Nuova Repubblica - anno IV - n. 4 - 22 gennaio 1956

NON SJIAURIUE LA S'l' It A DA LO STUFATO DEL PELLICCIA di GIORGIO SPINI S ONO notoriarnente ammiratore e simpatizzante del Mondo e, per rr.ie, certe campa.gne nobilissime e co– raggiose condotte da quel settimanale, a proposito di affermazione delle libertà civili, di problemi della scnola, di difesa de!Fltalia dalle l'apine e dagli imbrogli cli potenti gruppi monopolistici od affaristici, resteranno sempre tra le più belle pagine della lotta politica di questi ultimi anni. Dunque è stato solo con speranza e Simpatia che ho visto sorgere, proprio al.l'ombra del }fondo, una nuova forma– zione Politica democratico-1·adicale e mi sono domandato quali potessern esserne la posizione e il significato nel no– stro paese. Una risposta. a quella domanda mi è già arrivata, sotto la forma di un articolo di fondo, a firma dì Vittorio De Caprariis, nel Mondo del 13 dicembre. Ho potuto appren- - dere .così che il neonato partito radicale ha da essere so– stanzialmente la convergenza de11a. sinistra liberale con la destra del fu Partilo d'Azione, insieme accomunate non so]o da identico progl'ami:na di rinnovamento democratico o da affini simpatie verso esperienze straniere, come il New Deal rooseveltiano ed il VVelfare State laburista., ma altresì da consimili doloi-i di un recente passato. Come la sinistra liberale; cioè, ha dovuto scindersi dalla destra rea.– ziona.ria del PLJ, così gli azionisti di centro-destra furono a tempo loro « sommersi dai facili dernagoghi. .. dai dothi– nari verb.osi di un riVoluzionadsmo inconsistente, ed an– ch'essi ful'Ono costretti a separarsi da. sì rmnorosi e ro~ vinosi compagni». Jn altre parole, i radicali non dov1'anno avere nulla in comune, 110n di1'Ò con Rìccar'do Lombardi od Emilio Lussu, ma neppure con quegli altri rumorosi e rovinosi personaggi, che rispondono ai nomi di Ernesto Rossi, Leo Valiani, Aldo Garosci, Tristano Codignola, Gui– do Calogero, Frnnco Venturi, Paolo Vittorellì e tutti coloro, in genere, che a suo tempo prefedl'ono "t111a f cile dema– gogia alla. còstruttiva politica. condotta dalla destra azio– nista con la scissione del pa_rtJto e la. creazione del « Movi– mento .Repubblicano Democratico~- Sono cose che fa sempre bene sapere a tempo, per evitare equivoci spiacevoli. Basta dunque con i demagoghi, tipo Calogero, Valiuni, Rossi, Codignola, Carosci, eccetera, notoriamente inetti a pon,i problemi di cultm·a e di po– litica con un minimo di sei-ietù; basta con que~tì.cialtroni, che ben dimostrarono in ogni tempo, dalla. p1:in1a GL alla Resistenza e dalla guena di Spagna alla Costituente, 1n propria inca.pacitù a dal' concretezza. ad istanze di carattere l'ivoluzionario. Ed anche tu, cal'O Calarnandi-ei, che invano vuoi darci a bere <l'esser-e un grande maestro cl.i dottrina giuridica e di vita morale, incassa su e porta a Casa. E' !H– rivato il De Caprnriis a metterti a. posto come meritavi. Giacché, esif".:tendo la spiacevole necessità di dover dil'e pane al pane e cialtrone ai cialtroni, non poteva esservi portavoce pili autorevole, vuoi per luminoso -passato di esponente della. Resistenza, vuoi per matura esperienza di vita Pubblica, vùoi pe1· ~olida ed universale fama nel campo della cultura, del De Caprariis: E chi sta, come me, tra i poveretti /mge8 consume,·e nati, non può presumere di discuterne il ponderato ed a.ntorevole giudizio. Personal– mente, posso solo aSSicurare che d'or.a innanzi, trovandomi a scuola tra i miei studenti, cesserò dall'addita,·e lorn come· esempio di indagine storica dei buffoncelli, freschi ancora dall'avere fornicato con la facile demagogia azionista, co– me Federico Chabod, Gino Luzzatto, Pìei-o Pieri, Nino Va– leri, lfmnco Venturi, Sandro Galante Ga1'rone, Mario Delle Piane o simili. E li eso1·terò ad attingere lume e guida uni– camente all'opei-a del De Caprariis. Con tutto il rispetto dovuto