Nuova Repubblica - anno III - n. 37 - 20 novembre 1955

(85) nuova repubblica * Bllt'LIOTECA * RAG,AZZI DI VITA A I MARGINI della Roma monumentalè e tra:Ja grande fasci_a suburbana delle _bo~gate - .Prima".alle_ o H Ti– burtino; Borgata Gordiani o degli Angeh, Pietralata - si estende• la Roma scrostata e corrosa della periferia sempre più incolta; dove, di ponte in cavalcavia, i màrcia-· piedi vengono a mo-rire nei campi arsi e nelle cave abbando– nate tra i villaggetti di catapecchie, le baracche di lamiera, le bicocche, fino -agli squallidi lotti delle case popolari isca– tolate per quartieri da dove la città appare un profilo lontano. In ques'ta arida fascia corre il dominio dei « guap– pi'». I ·«guappi» sono i senza-mestiere e i senza-voglia, quelli per i quali la città è ancora, in certo senso, un 0osco; e la vita, una caccia: a un portafoglio, a un copertone o a un sacco di cavolfiori, non importa. L'essenziale è « arrangiarsi·», racimolare il domani. La legge è solo quella del più forte, del più astuto e del più vagabondo. Col romanzo di Pier Paolo Pasolini, Ragazzi di vita (Milano, Garzanti, ·1955) entriamo in quel dominio ed as– sistiamo ad una serie di « battute » di guappi, a notte alta, quando Roma dorme; poi ai lunghi ozi fatti di noia e di baldanza con ·cui essi trascinano il -giorno. L'autore non si cura di portare avanti né un protagonista né una storia. J\'1ii,a, piuttosto, a rendere, di quella vita, l'indo– lenza ciel ritmo, il vuoto delle pause e, fra un vuoto e l'altro, la ~ipetizione ·quasi ossessiva dei piccoli episodi sempre analoghi: un furtarello o. uno stratta.gemma, un tiro mancino o una bravata, una soperchieria o una vio– lenza. E siccome i «_guappi» incominciano ·bambini, con i- soldarelli sfilati al volo dal berretto di un .accattone cieco o rubando, magari, un chiusino da una fogna, il libro contempla questo periodo, potremmo dire, della « for– mazione»: dai quattordici ai vent'anni, quando nella spa– valderia ancora incerta del ragazzetto disprezz ·a.to dai più anziani il piglio ciel malandrino, del « ragazzo di vita», sì va. f ~cen.do , a; sua volta,' più cinico e sprezzante .. Leggend~ quest1 Ragazzi di vita cì si rammenta che, pur fra lampi di umanità, che illuminano l'ispida materia trattata, il racconto punti per lo più sull'impassibilità dei tratti caratteristici ed esteriori, sul vistoso, sullo sgar– giante; si tenga fermo •più· al · giovinastro coi calzoni a tubo e gli scarpini·a punta che cammina« a pecorone» fra i tavolini dei bar, pronto ad ogni schiamazzo, che a quanto cli umanamente inedito e di sostanziale si cela dietro i pro– voca.nti colori di quella sua maglietta all'americana. Si ha l'impressione che, mentre dà vento alla _girandola del tur– piloquio rituale in ct1i ·si esprime, si, la tracotanza· dì una vita, ma in- modo alla fine solo meccanico, l'autore at– tratto da pezzi di bravura e da calcoli cli effetto, si sìa lasciato sfuggire possibilità maggiori. Pezzi di bravura sono in questo libro episodi interi (valga per tutti quello del bagno nel Tevere con il finale, così studiato, della ron– dinella ferita) ; diciamo cli più: pezzo di bravura è un po' tutto il libro, impalcato con molta destrezza antina– turalistica sulle ·audacie del dialetto e del gergo (della. ma– lavita) intrecciate insieme nel dialogo e di una lingua tutta bagnata in Tevere nel tèsto. Ci si sente, intellettua– listica, la suggestione del Belli e del favoloso che è nel dialetto - dove gli animali litigano, si sa, in romanesco. (Occorre ricordare che, se questa. è la sua prima prova narrativa, il Pasolini ci ha già dato oltre alle poesie del Canto Popolai-e, dei versi in· friulano, La meglio gioventù; una Antologia del '900 dialettale; cui presto seguirà una Antologia della poesia popolare italiana). Per quanto in quel linguaggio, dopo la prima cinquantina di pagine, en– tri il gusto ciel ·raccontare a renderlo più intuitivo, ad al– largarne il respiro, a fare affiorare una vena lirica, il libro resta sostanzialmente rinchiuso nei limiti di una nar– rativa sperimentale. Anzitutto, per l'ambiguità del ruolo di chi, nel testo, narra le vicende. Questi, mentre vuole guardare e distaccare un mondo, tende, nella parlata, ad assimilarsi ai suoi personaggi plebei; a « farsi », insomma, « popolo ». Si sa che le trasfusioni di sangue popolaresco sono