Nuova Repubblica - anno III - n. 34 - 30 ottobre 1955

(82) nuo11a repubblica I_L_U_C_I~D_E_◄ _L_L_A_R_I_B_A--,-L_T_A_ L'OPERA DI PECHINO G LI SPETTACOLI che la Compagnia del Teatro Cla.s- - sica di Cina, dopo una frionfale tournée in vari paesi . d'Europa, sta attualmente presentando in Italia, solo jn,propriamente sono stati definiti spettacoli d'opera. For– •Se il fatto cho gli attori dell'Opern di Pechino e del Teatl'o Artistico Popolare ·ai Liaoning abbiano esordito a Venezia, a conclusione del XVIII Festival internazionale di Musica. <)0ntempornnea, ba tratto. in inganno sia. l'aspettativa. di quanti tra il pubblico credevano di trovarsi di fronte a . una rappresentazione di tipo melodrammatico, sia la. per– plessità .di quei recensori che incapaci di inquadrare lo spettacolo entro una qualsiasi categoria scenica di genere occidentale, ha.nno finito per classificarlo sbrigativamente con la qualifica cli « opera cinese». A Venezia. invece, nel corso di una conferenza-stampa, il signor Chao-Feng, cli- - . retto1·e artistico del complesso, ci aveva spiegato che in Cina esiste si un teatro d'opera non troppo lontano dal nostro, ma che esso non ha nulla a che vedere con lo spettacolo che la Compagnia ha portato in Europa. Uno , solo infatti, dei sei numeri che lo compongono, rh·ela una struttura. 'in certo modo operistica, nel senso che la mu– sica inforn1a e condiziona l'intero svolgersi dell'azione, ed è e L'addio della. favorita>, una sorta di lungo duetto tra un principe guel'l'iero che deYe fuggire perché stretto dai suoi nemici, e la sua favorita Yuki, che alla fine si uc– cide per non essergli cli peso nell'ultimo tentativo di sor– tita. Per il resto, o,·e si eccettui un breve concerto di mu– sica folkloristica, che affida il ruolo di interpreti assoluti a due strnrnenti caratteristici, il « tchen » e il violino ci– nese, l'elemento ritmico o melodico ha sempre un valore funzionale, subordinato ai fìni complessivi dello spettacolo, è soltanto quel che si dice una perfetta musica di scena. Una musica a.perta a poche figurazioni armoniche e tim– briche, di gusto un po' arcaico e di fattura elementa:·e; te– nui accompagnamenti ispirati alla nostalgia di alletti ora ironici ora patetici, esèguiti da pochi strumenti a corda, a. fiato, a percussione: viole e mandolini cinesi di esile voce, lunghi pi[[eri e flauti, piccoli tamburi e xilofoni, dai nomi antichi e delicati come il loro suono: lo « uling », il « titse », il « tchen ». Lo spettacolo cousta di una serie di rapidi quadri, nei quali il mimo e la. danza, la recitazione, il canto, la. co– reogra[ia e perfino l'acrobazia appaiono intimamente e pro– fondamente fusi. La recitazione è imperniata. su una tecni– ca in buona parte a. soggetto (come a soggetto, su una se111plice traccia fissa, sono le in1provvisazioni 1nusicali), ma sorretta e innervata dalla forza di una ttadizione cli se– coli. Senza la presenza di questa tradizione, che si av,·erte operante in ogni zona e in cgni singola componente dello spettacolo, la bravura e la preparazione professionale de– gli artisti non basterebbe a spiegare il senso di miraco– losa perfezione stilistico, di raffinato e consumato possesso del «mestiere», che la rappresentazione suscita anche nel più provveduto degli spettatori. Si è parlato, a proposito di cotesto teatro classico e po– polare cinese, di analogie non soltanto formali con la no– stra antica commedia.