al Nostro, però, non so a.ncora se le sue parole rappresentano l'espressione del pen– siero ufficiale del Mondo: e meno ancot·a so se esse siano ra}.Jpresentative di quello de1l'intero movimento radicale. Ancorché traviato, dunque, da troppo lunga consuetudine con quei rumorosi e rovinosi compagni di cui sopra, mi permetterò di affacciare ·alcune domande a quei radicali e redattori del Mondo, che ancora - nonostante il s~vern "giudizio del De CDpi-ariis - non rifiutino del tutto il col– loquio con i resti della demagogia azionista. Confesso, invero, di non aver ben capito che cosa li differenzi dai repubblicani. F'0rse che il PRI non è un par– tito radicale e democratico? Forse che il suo segretario e più di uno dei suoi ·esponenti non pr0vengono dalla destra azionista o dalla sinistra liberale? Non voglio davvero far l'ingiuria ai 1·adicali di sospettare che quel benedetto ag– ."gettivo « repubblicano» metta a disagio qualche brav'uomo delle loro file... Se dnnque non si vuol credere che i radicali siano solo degli oziosi crea tori di doppioni inut-ili o peggio ancora dei cripto-legittimisti, bisogna pensare che essi vogliano ·dif– ferenziarsi dai repubblicani non tanto per astratte questioni di nome o di programma teorico, quanto per concreto iJldi– rizzo politico. Bisogna pensare cioè èhe essi ritengono che i repubblicani abbìano seguito un corso politico inadeguato a realizzare Je istanze di democrazia. radicale, contenute nei loro programmi teorici. E che, preso atto del falli– mento, non solo del PRI ma altresì del PSDI e deHe_altre forze del < centro laico:., vogliamo chiamare a raccolta tutti i democratici italiani per un nuovo e migliore co.rso politico di -quello perseguito sinora da uomini quali Saragat, La Malfa, 'l'remol loni, Pacciardi, Reale (e perché non anche .Villfl.brn,na?), eccetera. }fa. qui sorge, a mio p0vern avviso, un dilemma d·a cui non si può sfuggire. O quel rallimento è imputabile alle p~rsone degli esponenti di quelle forze, cioè alla personale inettitudine o ma,lvagità o tradimento di Saragat, J>ac– ciardi, La Malfa, Reale, Tremelloni eccetera, oppure è im– putabile piuttosto ad una situazione ·storica obbiel,tiva, per cui tutti costoro, pur non essendo affatto né degli imbecilli, né dei furfanti, né dei venduti, non hanno potuto fare gran che per realizzare i pi-opri programmi teorici. Nel primo caso, è inutile parlare di « blocco laico>, in quanto è chiaro che la. somma di più farabutti o di più imbecilli non riuscirlt, mai a dare fuori una. sola persona seria ed intelligente: ·ed al. contrario, un blocco di fara– butti o di imbecillì sar1\ assai più rovinoso per l'Italia, che un certo numero di costoro vagante in ordine sparso. Nel secondo caso, cerchiamo di capire il perché obbiet– tivo di quel fallimento. Persoi1almente, lascio volentieri ai mitografi de l'Unità o dei giornali murali del PCI Je invettive contro i « tra– ditori » del PRI e del PSDJ. E per quanto convinto che parecchi di loro abbiano compiuto negli ultimi anni gravi evita.bili el'l'Ori, non po.~i;,od;mentica,·e facilmente il nobile passato antifascista o lo. indiscutibile probitiL personale o la non sp1·egevole cornpe"ten:,;a tecnica di nn Pocciardi, un Saragat, un La Malfa, un Tremelloni, un Renle e via di– SCOl"l'endo.R-it~ngo cioè che se _ne debba attribuii-e il fal– limento pil, ad 11n'a.vve1'sa.Contingen;,,a, sto1·ica (aggravata. magari da pili di un enore evitabile, ma tale sempre da mette1'e a dur~1 prova. la migliore volontà o la maggiot·e chiaroveggenza di chiunque), che ad un fatto pe1·son.ale di illettitndine e di· « trndimento >. In altre parple, debbo ri– t,enere che il ·cent,·o democ1·atico italiano abba fatto fallÌ– mento, sopl'attutto percliè privo di quel fondamento sto– rico che ha. consentito a. litburisti e democratici ame1·icani di fare tanto grfl.ndi cor-:e: una lnrga base popolare, in gran parte .composta