per, lo più, in letteratura, ingannevoli di buona sa– hite, mentre il loro effetto non può riuscire veramente cor– ·roborante e significativo che nel caso in cui l'atteggia- · mento di uno scrittore ve,-so i suoi personaggi popolare– schi sia tale da determinare, insieme con uno stile, l'at– ,teggiamento cli una generazione verso questo ambiente. Così accade con Verga. Non può· accadere quando al « Popolo » ( questa ottocentesca « entità », che tutta ia coscienza sociale e politica del nostro secolo mette sotto critica!) ci si avvicini con le maniche rimboccate per un atto di chirurgia estetica. La coscienza sociale da 'Ì'olstoi in avanti '-- visto 'che cli lui l'autore· cita l'affermazione: ·« II ·popolo è un grande selvaggio nel seno della società> ·- ne ha fatto del cammino. Altrettanto la coscienza este– tica. Almeno dopo Brecht e L'opera dei tre soldi il Lum– penproletariat, il sottoproletariato straccione e miserabile, non può più essere trattato alla stregua di una categoria so– ciologica inerte, assimilato alla nozione romantica cli < po– polo » e privato di una sua disperazione sociale. D'altronde - ·è il caso di quella tendenza che volge ogni parte della nostra narrativa a riscoprire regioni e dialetti - come andare a fondo di un male sociale, di una miseria spirituale, di uno stato, di passiva oppres– sioiìe (e non è che questo problema non baleni nel Pa– solini: tutto l'ùltimo capitolò lo suggerisce, con le squal– lid_e gite· notturne dei giovinetti in cerca di acquirenti), quando in quel mondo ci si immerge, nel contempo, come in un bagn6 salutare? ARMANDA GUJDUCCI BibliotecaG1·no Bianco 7 I colloqui della settimana ( dis. di Dino Boschi) UN SPECIAtE DI "ESPRI'r,, ,L'ITAJ~l E BOUG E di GlA.NNl SCALI A Questa ra.ueana .di Gia1mi Scali~ contiene alcuni giudi:i ed inltrpreta:ioni che non inte– ramente rispondono alla po.si ;;ione del giornale. Ma riteniamo ch'essa ·meriti egµalmente di es– sere conosciuta e meditata dai no.stri lettori, per– Chè offre occa.,iont e s'1m11ti di assai utile· di– scuuione (N. d. R.). e ON UN TITOLO significativo, L'Italie bouge, .: Esprit ~-a raccolto in nu~ero. unico (9, sette~– bre0ottobre 1955) un largo materiale sull'attuale si– tuazione italiana, assolvendo un compito assai importante per la diffusione di conoscenze e di esperienze relative alle diverse nazioni europee, e organizzando un notevole corp= di osservazioni, interpretazioni, giudizi, utilissimi anche al lettore italiano. Sn questo numero di .: Esprit> si sono fatte alcune riserve.; e se è certamente vero che in parte l'inchiesta ha più carattere desçrittivo o docu– mentario, che interpretativo, è indubbio che nel corso del– l'inchiesta, pur tra le deformazioni cronachistiche o .: so– ciologiche> e tli rappresentazione proprie di un ~,questio– .nario » e di una raccolta di «opinioni» più che di un'in- terpretazione organica, J'a.ttenzione è pronta, viva, 5pesso sicura. Il numero è diviso in due - parti: la prima è dedicata all'inchiesta· condotta attraverso il metodo del « questio– n.trio >, e costituita dalle risposte che i molti corrispon:, denti italiani haimo dato alle domande loro ·proposte; la seconda è costituita dai saggi. Essi tòccano i diversi pro– blemi dell'Italia 1955: la miseria e la disoccupazione (M. Prancois); l'emigrazione (R. Bauer); la questione meridionale (S. Gatto) ; le forLe politiche, sociali e ideolo– giche in presenza: il partito comunista, il partito socia– lista, il partito · democristiano (U. Segre, T. Qodi,gnola, E. Enriques Agnoletti, L. Basso, P. Scoppola, ecc.); il cattolicesimo culturale e politico (D. M. Turoldo, A. C. Je– molo). Si tratta, per lo più, di saggi di grande interesse, alcuni di notevole valore,· e comunque. appassionatamente orientati a darci una visione d'insieme, a un tempo storio– grafica e militante, della realtà italiana. E non diremmo che lo schema sostanziale sia stato- « terzaforzista » (cfr. A. Seroni in « II Contemporaneo> n. 42), anche se la par– ticolare impostazione della rivista cattolica, i suoi inte– ressi prevalenti, il pubblico cui si riferisce, e la collabora– zione a volte « finalistica» dei redattori italiani del nu– mero, hanno caratterizzato fortemente e anche limitata– mente questo lavoro. L'interesse può dirsi centrato su due .problemi fonda– mentali: da un -lato le prospettive di un'azione