Nuova Repubblica - anno IV - n. 9 - 26 febbraio 1956
(99)- nuova repubblica 3 10-EE NUOVE PER UN A SOCIETA' NUOVA RIPENSARE IL· SOCIALISMO Il compito essenziale di oggi è quello di aumentare il numero dei socialisti realmente attivi e di fede che. hanno in mente un ideale a lunga scadenza e che pensano e agiscono in conr?1'mità a questo ideale e non semplicemente in rapporto a immediate misure di riforma. Il socialismo non è il "Welfare State,, che atte– nua le asprezze e diminuisce le -ineguaglianze, senza tuttavia abbattere le barriere cli classe e di nazionalità di G. D. H. COLE Oirca un anno /ts G. D. H. Cole, profeasore di .,ocio– log-ia a AU Saints d·i Oxford, lo studioso più accurato e acuto del ·movimento opewio b1·ita.nnico, mise in carta alcune idee che da te m,710 rivolge va in mente e ne trasse 'due a1'ticoli che furon pubbl-ica.ti nel New Statesman and Nation. Sey·uì- uno s camibio di l ettere con alcuni inglesi che erano rimasti colpiti dalle sue osservazioni, e la co– stituzione di un viccolo grnppo (cosciente di esser minu– scolo anche se si dava un nome 'lnolto sonante: World f3o– c-ialist MovementJ che organizzò il primo meeting pub– blico, or'atore beninteso il Gole. Poi le ,•iunioni si sono succedttte, a cadenza bimensile. S'è organizzato un altro meeti-ng pubblico, sempre a Lon– dra e sempre con Cole conie oratore. Esce abbastanza re– gola·rmcnte un foglio ciclostila,to del W.S.M., e qua e là si cost·ituisco~io piccoli gruppi di pe·rsone intcl'essate a _quelle idee. - S·i h·atta, in genere, di niilif,a,nti del vart-i-to laburista scoraggiati dalla mm1ca,nza di alane-io (e di idee) che affeoca il loro organismo chi qualche anno,· e ver niente versuasi, mi pare, che Bevnn o altri estremisti ne pos– sano curare i malanni. Un minitscolo movimento di opi– nione, insomma, che certamente pei ora non turba il sonno di nessuno. Anche B1·aunthal, il segretario del Oomisco, m.i d-iceva in settembre di veder di buon occhio l'iniziat·iva che non gli pm·eva a/fatto intinta d'eresia ma una buona occa'1ione, semmai, ver 1·icominciare a studiare st,l serio il socialisnio. Eppure, il nocciolo della imposta– zione di Cole è che occorl'a liberarsi anzitutto dalla ver– sione austr·iaca del marxismo ... e poi esaminare fr anca– -niente fino a qual punto il m,arxismo stesso ha u.na legit– timità eterna, fino a q11al vunto la s;ta version e po litica– parlamentare non oscm·i a poco a poco il socialismo per /<.VI' venire in luce un(&deniocrazù, senz'alh-o più aperta e liOera di quella ottocentesca, ma pi,r sempre borghese, ca– vitaUstica d'aninio se non cU sottostntttura (e poi lo è anche li). In Inghilterra s'è 1·aayiu.nto il ll'elfare State, dice Cole; in Scandinavfo i socialdemocmtici sono al potere da anni e anni: e poi! 'l'utto, pare, deve essere ora rive– duto da vrincipio: questa è la lezione che si deve t1·arre daltespe1,imento labw,isfa. Ma Cole dice anche un'c,ltr(, cosa: che è impossibile Per gU inglesi 1·itrovm·e la strada gi1t'sta se non ricevono «comunicazione> dall'esterno, da altr·i paesi, delle di/fe– renti esperienze, e delw,ion-i., e speranze; il che poi è vero per code8ti paesi anche, e s·i tratta di ricostruire veraniente la internciziorwle de·i lovo,·atori senza attri- 1-,uzioni di superiorità a priori: soprattutto nel momento in cui entrano nella scena mondiale immensi ·paesi a stn,ttio·a vrevalenteJnente agricola, e i paesi fortemente industrializzciti indicano i pericoli di una borghesizza– zìone della 'JUOJJriaclasse 07,eraia. Ma il discorso vanù la pena di fa1'lo, pac(itamente, quando i nostri lettori avranno esaminato gli scritti di Cole. Senza prevenzioni (ve·r il suo vassato yuildù,ta o semisindacalista, per eseni– vio), e senza en.tus·iasmi im1n·ovv-isi. Si tratta di ricomin– ciare a discutere, di portw·e la proprio, esperienza, ita– liana, a tJHtJsidiodi que.'fto tentativo di c1·eare un movi– mento socialista rnode.l'no. CARLO DOGLIO S ONO STA1 1 O