d.1 fo1·zc del lttvoro..1direttamente o indirettamente sostenuta da potenti organiZznzioni sinda– cali. Sarò un frreducibile demagogo, ma suppongo che _per fare una politicn dernocratica. vi sia bisogno prima di tutto del demo,tt. E il demo.,, in Jtalia, non è fatto di lettori _del .Mondo: è fotto di operfl_i deffin<lllsh-ia settentrio~ale, di mezzadri deH'Ib,lia céntrale. di contadini poYeri del Mez– zogiorno e delle T sole, di modesto ceto medio, pel' lo più a reddito fisso: comP- quei catti,·i professori che scioperano. Senza questa ge.nt~ alle spa.lle, non si fa un·a. grande po– lit,i~moCJ·atica: si fanno solo delle oz.ioni di rottura ri– vohhiona,·ia. come f,:,ce il fu PHtito d'Azione (e in fondo anche Unitit Popoli.ire nelle 11ltì01e elezioni), oppure -del palernaljsmo illumint\lo. Insomma, senza c.:irne, non si fa lo sh1foto; si fa solo come dicevano i nostri ve_cchi, « ... lo 8tt1/atino del Pelliccia. con dimolte pat(lte e punta ciccia li. E già. che abbia.mo parlato del l\'fezzogiorno, mi per– metto di dire a. qnesto p,·oposito una fronca parola, in qua– lità di «tenone» adottivo. In· nna sitnazione economico– sociale così graYe come quella me1-idionale, con c'è posto per una. « terza fot·za » la. qu~le si insetisca _tra i contadini sfruttati da una. parte, ed i proprieta1·i, i gabellotti e la pic– cola borghesia piu·assitaria dall'altra. « Coppole e cappelli non si uniscono» dice un tr-iste e snggio proverbio siciliano. E chi a sud di Roma nòn ce la fa a diventare partito di coppole e di contadini, resta partito di « cappeddi » e di clientele, qua.lunqne sia Ja. bontà delJe sue intenzioni o dei suoi articoli programrhatici. E pe1· questo, non valeva davvero la. pena. di separarsi da Colitto o da De Caro. p ERTANTO, mi ·sembra logico dqmanclare agli amici ra• dicali quale sia la poJitica contadjna che essi int'.endono svolgere nel Mezzogiorno, in antitesi a quella della Demo– cra-zi!l, Cristi11na o dei comunisti; quale ne voglia essere Ja. politica nelle fabbriche settenti-ionali, così gravate dalla reazione padronale, da allannare persino organizzazioni tanto poco i-ivoluzionai·ie con-ie quelle confessionali catto– liche; quali ne sia l'inditizzo in materia sindacale, di fronte al.la crisi in atto nella CCIL, al paternalismo delia CISL, alla scarsa .combaU-ivìt;\ dim.ostrata..sinora da11a UIL. E· ciò non perché :io dubiti della loro ottima volontà di operare un rinnovamento denlOcratico nel nostro paese, ma pe1·ché non credo che alcuno, neppure la più brava ed intelli_~ente persona di questo mondo, possa rovesciare un macigno con uno stuzzicadenti, anziché con una sbarra di feJTo, Chi pos– sa contare solo sn di un po' di piccola e media borghesia. milanese, un par di centomila voti romagnoli dei ren..1b– blicani, qualche clientefo, paesana sardista. e poco piit, è vano che sogni \Velfare State, New Dea-l o Stato Moderno. Rischierà sempl'e di servir messa nella cattedrale democri– stiana .. La servirà magari con maggiore riseI"bo e dignità di quel che socialdemoc1'atid, liberali o repubblicani non l'ab– biano servita in passato. l\·la non and1·i~ mai molto oltre al limite cui sono a.nivati, nel loro momento migliore, i Pac– ciardi, i Villabruna, i Saragat, i La :Malfa: eccetera. A meno che' non si voglia dire, al solito, che costoro erano gli ultimi imbecilli, gli ultimi codardi e gli ultimi analfà-beti del no– stro paese. Infine, vorrei sape1·e un po' meglio quale atteggiamento i~prefiggano di assumern i radicali nei confronti di quel PSI, che, sia. pure. non sempre degnamente, rappresenta tuttavia un'àncora cui stanno aggrappati· alcuni milioni di Ja.v0ratori e di poveri, per i quali il socialismo. sembra ob– biettivo preferibile al.comlmismo. E' ch\aro, invero, che una (94) nuova repubblica delle ragioni prime del fallimento delle for~e di centro– sinisha negli anni decorsi è stata la strapotente inflnem:a esercitata da comunisti sul mondo italiano del lavoro e la passiva soggezione del PSI alla direttiva staliniana. In quel!