·dell'Arte. L'accostamento non può es– sere suggerito, mi sembra, che da una impressione super– ficiale. O meglio, presenta una ceita validità e ve1·ità fin– ché si limiti all'aspetto del tecnicismo ginnastico e mimico, al ricorso a schemi espressivi meccanici e convenzionali, al rifiuto di ogni aggiunta scenografica non giustificata da una necessità essenziale; n1a pe1·de ogni significato appena si ponga mente alla diversità di spil'ito trà i due tipi di teatro, giocato sull'irrigiditnento e l'ingrossan1ento psico• logico del personaggio quello dell'Arte, fino a dar vita. al realismo fisso e carica.turale delle maschere, tutto costrnito il cinese su un'ammirevole capacità di stilizzazione tipolo– gica, dove la leggerezza e la spontaneità si fondono all'er– metismo, l'immediatezza. e la. COl'dialità alla più complessa e a un ten1po elementare si,nbologia. ·TRADJ ZIO NE e stiliz~azione sono i caratteri !ondamen- tah di questo modo di concepire e dar corpo al fe– nomeno scenico, che perciò stesso rifugge da ogni possi– bilità di eflìcace l'endiconto per il pubblico, in un discorso che necessal'iamente debba escludere una quantità cli pre– supposti minuziosi e pa1ticolari. Tale omissione si fa par– ticolarmente sensibile quando si .tenti di raccontare il soggetto, la trama narrativa di qualcuno degli episodi. « Tumulto nel regno del cielo», per esempio, che a Vene– zia apriva lo spettacolo, si svolge in cielo e descrive i combattimenti che consentono a un re delle scimmie cli sconfiggere il generale che comanda l'armata celeste; nel « Fiume d'autunno» si assiste alla poetica fiaba racchiusa. nel dialogo tra un vecchio barcaiolo e una ragaz,.à inna– morata che vuole a.ttrnversare il fiume al di là del quale l'attende il suo amante; e il vecchio acconsente a traghet– tarla solo dopo averla canzonata e fatta disperare. Nel primo quadro si ha la stilizzazione dei due popoli, le scim– mie e gli dei, e della loro arguta battaglia; nel secondo, quella della vita del fiume, del moto della barca e ·dei gesti dei rematori. « La foi-tezza di Yentanchan », opera del suo stesso inscena.tore I-Isu Chu-hua, ha avuto in Cina un premio corrispondente agli Oscar cinematografici d' Ameri– ca. Svolge un episodio storico del VI secolo, ma poiché vi si racconta di una. vitloriosa insurl'ezione di contadini con- ( Dis. dt Di-no Boschi} INFLUENZA DEI, CRITICO - Il quadro non ci piace. Ma se piace a lei, lo compriamo noi. tro un tiranno oppressore, è da credel'e che rautore-regi– sta abbia. inteso cercare un parallelismo con ·la storia re– cente del suo popolo. Suggestive e tecnicamente non meno interessanti le danze eseguite come intermezzi: la raccolta del té e la danza incantevole dei fiori del loto, di!fusa quest'ultima, con l'episodio delle scimmie e degli dei, da una buona ripresa televisiva. Civiltà essenzialmente ottica, spettacolare, è stato detto: nella. quale il senso della. forma. che si sviluppa nel tempo è soprnllatto dalla forma che si sviluppa nello spazio; e attinge un grado di per[ezione che a noi pa,·e assoluta, accumulando secoli cli esperienza visiva e figurativa. Que– sto a1Testo del tempo consente un fenomeno di rarefatta cristallizzazione artistica, e segna. il punto cli maggiorn di– stanziamento tra la nostra civiltà scenica. e quella degli orientali. Come i no presentati l'anno scorso durante il Fe– stival del Teatro della Biennale dagli attori giapponesi del Teatro Imperiale di Tokyo, cosl le t·ecite della Compagnia elci Teatro Classico cinese giungono a confermarci nella convinzione che il livello del gusto artistico dei popoli o,·iehtali (reggendosi sulle loro istinti\'e capacità di astra– zione) sia rin~to molto elevato, rispetto al continuo sca– dimento det g(\sto europeo e in genere occidentale, testi– moniato, ad esempio, dalla sempre maggiore grossolanità e volgarità della nostra produzione cinematografica. Ciò vale a. spiegare, d'altra parte, il disorientamento e la disparità delle reazioni a questi spettacoli, che pure, in confronto ai no, sembrano traclire un sospetto cli correzione e trucca– tura (specie nell'esecuzione delle musiche) occidentalizzata, secondo i luoghi comuni dell'esotismo europeo. Da un lato si è assistito a una totale impossibiUtà di comprensione, a una letterale incapacità cli lettura di un ben definito settore