reccnte1nente amrnalalo .e questo è il mio primo discorso d(lpO molti mesi. La malattia mi ha impedito di partecipnrn alle elezioni ma mi ha offerto in cambio un'occnsinne per pensare. Avevo co– ,minciato a riflettere quando scrissi i due articoli snl 'New Statesman al prinpipio di quest'anno; sono tornato alla piena coscienza po.litica e sociale ancora col senti– :fflento che ·le mie rifle~~io11i di allora erano giuste. Il jnnovo movimento dovcUe tltinqne essere iniziato senza la imia collaborazione e io non ho avuto niente a che fare rt:on esso fino ad oggi. ln ogni caso sono davvero t'roppo :.Yecchio per dar vita a· un movi,nento e - n parte l'età - ·Ì,,on ho forza fisica, né l'nv1·ò. Non aspiro dunque a--pren– .Jlcrne la guida; se tenta~si di mettere in questa a.Y.ione tutta l'en:el'gia che_ .ri,chi~dc, andrei incontro certamente a un crollo fisico. Quançlo si ha una qualche parte nell'ini– ziare un moyjmento. nuovo; si. deve anche affronta.re la 'responsabilità. di quello che si fa.. In risposta. agli articoli apparsi sul New Sta.tesman ;Jlloltn gente 1:rii ha scritto per chiedem1i: ·«Perché dar 1 Vita. a una nuova organizzazione?,. Da altri mi è stato scritto: « L'org8ni:-:zazione che vorreste Cl'Oare c'è giù, .pronta ed efficiente,. Ma io realmente non vedo un'orga– .nizzazione che abbia per scopo di fare quello che io ho '.in mente. Vedo moltissime e degne organizzazioni che ,cercano di fare qua.lcmm. di diverso e spero che il nostro movimento, se si stohili:,;zerù., potrà. utiln1ent6 collaborare con esse. Una co!'-\ache ci distingue è che io int<'ndo che la. nostra sia un·organi,,;za:r.ione essenzialmente internazio- nale, cioè non una somma di sezioni nazione.li federate insieme, ma un'organizzazione veramente internazionale, che cominci col gua1·dare i problemi dal punto di vista del mondo come unità. La ragione principale per cui è necessario iniziare su queSta base è che, sebbene ci siano nei vari paesi molte degne organizzazioni, non ce n'è una che costituisca il centro del sentimento socialista· mondiale,. dove si abbia cioè il senso che si sta lavorando. direttamente per il mo• vimento sociaJista mondiale. Non credo che si possa nep– pur lontamente pensare ohe qualcosa di tutto ciò si trovi in seno all'Interll.azionale socialista; questa è una asSai debole federazione di partiti di un certo numero di paesi, ma in nessun caso un'organizzazione su scala mon– diale. L'Internazionale socialista, in quanto debole e li– mitata federazione, non è un mezzo di discussione poli– tica per il socialismo mondiale nel suo insieme, né for– nisce affatto all'individuo la possibilità di contatti. I PARTITI politici non, potranno mai essere sufficienti.: un partito politico deve pensare a conquistarsi voti. Deve concentrare la sua attenzione nell'attrarre gli elettori dubbiosi e apatici; rna se si è socialisti convinti 'non è precipuamente su queste persone che si desidera eserci– tare attrattiva, ma su colorn che possono essere indotti a dare delle vern energie al movimento, sempre che si riesca a convincerli che ne valga la pena. L'ILP nei suoi bei giorni, no'n si adoprò principalmente ad attrarre elet– tori marginali - anche se, si capisce, si rivolgeva inci– dentalmente pure ad essi -; si adoprò piuttosto ad ac– crescere il numero dei socialisti attivi, colla fiducia che essi a loro volta avrebbel'O fatto opera di pel'suasione su altri. Il compito esse,w.iale dei sonialist.i d'oggi è quello di flUlllentare il numero dei socialisti realmente attivi e di fede, che hanno in mente un ideale a lunga scadenza, e che pensano e agiscono in confol'rnità. a questo ideale e non· semplic .