~ condizioni, possiamo arnmettere serenamente che non c'era gran che di megl_io da Care,-oltre che sceglie1'e fra 1a snhordinaz"ione alla direttiva democrjstiana e la subordina– zione alla direttiva comgnista. A r:neno di non fare quello che appunto pDrecchi malfam~ti azionisti hanno fa.tto: nn 1111.irno, ineducibile quadrato di 'Villafranca, a b"ase di in– tran~igenza morale prima ancora che pÙlit.ica, in cui bat– tersi per scongiurare il peggio - la dittatura comunista nel U)48 e quella clel'icale nel 1953 ,- in ·attesa di tempi migliori. Ma che da allora ]a.situazione interna ed interna– zionale sia modifìcat.a, nessuno in buona fede potrebbe ne .. ga1·lo. Non ho perduto alcuncl~é della rigidezza del mio ri– pudio dei metodi, della mentalità e dei progra~nrni comu– nisti. Ma appunto per questo non può essermi indifferente il fatto che oggi i rapporti di forze tra PCI e I=>SIcomincino ad invertirsi, e che la profonda crisi, in cui il PCI si di– batte, porti il morido italiano del 1avoro a gt~ardare con maggiore speranza verso i socialisti che non verso i co- munisti. · NO~ POSSO crede,·e che degli autentici democratici ri- tengano davanti a ciò di non avere nulla altro da ( a.re che attendere a braccia conserte. Attendere che gli uomini del PSI vengano col capo cosparso di cenere a chiederci perdono delJe loro « cattiver·ie :>? Attendere che certe indu• strie abbiano messo sul lastrico ]'ultimo operaio anco1·a. re• stio ad iscriversi alla CISL? Attendere i benefici effetti delle humu:m relations e dei sermoncini della signora. Luce, comP- panacea dei problemi degli operai italiani? In tal caso, viva la faccia di Malagodi e magari quella della « polizia di fabbrica> di talnni complessi industriali! Viè almeno il me1·ito della sincerità. Vuol dire questo un invito alla politica. dei « fronti popolari»? No davvero, a costo di tornare a quella del quad1·ato di Villafranca. Vuol dire, questo, fare assegna– mento unicamente sul bnon esito del colloquio tra socialisti e radicali! Quel colloquio può benissimo fallire e ributtare i democratici laici sull'amara necessità di battersi con le loro sole forze e nei limiti angusti delle loro foJ'ze. Ed an~ che a questa eventualità occorre essere preparati con yirile C01'aggio ed intransigente fede nella Jibertà. Ma. neBa si– t~azione 'presente, quel colloquio va. iscritto all'ordine del giorno tra le cose da fare senza. indugio, per quanti vo– gliono che democrazia non sia. più un nome ·vano nel no– stro paese: Se fallirà, altri ne deve portare intera 1a terri- bile responsabilità sto1·ica. , E' chiedere tt"oppo proporre dei temi di chiarimei;ito e di colloquio come questi agli amici del Mondo od -ai ra– dicali in genere? Ma_ tener loro diverso linguaggio sarebbe niente ·altro che esprimere un implicito giudizio di sfiducia sulle loro capacità e possibilità. E noi, malgrado tutto le impertinenze del De Capra-riis, per i coraggiosi amici testé ·usciti dal pa ..tito liberal-malagodiano vogliamo avere qual– cosa di piil che della simpatia. umana: una fiduciosa spe– ranza nelle loro capacità di azione politica. (Il Ponte, n. 1.2 del dicembrei 1955) E' uscito ANNA GAROFALO CITTADINISI' E NO Queste inchieste e articoli che raccolti insieme formano un panorama se non completo abbastanza vasto dei grandi, insoluti problemi della società italiana, sono coraggiose e aperte denunzie di una situazione sociale incompatibile con la « buona coscienza » di un paese Che, d'altra parte, mostra all'osservatore un volto addirittura opulento nel tenore di yita dei suoi ceti privilegiati. « Uiblioteca Leone Oinzburg t pp. Xll-332, f,. HlOO LA NUOVA ITALIA FIRENZE nuova repubblica ABBONAMENTI: Annuo ••• Semestrale Trimestrale L. 1500 800 " " 450

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