: m~diia!:1 '~~ne .l?'/ma •di catalogare. le persone. I'ofrebbe: dar$i ..cl_1e n~~e~to « i?~l tor.nò spunt,at_o., d.~11~ fungaia del~ .. l'Avmiti >_abbia le ca·rte rn regola sia srndacalmente che poi'itic~11:1-eii~·e,,)llpunto _da· fargli fare timi. ben mode.Sta fìgu'!•~• ," •,A,•l;j __ . __ ,_· AURO LENCÌ (1) si veda110 i precedenti: .A.uro ·Lenci,« UIL '19"56, Lll capi-' tale e· la provincia», su Nuova Repubblica del 3 'febbraio· 1956 · e Camilla Benevento, <( Contro le avventure polemiche la. ·solida real~à democratica della UIL », su Il lavoro i tallano del 13 feb– braio 1956,

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