~nte in rapport◊' a immediate misure di riforrna. li socialismo ha bisogno di fare appello alle con– vinzioni e ai sentimenti più profondj degli uomini. I par– titi politici non possono farlo: il loro scopo principale deve essern quello di conquista!:si una baso elettorale. Inoltre, per la maggior parte dei casi, i pal'titi socialisti al giorno d'oggi sono t1'oppo dominati dall'.anticomunismo; pas• sano il loro tempo a combattere il predominio comunista, invece di lavorare in favore del socialismo democratico. Io per mio conto sono uh convinto antistalinistn, ma non ho intenzione di passare tutta la vita n combattere il co– munismo. Voglio tendere a qualcosa ffr positivo. Voglio un'organizzazione che invece di andar contro una parte della clas.se lavoratrice, concentri la sua att.enzione sulla costruzione· del socialismo moridiale. Il socialismo ·non è il 1-Velfa·reSt.ate; è qualcosa di di– verso anche se include tra i suoi obbiettivi il lVelfm·e State'. Il socialismo implica e presuppone una società senza classi, menti-e il l•Velfare Stò.te, al suo stadio at– tuale di sviluppo, acutizza in effetti l'antagonismo di classe. Esso antogonizza tutti coloro che hanno un tanto di mediocre prestigio e sono decisi a difondere questa loro superiorità contro l'esigenza dell'eguagliam·,a. 11 1'Velfare State allo stadio di transizione rende peggiore questo sen- • tirnento, perché spaventa questa gente «superiore» senza peraltro intacca.re la loro potenza. Ma non è solo questo che intendo dire quando atTermo che il socialismo non è il 1-Velfare State. Il lVelfare State è un sistema di vita che attenua le asprezze e diminuisce J'jneguaglianza, sen7.a. tuttavia abbattere le baniere di classe e cli nazionalit;l, Può condurre a un miglioramento delle condiY.ioni pro– prie e degli altri ma il migliornmento in quanto benes– sere sociale non è tutto; non è per· ~sempio libertà o effettivo autogoverno. Socia.lismo d'altronde Significa. for.– rnazione di uomini, assai pH1 che migliol'o distribuzione di beni. Il socialismo non progredirà fino a che i socialisti si limite~anno a pensare al raggiungimento di obiettivi di benessere sociale e trascureranno di tendere all'istaura– zione di una società senza classi nel rnondo. Dobbiamo liberarci da.Ila mentalità da lVelfare State che ci ha in– fluenzato in questi ultimi anni, dacché i partiti socialisti democratici hanno col1quistato un sempre maggior numero di elettori marginali e sono stati spinti a modificare il loro appello in modo da mantenere l'appoggio della massa non 8ocialista. · Non credo che noi abbiamo bisogno di una grande ◊11;ani,,;zazione: il nostl'O fine non può essere, in un primo stadio, quello cli trovare una Jarga massa di adesioni, ma piuttosto un gruppo di individui che siano preparati a. fare del socialismo il primo scopo della loro vita, 'che si impegnino a. lavorare forte e a pensare seriamente ai prnblemi sociali dal punto cl.i vista del socialisrn.o· mon– diale. Come da,r vita a un'orga.nizza'l,ione cli questa sortn? Ovviamente sarebbe prnferibile poterla. iniziare su piano internazionale. Meglio di tutto sarebbe far convenire gente da ogni parto del mondo per partecipare regolar– mente a congressi internazionali e farla lavorare in stretta collaborazione, in comitati e in gruppi di ricer·ca. Ma ò chiaro che un'organizzazione di questo tipo è al cli sopra delle nostre forze. D'altra parte a prendere l'iniziativa sul piano nazionale c"è il pericolo che si cominci anche a pensa.re in termini nazionalistici, malgrado la buona. vo– lonti, dei singoli membri. Questo è il dilemma che dob– bia1l10 affrontare. Al punto ,come stanno ora 1~ cose, sembra che effet– tivamente si debba dare un modesto avvio su tutti e due i fronti (nazionale e internazionale) ad un tempo. Quando si dà inizio a. un'organizzazione, naziona.le o internAzionale che Sia, che tipo di programma ç,ccorre! SeconclO me niente di particolareggiato o di difficile. Nel nostro casi> occorre qualcosa di estremamente semplice e capace cli esprimel'e un appello cli portata. mondiale, nelle tanto diverse situazioni che il socialismo deve affrontare. Prima che si possa sperare di aver per bnono questo sem– plice programma, abbiamo bisogno di prendere accordi con gente di molti altri