della. critica, che ha palesato ancora. una. volta la. stessa impreparazione specifica dimostrata nel giudizio dei giapponesi, anche in ordine a ~emplici dati formali, i quali avrebbe1·0 dovcuto supporsi già acquisiti e circo– lanti nella. nostra cultura teatrale altra.verso le esperienze, ponian10, della messinscena espressionistica o del realismo epico brechtiano: correnti che pur riallacciandosi a fonne sceniche tradizionali, quali il mistero medievale, la sacra rappresentazione, ecc., hanno n1esso a partito un buon nu– mern di elementi attinti alle consuetudini del teatro orien– tale. D'alt-ro canto abbiamo .dovuto subire tali esclama– zioni superlative e tali esplosioni di entusiasmo ditiram– bico da constatare a quali eccessi possa condurre una mal riposta passione di parte. La presenza in territorio ita.liano degli attori cinesi è stata cioè interpretata. e salutata come uno dei rari sintomi di distensione, se non altro sul piano degli scambi culturali, coi quali il nostro governo si az– za.rda timidamente ad allinearsi con la politica dell'attuale congiunbura internazionale. E in realtà, dall'epoca (non poi così lontana) in cui Scelba negava il visto d'ingresso al Berliner Ensemble di Brecht, alla concessione (in cambio del passaporto) di un permesso cli circolazione provviso– ria. per « motivi di -lavoro~ alla t.-oupe degli artisti della Repubblica popolare cinese (il cui regime non è ufficial– mente riconosciuto dallo stato italiano), il passo può ad alcuni sembrare gigantesco, mentre purtroppo è appena normale. Per parte nostra, e cercando di superare sia la polemica politica che il miracolismo artistico, vorremmo solo rile– vare che se un insegnamento si deve trarre da questo im– provviso contatto con una civiltà teatrale così lontana e di– versa dalla nostra, esso è che le costanti della recitazione e della messinscena variano sostanzialmente di poco col variare delle latituclini. Si sarebbe cioè tentati cli conclu– dere che da Aristofane ai cornici dell'Arte agli attori del no e del teatro cinese, la problematica e la pratica sceniche sembr~no essersi svolte con un linguaggio intimamènte co– mune, che alzandosi sopra la provvisorietà dei contenuti, tende a risolvere lo spettacolo negli elementari valori del dialogo, del mimo, della coreografia, della musica, della danza: in rigorosa. coerenza con la sola poetica teatrale possibile, quella del teatro totale. LUDOVICO ZORZI 7 CULTUltA LAIVA LA MEDIAZI ILLUMINISTI L. A RECENTE uscita di un nuovo settimanale attento e intelligente, gravitante nello schieramento di centro– sinistra laico, induce spontaneamente la domanda, come mai ad una così vivace vitalità delle for✓.e culturali liberali-democra.tiche non corrisponda ,m adeguato peso po– litico-elettorale . La carenza politica., che questa cultura critica inten– saniente avverte come proprio retaggio, non può essere ri• solta con la semplice giusti6cazione della sordità della so– cietà agli appelli e alle prospettive cli cui essa. è ba.n– ditl'ice. TI problema, in realtà, deve porsi invece come tentativo di un superamento della c,litura tradizionale non solo mediante l'utilizzazione di nuovi strumenti e la ela– borazione cli nuovi possibjlj valori, ma mediante la. « sco– perta» di quei tali strumenti e valori che, nella loro proiezione sul pia.no schietta.mente politico, sopportino di essere alimentati dei contenuti vitali della società e in questo modo possano inciderne le vecchie strutture cultu– rali, politiche ed economiche. E' un problema cli rinnovamento, cli soddisfazione di nuovi bisogni sociali, che non possono restare a lungo inappagati. Non deve sorprendere perciò se le più vive correnti cli pensiero, circolanti su una. piattaforma di espe– rienze laico-progressiste, non ne siano rimaste insen. ibili. Tra queste vogliamo rico,·dare particolarmente il « neo– illuminismo >, che, forse pitt degli altri, soprattutto nelle pagine del ilfttlino, riassume la problematica e l'inquie– tudine critica di una generazione di giovani intellettuali borghesi che ha visto infranta grnn parte dello fedi tra– dizionali. Sembra ad essi che il ricnpe,·o cli un senso umano della filosofia non possa a.vvenire cbe attra.verso un rinno– vato fervore di ricostruzi<fue dei metodi e del costume scien• tifico ed un adeguamento degli strumenti conoscitivi, per opera. cli una nuova fìgura di intellettuale, cosciente dell,i propria funzione dirigente nel progresso della società ci– vile. Alla critica dei pregiudizi e ·dei dogmi tradizionali si deve accompagnare una ricca circolazione delle idee sul fondamento del concetto basilare della !unzione sociale della cultura. Sul· piano di questa «funzione» la cultura può arro– garsi il diritto < naturale > di operare quella. trasforma– zione democratica della società che, in ultima analisi, rap– presenta il fine stesso ciel lavoro dell'intellettuale. Non si nasconde, questi, il proprio impegno politico, ma il suo compito rimane, in fondo, un altro: quello cli essere se stesso, cli non uscire dall'ambito della propria cultma. La cultnra è infatti universalità e creazione di nuovi stru• 111.enti generali di coi10::;cenza; essa, attraverso l'intervento delle tecniche sui problemi particolari, è superamento, non mediazione, delle opposte ideologie, vana.mente alla. ri– cerca d'un comune denominatore e perciò destinate fatal– mente a opporsi e contraddirsi: ad essa. spetta il peso di cmnprendere i n1otivi comuni degli uon1ini, di giustific~rne i contrnsti, di interpretare le esigenze delle forze sa.ne. Alla fìne la nuova cultura. avrà ottenuto il ricupero alla democrazia e allo Stato degli industriali non egoisti e degli operai non corpora.livi, e avrà favorito così il lento dissolvimento nell'armonia sociale degli urti delle classi economiche antagoniste attra.verso un processo basato sul consenso, frutto del paziente lavoro della classe degli in– tellettuali. Questa. è la vera. organica classe dirigente che; pur non ,·ipudiando la classe politica, tien alti di fronte ad essa i propri strumenti pregni di universalità e la propria funzione illuminante. E' chiaro come nella posizione neoilluministica l'utiliz– zazione in chiave razionalistica del concetto di « orga– nico » gramsciano, si leghi a una profonda differenza. dei contenuti ad esso relativi. L'intellettuale organico non esce qui da una classe, il cui valore liberante egli coglie e in– terpreta, non è il nuovo uomo politico cbe, in possesso di rinnovati strumenti metodologico-pratici, opera direttamente con la propria. classe nel tessuto st!)rico della realtà so– ciale. E' invece un intellettuale, che solo mediatamente agisce su essa, perché la sua organicità è pura.mente cul– turale e la sua universalità non è nei valori interni di una classe sociale, ma nelle stesse forme e negli stessi strumenti della cultura.; in virtù di tale universalità esso, con gli altri, si pone tout court come classe dirigente, come grnppo egemonico. La classe politica, quando accetti d'es– sere depurata, per opera della revisione culturale, di ogni scoria di ideologismo e di dogmatismo, cessa a.ppunto d'es– sere essa la classe dirigente e riconosce la propria modesta. particolarità, sente la parzialità dei propri limiti, ed è perciò consapevole della propria. incapacità di agire senza. l'intervento di quell'organicità culturale che la classe diri– gente mette in atto. · Il divorzio liberale fra. cultma e politica è, qui, l1on risolto, come si vorrebbe, ma accentuato: l' intellettua.le nuovo, che è « di qua e di là» dalle pa.rti in lotta, come dice il Bobbio, può essere « di qua e di là> solo in quanto, se non vuole cadere nell'eclettismo, si senta anzi– tutto « al di là> delle parti e avverta immanente nel suo

RkJQdWJsaXNoZXIy