socialista «nuova», dall'altro il problema del cattolicesimo politico e dei suoi rapporti con le altre correnti politico-colturali, soprattutto orientate in senso liberale-democratico o demo– cratico-sociale. Attorno a questi nuclei gravita tutta la se– rie dei s9;ggi, e il « senso » dell'inchiesta; offrendo, così, un'impostazione che limita la realtà politica italiana a que– ste due questioni sia pur essenziali. Si sarebbe desjderato un adeguato contributo da parte di una cultura di sini– stra e marxista, perché il quadro apparisse più completo e in definitiva più esatto. Se da un lato le esigenze di un rinnovamento economico, politico e sociale sono sentite da. tutti i collaboratori, aperti alla prospettiva di una azione democratica e socialista, è indubbio che questi problemi ·sono più complessi e difficili, che propongono cioè discus- sioni e "interpretazioni" divel'Se da analizzare ·attentame,~te; ed è indu"bqio, anche, che nella realtà politica sociàle e culturale italiana, la presenza. ma,rxista-comunista è più positiva e ampia di quanto qui non sembri. .I saggi di maggiore ampiezza sono quelli di Lelio Basso (Piccola storia di'una demòcrazia mancata); di- Um– berto Segre ( Il pa,·tito ,.ocialista italiano) ; cli A. C. J emolo (I cattolici non conformisti). Il saggio di L. Basso si pre– senta con un carattere di vero excur,.,.,. storiografico e mette in luce, sia pme in una rapida sintesi, i problemi della nostra « mancata » democrazia politico-sociale, come precedente storico alla attuale crisi della democrazia in Italia. La carenza democratica dall'unità in poi, per l'assenza cli uno slancio economico della borghesia italiana, per il ritardo del capitalismo, per l'incapacità deUa classe poli– tica dirigente di realizzare una più ampia prospettiva _pro– duttiva di fronte alla crisi provocata dallo squilibrio tra strutture economico-sociali, e legislazione borghese e prin– cipi della proprietà. capitalista; la trasformazione della . grande proprietà fondial'ia in proprietà. borghese-capitali– stica, anzi in piccola proprietà. democratica, facendo rima– nere immutate le strutture politiche e statali, e impedendo un inserimento delle masse popolari con le loro esigenze e le loro prospettive nello Stato: sono questi i problemi che Basso affronta indicando la «storia» di uno ·sviluppo democratico incerto e instabile, che dal pre-fascismo al: fa– ·scismo perdura nella nostra struttura sociale e politica. Di fronte alle attuali ipoteche del latifondismo agrario e dell'industrialismo monopolista, di fronte all'accentuato di. stacco tra le istanze della classe operaia e contadina e le strutture statali, o alla tendenza sempre più aperta. verso ti.TI regime di « partito unico », di divisione religiosa e di di– scriminazione politica, di politica estera compromessa dalla « protezione » americana, e di sostanziale incapacità all'in– terno di una riforma fondamenta.le delle stnttture economi– che e amministrati ve, vengono indicate le possibilità cli una soluzione della crisi della democrazia, in un più vigo– roso svjluppo delle forze orientate in senso ·sociajjsta, ap-. poggiate cioè alle grandi organizzazioni_ operaie e con- tadine. · ,A NCOR PIU' LEGATO a un'impostazione di cronaca a e di storia politica, il denso exéurstts di Umberto Segre sulle vicende del partito socialista itajjano, nei suoi momenti di crisi (la scissione) e nelle prospettive che, oggi, può determinare un'azions socialista rinnovata e appro– fondita. Si insiste particolarmente, e giustamente, sulla continuità dell_'azione socialista integrata nella struttura. del partito, al cli fuori di scissionismi o di frantumazioni, anche se, forse, eccessivamente si sostiene che il momento della « scissione » determinò la stessa crisi dell'unità an– 'tifascista e della Resistenza (affermazione che dovrebbe essere approfondita in un contesto più largo di riferi– menti, e che sembra, « finalisticament~ », indirizzata a una prospettiva «unitaria» socialista tipo 1946, con le carat– teristiche positive ma anche con gli equivoci che compor– tava e che si sono storicamente manifestati). Egualmente ci sembra di trovare un'oscillazione tra l'affermazione della necessità di un nuovo slancio idealo-. gico e politico, da promuoversi nel PSI, e l'altra secon<;lo

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