paesi 1 per cercare una sintesi efficiente dei vari punti di vista. Al punto in cui siamo possiamo dir-e soltanto che ci sono certi principi che vanno posti. Il modo in cui essi dovranno essere messi· in pratica, sari, volta a volta cqmpito di coloro che conoscono le diverse concJizioni dei vari paesi. Non dobbiamo col'l'ere il rischio di spingerci più avanti di quanto possiamo, né di basare l'organizzazione internazionale su idee che non siano adatte alle condizioni cli alcuni dei popoli interessati. Ecco alcuni dei principi che potremmo formulare: 1) Jl vri,ncipio dell"intemn:-:ionalùnno. Questo è il prin– cipio p1~rno, e snpna Of,rni nitra considernz.ionc. I.a prima espressione di questo p1·in<"ipio è NO ALLA GUERRA. Chiunque pensi alla guerra oggi non può essere che un pazzo. Noi yogliamo LA PACE AD OC:XI COSTO. . Non voglio dire, con questo di essere altaccato innanzi tutto al mio personale pacifismo. Ero un pacifista prima che Hitler andasse al potere e mi scuotesse dal mio pa– cifismo. Dopo la guerl'a sono gradatamente ritornato sulla mia vecchia posizione, ma non so neppur ora se questo ri– torno sia completo. Comunque non è 1a mia pe.-sonale po– sizione che interessa. Noi dobbiamo essere un'organizza.: zione di gente che ritiene la guerra cosi intollerabile da nOn poier essere neppur concepita nelle condizioni attuali. In questi ultimi tempi molti di noi sono partiti dalla convin7,ione che la guerra fos5-e vicina, e questo ci ha fatto travisare le cose. Dobbiamo lavorare col presupposto che ]a guerra non ci sarit e fare di questa convinzione la base della nostra politica: se lo faremo son certo ch1:r il , nostro appello sari~ migliore e più ra:r.ionalc. Escludere l'idea della guerra. vorrà dire in ogni caso $gombl'Are il tel'reno; saper più chiaramente che cosa si è decisi a fare e come prepar1u·e piani per il futuro. Non si tratta tut– tavia solamente di evitare la guerra. Dobbiamo anche fare: tutto il possibile per incoraggiare utili contatti e coope– razione tra gente di diversi paesi. Abbiamo bisogno di coordinazione, a·zione e rapporti effettivi, al di là delle barl'iore che sono state inalzate. I rapporti tra gli indi– vidui dei diversi paesi sono della massima importnnza. Dobbiamo lotlHre indefessamenté per il disarmo. Non se1l1plicemente nel senso di r.idul'l"e le spese per gli armamenti ma anche in termini di aboliY,ione della coscri– zione. Dobbiamo adottare il grido « Abbasso Ja coscri– zìone >. Non è possiLile cOnclurre una effettiva guerra al bisogno fino a che conÙnuano le spese per gli armamenti. Solo con questi beni, resi disponibili dal disarmo; si. può reahnente iniziare una crociata internazionale per sollevare il livello sociale ed economico in tutto il mondo. Una volta che ci si sia liberati dal peso delle spese mili– tari, si acquisterÌ\- 11n forte argomento in favore della guel'ra al bisogno. Essa diventerà. effettivamente neces– saria. per impiegare i capitali che rimarranno disponibi~i ed evitàre in tal modo le crir.;i e la dif,occupazione, altri– menti inevitabili. 2) ll pri·ncipio della guerra, al b-isogno. Questo non significa soltanto investire ~n~rmi c~pi~ali J:>Cr_dare l_a possibilità. ad altri pae~i eh mclustr1ahzzars1 più rapi– damente; vuol dire nnche raccogliere forze umane per . supplil'C alla mancanza di esperienza e di competenza tecnica dei paesi meno avanzati. Ciò 1·ichiede un grande esercito volontario cli tecnici e dì insegnanti che vadano a prestare la loro opera nei paesi meno progrediti, senza pretendere stipendi più alti di quelli che questi paesi pos– sono offrire a.i loro stesE:i cittadini. Questo principio vi10le che l'avvicinamento sia_ f~t~ - su piano funzionale, e non sul pian~ della supeno~1ta: non significa propord cli trasmettere il nostl'O « patrirno: nio cultura.le e spirituale> a gente ignorante. - ma cl~ impa rtire a q uesti popoli una conoscenza tecnica che essi
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